Economia
Acquisti online, tutti i rischi delle rate «2.0»: eccessivo indebitamento e acquisti «non consapevoli»
Un tempo li chiamavano acquisti a rate. Oggi si parla di "Buy now pay later" (Bnpl), che è, più o meno, la stessa cosa. Tradotto significa: compri ora e paghi dopo. Chiunque abbia fatto un acquisto online, si sarà accorto che la maggior parte delle app di shopping e gli e-commerce hanno inserito, tra i metodi di pagamento accettati, questo nuovo servizio. La pandemia ha accelerato l’ascesa di questi schemi di acquisto, poiché molte persone si sono ritrovate a dover gestire le proprie finanze diversamente. Inoltre, l’avere più tempo a disposizione e l’essere iperconnessi durante i periodi di lockdown ha fatto schizzare le vendite online.
Secondo l'osservatorio di Kaleido Intelligence, entro il 2025 assisteremo a un aumento del 92% della spesa dei consumatori globali che utilizzano questo tipo di finanziamenti solo su canali di e-commerce, per un valore che passerà dai 353 miliardi di dollari registrati nel 2019 ad almeno 680 miliardi di dollari. Questa modalità è sempre più in voga soprattutto perché, in tempi di crisi economica, avvicina i consumatori ad acquisti più corposi. In apparenza quindi può sembrare un'opportunità. Ma il rischio è in agguato ed è quello di sovraesporre il proprio budget a spese che poi non si riesce a far fronte. Lo strumento ha dei vantaggi: assicura al venditore immediatamente del denaro (pur a fronte di commissioni al soggetto finanziario) e un aumento della spesa media nel carrello online.
Secondo un’indagine di Trc Market research il 76% dei consumatori italiani è più propenso a fare acquisti online se può pagare a rate, mentre il 63% accetta di concludere la transazione solo a condizione di ottenere una dilazione. Questo dato sale al 68% tra millennials e giovani della Generazione Z. Un successo commerciale, indubbiamente, realizzato grazie a consumatori sempre più voraci e disposti a spendere “allo scoperto”. Anche il Financial Times ha definito questi sistemi di pagamento come delle vere e proprie “trappole per Millennials“, uno schema che, di fatto, spinge a indebitarsi. Secondo altri studi, infatti, chi usa i metodi Bnpl tende a dar fondo al portafoglio senza tenere conto della propria disponibilità economica, andando perciò incontro a ritardi nei pagamenti (con i relativi interessi).
L'allarme di Bankitalia
Per il consumatore c'è una immediatezza con la suddivisione in 3-4 rate ma anche per questo, specie fra i più giovani, sfuma la percezione di accendere di fatto un debito ed è meno facile tenere sotto controllo le spese e il debito complessivo. L’allarme arriva da Bankitalia, che mette in guardia evidenziando alcuni rischi fra cui quello di un eccessivo indebitamento e di acquisti «non consapevoli». Le caratteristiche sono la velocità, in generale l’assenza o quasi di verifiche sulla storia creditizia del consumatore e un’interfaccia intuitiva. In Italia il lancio di questi servizi è stato più lento rispetto ad altri Paesi, ma nell'ultimo biennio ha registrato una forte accelerazione.
Come funziona
La dilazione del pagamento può essere concessa da una banca o da un intermediario finanziario. In questo caso, con la commissione a carico del consumatore e un importo pari o superiore ai 200 euro si è coperti dalle norme sul credito al consumo. Tra queste il diritto di recesso dal contratto entro 14 giorni, quello al rimborso anticipato, oppure il diritto alla risoluzione del contratto in caso di inadempimento (per esempio se il finanziamento è per ottenere un servizio da un professionista che poi non lo garantisce). Altro discorso è invece se la dilazione del pagamento viene fornita direttamente dal venditore del bene che si intende acquistare senza interessi o oneri. In questo caso è il venditore a cedere successivamente a una banca o a un intermediario finanziario. Casistica questa più rischiosa perché non c'è la copertura delle regole di tutela per la clientela del dal Testo Unico Bancario né i controlli della Banca d’Italia. «Il fatto che il Bnpl non venga percepito dall’utilizzatore come un credito, ma come un mezzo di pagamento che abilita l'acquisto anche in assenza del budget necessario, - fanno sapere dal Crif - lo rende a volte compulsivo, inducendo il consumatore a spendere di più di quanto possa permettersi e a sottostimare i possibili effetti sul proprio profilo creditizio».
