L'allarme
Caffè, costi fuori controllo. E la tazzina rincarerà
Il primo ottobre si è celebrata la Giornata internazionale del caffè, ricorrenza istituita nel 2015 dalla International Coffee Organization. E' stata anche l'occasione per richiamare l'attenzione nei confronti di un settore che sta subendo forti scossoni a causa dei rincari della materia prima e dei costi di produzione. A lanciare l'allarme sono le imprese di torrefazione italiane, dai grandi big del comparto alle piccole e medie imprese presenti anche nel nostro territorio. Dai vari report che giungono dall’America centrale, emerge la condizione drammatica dei piccoli produttori, aggravata dalla crisi attuale. Varie fonti hanno ripreso e rilanciato queste notizie - recuperando anche precedenti studi e analisi - e tracciando un quadro preoccupante sulla sostenibilità futura e sulla sopravvivenza stessa della coltura del caffè. In particolare della varietà arabica.
I numeri del settore
Prima di addentrarci nella questione, che sta destando notevoli preoccupazioni, fissiamo alcuni numeri per capire il «peso» di questo settore. Dietro al classico espresso al bar, alla moka o alle cialde si snoda una delle filiere più importanti a livello globale e, certamente, lo è anche in Italia.
Nel mondo si bevono circa 3 miliardi di tazzine di caffè al giorno. Il nostro è il secondo Paese esportatore al mondo di caffè torrefatto (2,25 miliardi di euro nel 2023 in crescita del 6,8%). Non solo. I ricavi complessivi del comparto, si aggirano attorno ai 300 miliardi di euro all'anno, mentre nel nostro Paese la filiera vale circa 7 miliardi, con quasi 10mila addetti. Nel settore della torrefazione, in particolare, sono circa 7mila, su un totale di oltre 800 aziende. A questo si aggiunge un robusto indotto, dalle attrezzature professionali alle macchine per il caffè e per il confezionamento.
La tempesta perfetta
La domanda di caffè nel mondo è in deciso aumento. Due le varietà: l’arabica, che prospera ad almeno 1000 metri di altezza e la robusta, le cui piante sono più resistenti e in grado di crescere anche nelle pianure. Assoutenti ha stimato un incremento del 68% del costo della materia prima rispetto allo scorso anno per quanto riguarda la varietà robusta, prezzo che ha raggiunto i massimi storici, così come quello della varietà arabica che registra anch'esso una forte crescita. Morale: se il costo della materia prima è alle stelle da mesi, con i magazzini ormai vuoti, la crisi climatica e la situazione geopolitica chiudono il cerchio di una tempesta perfetta. Anche i big del settore in Italia (Lavazza e Illy) hanno lanciato l'allarme, sottolineando come la crisi del caffè sia multifattoriale. Oltre al cambiamento climatico, anche il blocco del canale di Suez, la guerra in Ucraina e le turbolenze finanziarie globali hanno contribuito a destabilizzare il mercato e a far schizzare i prezzi.
«Il costo delle materie prime è triplicato - conferma Alberto Nironi, fondatore e proprietario della società Torrcaffè (nonché del marchio Caffè Armeno), azienda di Montechiarugolo che fattura oltre 4 milioni di euro e ha una trentina di dipendenti -. A livello nazionale sono scesi in campo i torrefattori che possiedono i grandi marchi del settore. Noi siamo la prima azienda sul territorio e vogliamo far sentire la nostra voce. Ci troviamo di fronte a un mix esplosivo. Il nostro è un mercato fortemente speculativo, che nessuno è in grado di controllare».
Le materie prime nel settore sono quotate, la variante arabica alla Borsa di New York e la variante robusta alla Borsa di Londra. «Il mercato del caffè è gigantesco - prosegue Nironi -, è la commodity più commercializzata dopo petrolio e gas a livello mondiale. È un mercato in mano a pochi trader, che sono le grandi multinazionali e poche altre aziende. In questo scenario, si sono intensificate le problematiche legate ai cambiamenti climatici che negli ultimi hanno determinato una riduzione dei raccolti. Dunque meno prodotto sul mercato, in un contesto in cui si affacciano peraltro nuove realtà, come la Cina dove è aumentata notevolmente la domanda di caffè. Ma non è tutto. Siamo di fronte, da mesi, alle criticità nella rotta del Mar Rosso legate alla guerra, che stanno creando difficoltà nei trasporti. Tutta la merce che arriva da Sud Est Asiatico è costretta ad allungare le tratte, circa 20-25 giorni in più e questo comporta un ulteriore impennata del costo materia prima. Non solo. Difficoltà nella percorrenza sono presenti anche nel canale di Panama dovute alla scarsità d'acqua».
Il costo della tazzina al bar
A questo punto il rincaro della tazzina al bar è inevitabile. Proviamo a riflettere. Quanto saremo disposti a spendere per il rito quotidiano al bar o la moka del mattino? Fin dove reggerà la filiera dei chicchi a basso prezzo?
