RECENSIONE

Napoleon. Né sobrio né epico l'imperatore di Scott

Gianluigi Negri

Tanto, troppo, tutto: dal 1789 al 1821, anno della sua morte, il capitano, il generale e l’imperatore Napoleone Bonaparte raccontato da un Ridley Scott travolto (e sconfitto) dalla sua proverbiale incontinenza. L’ascesa e la caduta del guerriero che perse tre milioni di soldati nelle sue battaglie. L’uomo che, prima di esalare l’ultimo respiro, pronunciò solo tre parole: Francia, esercito, Giuseppina. Il marito (fedifrago e a sua volta tradito) che vedeva la moglie come una madre (che però non gli diede mai un figlio), una dominatrice e un «oggetto» del desiderio e del proprio piacere.

In «Napoleon» non si fondono pubblico e privato: Ridley Scott li fa correre parallelamente, senza dar peso agli equilibri narrativi o prestare attenzione al coinvolgimento del pubblico. Da un lato pare inseguire la sobrietà del suo primo film, «I duellanti», con tanti «quadri» che rappresentano i numerosi «duelli» affrontati da Napoleone nella sua scalata al potere. Dall’altro fa capolino l’epica de «Il gladiatore», seppure soffocata, sbiadita, indecisa. Solo nella battaglia di Austerlitz (e in parte in quella di Tolone) Scott si esalta. Quando arriva a Waterloo è già scarico, spento, quasi annoiato. Alla fine non raggiunge né la sobrietà né l’epica, indeciso se essere europeo oppure hollywoodiano. E nei confronti del Napoleone di Joaquin Phoenix non scatta mai l’identificazione da parte dei suoi soldati, se non nella scena del ritorno in patria, dopo l’esilio all’Elba. Ormai fuori tempo massimo: per la Storia, per gli spettatori.

La scheda

Regia: Ridley Scott
Interpreti: Joaquin Phoenix, Vanessa Kirby, Tahar Rahim
Genere: Biografico
Usa/Gb 2023, 2 h e 38'
Dove: The Space Campus e Parma Centro

Voto: 2 su 5