L'epidemia

Peste suina, l'appello del territorio: «Salvare l'export dei nostri salumi»

Pierluigi Dallapina

Vertice in Provincia. Rimborsi per gli abbattimento dei cinghiali

Un nuovo vertice, l'ennesimo, per lanciare dal territorio un messaggio inequivocabile al Governo, al commissario straordinario e anche alla Regione: mettere in campo tutte le iniziative in grado di contenere l'epidemia di peste suina africana, al momento non presente negli allevamenti ma soltanto in ambito selvatico (tra i cinghiali), al fine di salvare le esportazioni dei nostri salumi, dato che in Asia e in Nord America alcuni mercati hanno già alzato le barriere.

«A livello locale dobbiamo proteggere gli allevamenti, riducendo la popolazione dei cinghiali, mentre a livello nazionale bisogna lavorare per riaprire i mercati chiusi e tutelare mercati importanti come gli Usa e il Canada», spiega Alessio Mammi, assessore regionale all'Agricoltura, ieri all'incontro in Provincia con gli amministratori locali e il mondo produttivo. La Regione, ai 2 milioni già stanziati l'anno scorso ma non ancora spesi dal commissario, aggiungerà 1.250.000 euro che serviranno a garantire un rimborso pari a 130 euro per ogni cinghiale abbattuto. L'obiettivo è di abbatterne circa 10mila, calcolando che in media, ogni anno, ne vengono eliminati circa 20mila.

A livello nazionale, l'ultimo decreto legge dà il via libera all'impiego, su tutta la penisola, di 177 soldati per ridurre il numero di cinghiali. «Dobbiamo mettere in campo tutte le iniziative possibili per eradicare la peste suina africana, perché il danno che può creare al sistema sociale ed economico è incalcolabile», taglia corto il presidente della Provincia, Andrea Massari.

Barbara Lori, assessora regionale con la delega ai Parchi, assicura: «Non ci sono problemi negli allevamenti suini, ma solo nella fauna selvatica». Poi ricorda che «anche il sistema dei Parchi regionali è impegnato a eradicare l'epidemia» e che «sarà fondamentale il lavoro diplomatico con l'Unione europea, affinché l'export dei salumi prodotti sul nostro territorio non sia gravato da vincoli».

In seguito alla scoperta di cinghiali infetti nel Parmense, alcuni mercati hanno deciso di bloccare le importazioni e lo stop ha già causato i primi scossoni nel mondo produttivo locale. Da qui l'appello alle istituzioni di procedere, in fretta, su un doppio binario: quello degli abbattimenti e quello diplomatico, per eliminare i blocchi all'export.

«Da ora in avanti, poche chiacchiere e molti fatti», è il commento perentorio di Cesare Azzali, direttore dell'Unione parmense degli industriali.

«Il tempo è veramente il fattore decisivo - avverte Azzali - perché star fuori da un mercato, anche per pochi mesi, significa perdere i rapporti con la distribuzione. Non bisogna perdere la presenza dei nostri prodotti sui mercati cinesi, giapponesi, canadesi e statunitensi». E poi, una precisazione obbligatoria: «Bisogna far capire che la filiera è sicura». L'obiettivo è chiaro: salvare centinaia di posti di lavoro.