«Per tanti anni il prezzo è rimasto fermo a un euro - spiega Nironi - ma ora diventa impossibile arginare i rincari a monte. Secondo il patron della Illy il costo di una tazzina di caffè salirà a 2 euro. Penso che questa impennata non avverrà nel breve termine, però si arriverà sicuramente a quota 1,40-1,50, un rincaro che ritengo inevitabile se vogliamo che baristi e torrefattori continuino a lavorare proponendo un prodotto di qualità. Dobbiamo, in primis, garantire la sopravvivenza delle aziende. E non intendo la singola realtà produttiva nel settore della torrefazione, ma un'intera filiera, a cominciare dai bar. Possiamo aiutarli a capire che il prezzo della tazzina deve essere aumentato».
Il rischio qual è? «La paura di apportare un eventuale rialzo può determinare in questa fase una sofferenza dell'attività - ammette Nironi -. Abbiamo l'obbligo di sostenere queste aziende e far si che loro possano adeguarsi a un prezzo di mercato giusto. È un discorso di filiera. Se con c'è una linea comune ognuno si muove in un mercato a sé e questo è un problema serio. Ci saranno quelli che per risparmiare finiranno per scegliere una materia prima di minore qualità e quelli che avranno la forza di aumentare il prezzo del caffè, anche solo di 10 centesimi. Dobbiamo andare in quest'ultima direzione, cioè far capire che ci troviamo in un momento difficile e non possiamo tirare la corda ancora per molto. Se pensiamo a tutto quello che gravita intorno al bar e alla ristorazione, ci rendiamo conto dell'importanza di questa filiera».
L'appello
Ecco dunque l'appello. «Vorrei scendere in campo a difesa del settore, dei torrefattori e dei baristi - rimarca il patron di Torrcaffè -. Una volta era tutto più semplice. Le associazioni di rappresentanza dei commercianti diramavano un listino prezzi e i baristi, generalmente, si adeguavano. Con le norme sulla libera concorrenza tutto è rimasto senza indicazioni, nell'ambito del libero mercato. E con la paura di aumentare anche di soli 10 centesimi, il mercato soffre. Dobbiamo ridare a questi piccoli imprenditori titolari di bar, la forza di adeguare i prezzi senza paura. In questo momento non si riesce ad agire diversamente. Sono troppo alti i costi che gravano sulle aziende fornitrici che oggi non riescono più a calmierare i prezzi. Non per nulla si muovono Illy e Lavazza».
Un'ultima annotazione: «Nel nostro territorio ruota attorno al caffè un indotto importante - sottolinea Nironi -. Abbiamo produttori di macchine per il caffè che sono l'eccellenza a livello mondiale, abbiamo un tessuto che gravita, dall'assistenza alla manutenzione del canale horeca e bar. Dietro a una semplice tazza di caffè c'è un valore da difendere».
I consumi di caffè
Secondo un’analisi basata sui dati del Commercial Foodservice di Circana, le porzioni totali di caffè nei paesi europei «Big 5» (Regno Unito, Spagna, Francia, Italia e Germania) hanno registrato una crescita dell'8% anno su anno, superando il +5% registrato a livello globale.
In una nazione che tradizionalmente favorisce il tè, la Cina è emersa come leader globale, sperimentando il più alto tasso di crescita del consumo di caffè (+15%) , seguito dalla Francia con un +11% e poi dal Canada +10%. Nei 5 mercati europei, il Regno Unito è quarto +10%, l’Italia è sesta +8%, la Spagna settima +7% e la Germania è ottava, con una crescita del +4% su base annua. La Corea del Sud si distingue come l’unico paese che non ha registrato una crescita anno su anno. E mentre il caffè caldo rimane la scelta dominante a livello globale, il caffè freddo ha guadagnato slancio, indicando un trend di crescita a lungo termine. È la Cina ad aver determinato la crescita del consumo di caffè freddo dal 2019 al 2023, con un tasso di crescita annuale del 20%. Le porzioni fredde costituiscono il 33% del consumo totale di caffè. Il caffè ha superato sia il tè (+ 4%) che le bevande analcoliche gassate (+3%) in termini di crescita delle porzioni anno su anno.
Regione
Le capsule di caffè usate saranno riciclate
Un progetto innovativo per uno smaltimento ecosostenibile delle capsule esauste di plastica o di altri materiali, utilizzate per le macchinette del caffè. Verrà avviato entro la fine dell’anno in Emilia-Romagna, grazie a un protocollo d’intesa, sottoscritto dalla Regione insieme ad Atersir, Nestlé, Illycaffè, Logica e Gruppo Hera. L’intesa discende dall’adesione di viale Aldo Moro al progetto «ReCap - Recuperiamo insieme le capsule di plastica», avviato nel 2021 da Regione Friuli Venezia Giulia, Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa Fvg), Illycaffè e Nestlé.