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Da Libero De Rienzo a Elio Germano: quando ai David di Donatello il cinema fa politica

Sofia Piccini

Sono state diverse le personalità che, in occasione della 70ª edizione dei David di Donatello, hanno ricordato alcuni temi caldi del panorama politico internazionale: dalla Palestina allo stato del cinema italiano, fino ad arrivare al femminismo e all’Ucraina

Brillano, nella notte dell’assegnazione dei David di Donatello, uno dei più grandi riconoscimenti del cinema italiano, i protagonisti della settima arte che, vittoriosi, scelgono di affiancare al ritiro del premio tanto atteso un discorso di ringraziamento che trascende il personale, e tocca il collettivo e ancor di più, il politico.

Dall’esibizione di La Niña, cantautrice la cui canzone Figlia d’ ‘a Tempesta è divenuta inno della lotta femminista, alla tagliente ironia di Geppi Cucciari alla presentazione dei candidati al Quirinale fino ad arrivare ai discorsi dei vincitori, la cerimonia dei David di quest’anno è stata intrisa di politica.

Non sono infatti mancate le frecciate agli esponenti del governo. Ad aprire le danze, in mattinata, è stata Cucciari con una serie di battute volte a introdurre l’intervento del ministro della Cultura Alessandro Giuli, appellato scherzosamente dalla comica come “il momento più atteso da Google Translate”.

A seguire, a raccogliere il testimone, sono stati i protagonisti della serata, ovvero i vincitori della tanto ambita statuetta, che hanno scelto di lanciare i propri appelli ai più diversi ambiti della scena politica, culturale e internazionale.

Fra tutti però, spicca un argomento in particolare, che negli ultimi tempi sembra essere diventato sempre di più una battaglia portata avanti dagli artisti. Musicisti, attori e registi infatti sembrano utilizzare sempre di più i propri momenti sotto i riflettori per spostare l’attenzione su quella che ritengono sia per i vertici politici, una tematica tabù: il genocidio in Palestina.

Antesignano di questa tendenza era stato, nel 2002, l’attore Libero De Rienzo, che alla consegna del David per Miglior attore non protagonista per il film Santa Maradona aveva scelto di utilizzare il palco della cerimonia per lanciare un appello sulla situazione palestinese: «Io so che stasera è una serata di festa e non voglio rovinarla a nessuno. Il problema è che io non mi sento molto di festeggiare in questo momento perché sul mio cuore, come credo su quello di tutti voi, pesa il troppo sangue che sta sgorgando in questo momento in Palestina».

Tra i primi a ricalcare le orme di De Rienzo c’è stato Elio Germano, che, vincitore del David per il Miglior attore protagonista con Berlinguer - La grande ambizione, ha dedicato il suo premio «A tutte le persone che lottano e continueranno a lottare» e alla necessità di una parità di diritti, così che “un palestinese possa avere la stessa dignità di un israeliano”.

Successivamente è stato il turno di Margherita Vicario, David per Miglior esordio alla regia con Gloria!, che ha sottolineato la necessità di minori investimenti nelle armi per favorire invece l’arte, la cultura e la sanità e di Stefano Sardo, premio per sceneggiatura non originale con L’arte della gioia, che ha ricordato che «c’è chi sta rubando la gioia, la libertà e la vita a un sacco di gente dall’altra parte del mare».

A chiudere Francesca Mannocchi, premiata per il Miglior documentario con Lirica Ucraina, che ha dedicato la sua vittoria «ai 20.000 bambini della Striscia di Gaza e a tutti quelli che continuano a morire mentre noi siamo qui a festeggiare».