LETTERATURA

Tito Pioli: "La prof ribelle e gli alunni che la seguono"

Emilio Zucchi

«Penna in testa terra in mano», romanzo dello scrittore parmigiano

Un poeta prestato alla narrativa; un filosofo trasognato ma concretissimo nel trasformare le proprie idee in fiabe; un - benché aristocratico - erede dei figli dei fiori e, prima ancora, del profetico Thoreau; un narratore che nel proprio beffardo rifiuto degli ipertecnologici e, a ben vedere, ridicoli feticci della post-modernità trova una credibile e non banale identità di cantore di ciò che è davvero importante. Perché, verrebbe da dire citando Ezra Pound, «Quello che veramente ami rimane,/ il resto è scorie» («What thou lovest well remains, / the rest is dross»).

Tito Pioli, scrittore e antiquario parmigiano, conferma la propria sicura vocazione letteraria e affabulatoria con un romanzo appena pubblicato da Wojtek Edizioni, «Penna in testa terra in mano» (pag. 103, euro 16), che l'autore e l'attrice e cantante Clelia Cicero presenteranno venerdì alle 18 al Borgo Santa Brigida.

Poco più di cento delicate ma rapinose pagine che, con il tocco fatato di un dipinto di Chagall e con il dolore d'un autoritratto di Ligabue, mettono in scena una vicenda dolcemente stramba ma pungente nel contenuto morale, come si conviene ad ogni vera fiaba.

Il romanzo, surreale e talvolta onirico, è ambientato a Parma e si svolge nel 2020, l'anno della pandemia. Protagonista è Maria di San Pietroburgo, insegnante russa della scuola media Gadda, che, a distanza di qualche anno dai fatti narrati, racconta la storia di lei e dei suoi alunni con i quali vive un'avventura che sarebbe riduttivo definire semplicemente didattica. Il nume tutelare della loro esperienza è infatti Tolstoj, di cui l'insegnante dà in lettura ai ragazzi alcuni racconti. E, di Tolstoj, la docente riesce a trasmettere tutto lo spirito anarchico, solidaristico e insofferente alla visione borghese della vita. Sulla scorta, per di più, di un altro ribelle di casa nostra, il Cesare Zavattini di «Miracolo a Milano».

Ecco dunque che, come nelle sequenze dei barboni meneghini che volano in cielo sulle scope, Maria di San Pietroburgo porta i ragazzi fuori dalla scuola insegnando loro a vedere il mondo con occhi nuovi: gli occhi dell'amore e gli occhi di una speciale ricchezza interiore. E questo accade nel periodo del confinamento pandemico, con un gesto di ribellione grazie al quale la professoressa e gli alunni scelgono di vivere nella natura facendo propria la dimensione sapienziale e sacra degli indiani d'America. E Pioli dà prova di particolare bravura nell'inventare i temi e le poesie degli alunni con i quali, nella finzione romanzesca, l'insegnante spesso inframmezza la linea principale della narrazione. Per esempio, il personaggio di Valentina Seconda B: «Trovare colore dove si vede bianco / Trovare la bellezza dove la case sembrano tutte uguali / Trovare il modo di fare per un giorno quello che lancia birilli alla fermata del semaforo». Un sogno libertario, questo di Pioli, assai ben raccontato, con aspre contratture espressionistiche, spesso intensificate dal venir meno della punteggiatura; il tutto attraverso la monologante voce della protagonista: «Nello zoo di Parma attorno alla nostra scuola con le bestie affamate c'erano decine di drogati anche loro affamati in quei giorni in cui tutti in Italia erano chiusi in casa nessuno dava più da mangiare alle bestie dello zoo che si aggiravano come specchi dentro alle gabbie e anche gli spacciatori e i drogati che vivevano nello zoo erano senza clienti e con scarso rifornimento di droga e quindi stavano impazzendo anche loro bestie e uomini avevano fame (...)».

I genitori protestano, i ragazzi e la prof se ne fregano. E la loro avventura chiamata vita continua: emozionante, libera, non prona al potere. E' l'esperienza di una comune, quella che Pioli racconta; stupendo archetipo d'ogni libertario riscatto, dalla Parigi del 1871 all'Occidente degli anni '70 del secolo scorso. L'insegnante e gli alunni hanno ovviamente nemici che li assediano, tra i quali France' o' Pazzo della città di Senzapensieri. Ma lo spirito è più forte della materia, perché «Io Maria di San Pietroburgo e i miei ragazzi abbiamo deciso di distruggere i nostri telefoni e le nostre televisioni e i nostri computer (...)». Perderanno? Probabilmente sì, ma solo in apparenza. In realtà, hanno vinto già dall'inizio.