Dal voto sul referendum al sogno di Berlusconi

Vittorio Testa

Il centrodestra dunque si ricompone mettendo la firma dei tre leader sotto il  «patto anti-inciucio», l’accordo sulle candidature alle prossime elezioni regionali, e l’impegno a inseguire il vecchio sogno del presidenzialismo.Ma le cose si sono già complicate, e non poco. Sul cammino politico piomba  il referendum sul taglio dei parlamentari. La legge, cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, varata in Parlamento con soli 14 voti contrari, verrà giudicata e confermata o meno dai cittadini il 21 settembre, nello stesso giorno delle Regionali. I sondaggi danno per assai probabile la vittoria dei «sì», seppure stia spirando un venticello sempre più intenso nelle vele dei contrari, tra i quali moltissimi di quei 570 onorevoli che alla Camera avevano  salutato con un brindisi la decisione di amputare il Parlamento di 230 scranni a Monte Citorio e 115 al Senato. Probabile però che dopo tanto agitare le virtù di questa legge il «sì» finisca con il prevalere. La legge consentirebbe un risparmio di 100 milioni di euro l’anno e sveltirebbe i tempi di decisione del legislatore; ed è vista da tantissimi italiani come un giusto castigo a un Parlamento accusato di scarsa produttività e scavalcato da un impressionante numero di  decreti-legge governativi. Se vincono il «sì» probabile che si debba cambiare la legge elettorale. Il che significherebbe un lungo dibattito tra e dentro i partiti, almeno tre o quattro mesi, a meno di miracoli. Si arriverebbe così, presto che si faccia, a novembre o dicembre, con l’impossibilità di andare a elezioni anticipate in fretta. 
Elezioni che il centrodestra, stando ai sondaggi, vincerebbe comunque con qualsiasi sistema elettorale scelto. Ma il governo, apparentemente debolissimo, può contare sul sostegno della fifa: dei Pentastellati che sarebbero dimezzati, quella di  Matteo Renzi con sapiente abigeato politico si trova con una quarantina di seggi soprattutto transumanti dal Pd: in caso di elezioni anticipate l’irrequieto ex premier si ritroverebbe con un tre per cento: di conseguenza nemmeno la forza pubblica potrebbe convincerlo a sloggiare.Il Pd è alle prese con una crisi di leadership e di gestione del potere sempre più spesso inconciliabile con un alleato instabile, nevrotico e insicuro come il M5s. Gli unici che guadagnerebbero peso sono la Lega- seppure in misura minore rispetto a qualche tempo fa-, che i sondaggi  la stimano al 24-25 per cento. Fratelli d’Italia quotata 15-16 per cento. Salvini e la Meloni potrebbero stravincere anche senza il 7 per cento portato da Berlusconi. Il Cavaliere ha messo la firma sotto il patto anti-inciucio, «mai con il Pd». Mai è un avverbio che in politica ha conosciuto frequenti abbandoni, il primo dei quali nel centrodestra subìto proprio dal Berlusconi  alleato di Bossi. Quel  7 per cento sarebbe indispensabile per formare una maggioranza nel caso si votasse con una legge proporzionale. Si resiste a tutto in politica, fuorché  a rinunciare alle occasioni imperdibili di salire il più in alto possibile. E in alto, lassù sul Colle, ci sta il problema dei problemi: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica che si terrà nel 2022: pertanto il Semestre bianco, il periodo durante il quale il capo dello Stato non può sciogliere le Camere, scatterà nell’agosto dell’anno prossimo. Mentre la legislatura in corso potrebbe essere percorsa tutta intera fino al 2023. Per eventuali elezioni anticipate ci sarebbe l’unica possibilità nella primavera del 2021. Ma la corsa al Colle è già iniziata, molti sono ormai convinti che sarà gestita da questo Parlamento: il Movimento 5 stelle è di gran lunga il primo partito e insieme al Pd potrebbe trovare un accordo su un candidato «amico». Sull’elezione del presidente della Repubblica Silvio Berlusconi ha sempre avuto un atteggiamento morbido. Si tratta della più alta figura istituzionale, va ripetendo il Cavaliere: «L’importante è che sia un uomo in grado di rappresentare tutti, maggioranza e opposizione, l’intera nazione». Il problema finale è attinente alla corsa al Colle: il candidato del centrodestra chi sarà? Berlusconi è determinante in questo Parlamento. Veste l’abito del vecchio saggio che nonostante le molte scappatelle – errori di.. senilità – ha tra i suoi slogan il famoso «l’Italia è il Paese che amo». E’ stato il presidente del Consiglio più longevo. Ha un carattere forte ma con inclinazione all’accordo. E’ ricco sfondato, ha moltissimi simpatizzanti in Parlamento.  E per eleggere il nuovo presidente dopo tre votazioni nelle quali occorre la maggioranza dei tre quarti dell’Assemblea elettorale (parlamentari e grandi elettori, circa 950 votanti) dalla quarta in poi  basta la maggioranza assoluta, la metà più uno. E’ l’ultima occasione per acchiappare un sogno che il Cavaliere aveva confidato e promesso di inverare al padre: arrivare sempre dove più in alto non si può: diventare, lo voti chi vuole, presidente della Repubblica.