Non è stato un Capodanno normale

Domenico Cacopardo

Questo 1 gennaio 2021 non è stato un Capodanno normale, né normale sarà l’anno nuovo e per tanti motivi che cercheremo di riassumere. Siamo vissuti per due anni e mezzo in un presente liquido e regressivo, nel quale ogni spirito di innovazione e di crescita è stato sopito nell’incertezza politica che ha dominato il Paese, messo di fronte alla preponderanza parlamentare di chi aveva predicato la «decrescita felice.» Una fase regressiva della Nazione, nella quale si è preferito distribuire bistecche - risultato di misericordiose elargizioni dello Stato - rispetto all’operare perché le bistecche fossero il frutto, orgogliosamente guadagnato, del sudore di chi le metteva in tavola. 

 

Poi è arrivato il Coronavirus. Esso ha trasformato il presente liquido in un presente duro nel quale non c’erano varchi, né possibilità di riscattare, tutti insieme, l’ethos laborioso e geniale di una comunità di donne e di uomini, gli italiani, noti per il mondo per alacrità, creatività, buon gusto e anche per presenze di primaria importanza nei centri di ricerca più avanzati. La durezza del presente che abbiamo sperimentato con il devastante primo ingresso del Covid-19, cui è seguita l’insana parentesi dell’estate, durante la quale nessuno ha pensato alla pianificazione del dopo -che gli esperti sapevano che sarebbe immancabilmente venuto- è tornata drammaticamente d’attualità nell’autunno con numeri ben più gravi di prima. 
Dobbiamo altresì rilevare che i dati, le statistiche di cui viviamo (ma ne viviamo meno e peggio di quanto non si vivano altrove, dove sono vangelo indiscutibile per precisione e profondità: ma all’estero gli istituti di statistica non sono lottizzati dalla politica), sono immobili, statici, fotografie sfocate di ciò che è stato, senza alcuna capacità di stimolarci a cercare, in essi, la via per uscire dalla perversa realtà in cui siamo stati costretti a vivere.
«Italiani, brava gente» si diceva nei paesi, nelle città occupate dalle nostre truppe durante la II Guerra mondiale. E «Italiani, brava gente» potremmo ripetere oggi di fronte alla disciplinata reazione dei nostri concittadini, non solo di fronte alle restrizioni, ma anche agli smaccati inescusabili errori commessi dai governanti.


E di essi, nell’entrare nel nuovo anno, non possiamo dimenticarci, giacché tutto il castello comunicativo costruito intorno a Palazzo Chigi è fatto di fragili mattoni di carta. Il «Modello italiano» (di reazione alla pandemia), vantato di continuo in specie da Giuseppe Conte è fallito, visto che i numeri ci pongono al primo posto per ammalati ogni mille abitanti. La retorica intorno al miglior Servizio sanitario del mondo si è sgonfiata di fronte ai guai quotidiani del nostro sistema, nascosti, per quanto possibile, dall’eroismo del personale medico e paramedico. La campagna di vaccinazione suscita molte preoccupazioni, in relazione alla scarsa capacità organizzativa di Stato e Regioni, soprattutto guardando a Regno Unito e Germania.


Ma il punto cruciale su cui ogni ragionamento si incaglia e non riesce a procedere è l’occasione storica realizzata dall’Unione europea con un Recovery Fund di 750 miliardi di euro (390 dono, 360 prestiti a condizioni agevolate). Per l’Italia 209 miliardi. Nei prossimi giorni dovremmo varare un Recovery Plan completo di opere, modalità, finalità, strumenti. Ora, se riflettiamo sulla filosofia (si fa per dire) politica che anima gran parte dell’attuale Parlamento, possiamo ritenere questa classe politica -che ha inventato la politica dei tranquillanti di massa, del presente liquido e duro, tuttavia fermo e immobile come uno scoglio- in grado di immaginare qualcosa che, rompendo la stasi, metta in moto il Paese ricreando occasioni di lavoro produttivo, di ripresa e di rilancio, anche ambientale? 
La torpida sciattezza del Piano formulato dal governo testimonia ulteriormente l’inadeguatezza della politica attuale. 
Purtroppo, si è verificata, come nei momenti peggiori della storia, una tragica dicotomia tra interessi del Paese e interessi della politica.
Viene il sospetto che, in questa vita sospesa, in cui non accade nulla, l’idea che si possa ricorrere a uno strumento eccezionale e salvifico intestato all’Europa spaventi molti, soprattutto coloro che, consapevoli della distanza siderale dei nostri apparati pubblici dalla modernità, tema che il rilancio spazzi via le rendite parassitarie da cui è afflitta la Nazione.


Per queste sintetiche ragioni, il 2021 non sarà un anno normale. 
Ma non lo dovrà essere perché gli italiani hanno il diritto e il dovere di rialzarsi e rimettersi in cammino per non perdere il posto che il lavoro, i sacrifici, l’abnegazione e la creatività dei loro padri hanno conquistato.
E altri spazzato via.
 DOMENICO CACOPARDO
www.cacopardo.it