Agugiaro & Figna
Bosco del Molino: la magia dei giorni insieme agli alberi
Nel libro di Virginio Sala «Creiamo un bosco» la genesi del progetto. La direttrice Rosanna Figna: «Le piante ci danno la vita»
Ci sono 18.000 piante, su 13 ettari, per 220.000 chilogrammi di anidride carbonica assorbiti all’anno: ecco i numeri dello straordinario «Bosco del Molino» che, dal 2021, sta lentamente crescendo a Collecchio, nel terreno adiacente ad uno degli stabilimenti di Agugiaro & Figna, azienda da sempre molto attenta alla sostenibilità e al rapporto con la natura. Dopo aver letto il volume di Virginio B. Sala «Creiamo un bosco» che ripercorre la genesi del progetto, abbiamo fatto qualche domanda alla direttrice del Bosco, Rosanna Figna.
Dottoressa Figna, da dove nasce la sua passione per le piante?
«Dall’infanzia, quando io e mio fratello giocavamo nei boschi insieme ad altri bambini. Ho scelto poi di frequentare Agraria perché mi ha sempre affascinato ciò che la terra poteva regalarci. In più anche la mia tesi è stata “Progettazione di un parco a Parma” in cui ho voluto esternare la mia volontà di essere grata agli alberi. Ho anche promosso delle attività sempre a favore della divulgazione della cultura degli alberi, del loro rispetto e conoscenza. Alla fotosintesi dobbiamo la vita su questo pianeta e nelle foglie c’è un “meccanismo” molto potente. Gli alberi ci stanno proteggendo da milioni di anni. Ora è giunto il momento che anche noi facciamo lo stesso per loro».
Quali sono le sue aree forestali preferite?
«Le Chiesuole, un’oasi di fronte al mulino di Collecchio, e poi le nostre montagne. Ho un amico che spesso mi fa da guida in Lunigiana dove ci sono foreste davvero magiche».
Quali primi ricordi ha dei mulini Figna?
«Dato che ci sono nata, si perdono in un lontano passato: rammento il mulino di Valera che ora abbiamo in parte recuperato, i discorsi sulle previsioni del raccolto del grano e la farina ancora nei sacchi di tela. I ricordi sono principalmente legati a mio padre che aveva creato dei forti legami con i collaboratori: alcuni sembravano uscire da racconti storici, altri sono ancora con noi. La fusione con i mulini Agugiaro e l’abilità manageriale hanno peraltro condotto l’azienda ad una dimensione, a delle funzioni e ad una potenzialità inimmaginabili allora».
Su quali valori della sua famiglia lei crede si basi la pianificazione del Bosco del Molino?
«I cambiamenti epocali non hanno alterato i valori della mia famiglia che crede ancora nella validità di principi cardine della mission aziendale, condivisi dai soci. La sostenibilità e la correttezza nel perseguirla ci hanno portato alla realizzazione di questo Bosco finanziato interamente con fondi aziendali».
Per la sua realizzazione a quali modelli già esistenti vi siete ispirati?
«Non ce n’è uno in particolare. Sono però andata a visitare dei parchi - in particolare quello Nord a Milano - e delle oasi naturalistiche».
Attraverso quali passaggi siete riusciti a dare vita al Bosco? Da quali specie di alberi è composto?
«Il primo passaggio è stato quello di rivolgersi al Cinsa (Consorzio interuniversitario nazionale per le scienze ambientali) per poter avere molti dati che ci guidassero nel progetto. Poi è stata avviata la compensazione della Co2 nell’impianto; il secondo passaggio è stato l’analisi accurata del tipo di suolo, per poter mettere a dimora le piante più adatte ad ogni tipo di terreno. In seguito, grazie alle competenze di docenti forestali, abbiamo redatto l’elenco delle specie arboree ed arbustive. Infine i paesaggisti hanno disegnato l‘impianto. Gli alberi che compongono l’impianto sono di specie autoctone, quasi tutti di latifoglie, ma abbiamo cercato un’armonia anche con le sempreverdi. Intorno alle radure ci sono anche alberi adulti, grandi esemplari per rispettare la dissentaneità del bosco».
Perché la disposizione delle piante è curvilinea?
«In natura non esistono le linee rette. Le curve si rifanno un po’ alle eliche del Dna».
Perché, come lei suole ripetere, “il Bosco è un incubatore e un laboratorio”?
«Perché nel suo interno si sono sviluppati importanti esperimenti e progetti scientifici. Una radura, data la natura del terreno, si prestava alle prove di corrosione di metalli. Il “Bosco del Molino” è così diventato uno dei cinque siti al mondo in cui il Rise svedese ha deciso di seppellire delle lastre di metallo. In un’altra radura invece sono stati fatti degli esperimenti di archeologia sperimentale. È stata collocata anche una centralina meteorologica che studia le variazioni di clima e determina la funzione mitigante che il bosco può dare. Inoltre ogni due anni viene istituito un bando di tesi di laurea in cui vengono premiate delle tesi proprio a tema bosco».
Ci parli delle arnie presenti nel Bosco.
«Sono due. Grazie al monitoraggio tecnologico continuo siamo in grado di raccogliere dati sulla salute, sullo stato vitale delle nostre api e sulla biodiversità della zona. Il sistema si avvale di tre fondamentali strumenti: due bilance elettroniche di precisione sotto le arnie che ci dicono se la colonia sta aumentando in numero e se sta crescendo la produzione di miele. Inoltre sono stati installati un sistema di rilevazione dei voli degli insetti pronubi e un sistema satellitare che mette in correlazione i dati ambientali con le nostre api. È inoltre presente una centralina meteo-ambientale che servirà per capire quale microclima è presente nel Bosco al crescere delle 18.000 piante».
Quali progetti avete in cantiere in loco?
«Il progetto “Grandi patriarchi” in cui metteremo a dimora dodici piante che derivano da germoplasmi di piante plurisecolari (o addirittura estinte) come il cipresso di San Francesco, il frassino di Leonardo e altre piante importanti: ciascuna porterà un cartello con tutta la storia della pianta madre. In questo modo consideriamo le piante come esseri viventi e come compagne strettamente legate alla nostra storia. Questi alberi, che sono un’eredità del passato potrebbero poi diventare le piante del futuro perché estremamente resistenti e resilienti».