La fotografia attuale
Secondo un’indagine di Pwc, in Europa sono già attivi 41 player specializzati. Il loro boom è trainato dagli acquisti online, ma sempre più commercianti al dettaglio scelgono queste soluzioni di pagamento per gli acquisti in negozio. Tra le app che guadagnano terreno in Italia c’è Scalapay, una startup valutata oltre 1 miliardo di dollari che, in cambio di una percentuale (di solito piccola) sull’importo dell’acquisto, paga immediatamente al venditore tutto l’importo dell’ordine” e garantisce dal rischio di frodi e mancati pagamenti. All’acquirente non resta che pagare un terzo del prezzo sul momento, mentre le successive due rate gli verranno addebitate con cadenza mensile. C’è chi, come il colosso svedese Klarna, è dotato di licenza bancaria ed iscritto all’Albo degli intermediari finanziari. Apple, che ha lanciato Apple Pay Later, ha annunciato che si affiderà ad Apple Financing LLC, una sussidiaria interna per ora priva di licenza bancaria negli Usa. Lo scorso anno anche PayPal ha lanciato Paga in 3 rate, che consente acquisti rateali da 30 a 2mila euro. Tra le operazioni che l’azienda è autorizzata a fare in Italia ci sono sia l’erogazione di prestiti, sia l’emissione e gestione di mezzi di pagamento.
A diventare fondamentale perciò è l’inquadramento giuridico del servizio, dal quale derivano conseguenze importanti in materia di obblighi e vigilanza. Infatti oggi in Europa non esistono norme ad hoc. Nel Regno Unito la Financial Conduct Authority ha rilevato un “rischio di sovraindebitamento” dei consumatori che utilizzano queste app, ma anche dei rischi per gli operatori. Del resto questi ultimi sono concordi nel segnalare miglioramenti nelle performance dei venditori che si affidano ai servizi Bnpl, sia per quanto riguarda il “carrello medio”, sia il “tasso di conversione”, cioè il numero di utenti che porta a termine una transazione. Resta il fatto che deve essere un campo d'azione più regolamentato. Pochi giorni fa, l’US Consumer Financial Protection Bureau ha annunciato che introdurrà delle norme per assicurare agli utenti di questi servizi nuove tutele simili a quelle che accompagnano il credito tradizionale. L’authority si concentrerà inoltre su come vengono raccolti e monetizzati i dati, sulla durata dei “prestiti” e sui rischi d’indebitamento.
Non solo sovraindebitamento
“La pratica del Bnpl trova alcuni elementi di fondo di favore per il suo sviluppo, alcuni dei quali, tuttavia, potrebbero essere destinati a ridursi nel tempo – afferma Claudio Cacciamani, professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell'Università di Parma -. In primo luogo, va precisato che dietro questa forma di finanziamento, tipicamente gratuita per il consumatore, vi sono comunque società attive nel fintech, le quali possono raccogliere denaro all’ingrosso per finanziare, a carico del retailer, l’acquirente finale al dettaglio. Di conseguenza, dati i margini del commercio spesso ridotti, tale formula ha come condizione fondamentale un livello di tassi di interesse che deve essere estremamente basso, pena l’antieconomicità per il retailer di concedere un credito all’acquirente finale a un costo che possa superare i suoi margini commerciali.
Secondariamente, tale forma di credito ancora oggi non ha un ambito regolamentare definito in modo nitido, potendosi inquadrare solo negli elementi essenziali nel credito al consumo e finalizzato. Infatti, si tratta di una dilazione di pagamento per la quale, a titolo di esempio, non viene proposto in alternativa uno sconto sul prezzo, quale elemento di costo figurativo e di valutazione dell’onere implicito della dilazione di pagamento, al cliente”. Non solo. “In terza istanza, - prosegue Cacciamani -, nella concessione della dilazione sia il venditore sia il finanziatore sono in grado di raccogliere informazioni spesso preziose sull’acquirente per finalità che possono andare oltre quelle del finanziamento implicito dell’acquisto.
In quarto luogo, si possono produrre fenomeni di sovraindebitamento sul cliente finale, che è indotto all’acquisto, da un lato, ma non tiene conto degli impegni complessivi di pagamento nel tempo per i quali si impegna, dall’altro. E non è tutto. In quinto luogo, risulta evidente che con tale forma di finanziamento implicito si va a interessare una fascia di clientela che non avrebbe accesso diretto al credito, magari per un rating personale non elevato o per fenomeni di mancato rispetto di impegni finanziari. Tutto ciò se, da una parte, evita fenomeni di ricorso a canali alternativi di credito non legali, i quali possono anche sfociare nell’usura, dall’altra, con il deteriorarsi delle condizioni economiche generali e personali, possono indurre un profilo di perdite e di rischio per i finanziatori non accettabili nel medio e lungo termine, salvo un patto con il retailer al riacquisto del bene o un’assicurazione contro il rischio di insolvenza. In concreto, quindi, questa modalità di finanziamento implicito rischia di essere esposta congiunturalmente al trend dei tassi di interesse e a quello economico, più in generale, derivandosi, da ciò, uno sviluppo non prevedibile e discontinuo nel tempo”.