La difficile transizione tra emergenza e ricostruzione

Alfredo Alessandrini*

La fase di transizione dalla chiusura totale alla riapertura e al riavvio delle attività economiche e sociali sta avvenendo con difficoltà. Se volessimo indicare  in modo preciso le fasi che si sono succedute dopo il lockdown dovremmo dire che la riapertura è avvenuta a fatica e non per tutte le attività economiche . 
Il riavvio  e la ripartenza hanno avuto non poche difficoltà e le stiamo vedendo dagli enormi problemi che comporta ad esempio la riapertura delle scuole. I dati economici sono lì a confermare i problemi. Il debito record  per il nostro paese ammonta a 2.530,6 miliardi a fine giugno, con un valore rispetto al Pil del 160%. Il Pil nel periodo aprile giugno è sceso del 12,4% rispetto al trimestre precedente, che era già in forte contrazione. Per completare il quadro vediamo un’inflazione a giugno a -0,4% su base annua. È vero che la produzione industriale a giugno cresce dell'8,2% rispetto a maggio. Questo aumento della produzione industriale   trascinato dalla manifattura, avrà un riscontro positivo sul Pil del terzo trimestre. Certo, la quantità di risorse messe in campo dal governo con i tre decreti è consistente: 100 miliardi era la cifra massima sostenibile.  Si può discutere sulle modalità di utilizzo di queste risorse, ma sull’entità complessiva no. Con il programma Next Generation Europe occorrerà  effettuare un radicale cambiamento dalla logica, passando  dall’emergenza economica e sociale  a quella del progetto di rilancio e quindi di ricostruzione del tessuto economico e sociale del paese. Nella fase dell’emergenza gli interventi di sostegno alle persone, alle famiglie e alle imprese sono stati fondamentali.
Ora occorre passare ad una fase completamente diversa, nuova, con un chiaro disegno del Paese ed una visione strategica in grado di portare ad un vero rilancio.
Il debito che il Paese contrarrà con il Recovery Fund dovrà avere la caratteristica  che ci ha indicato in passato John Kenneth Galbraith: deve servire per gli investimenti, per la scuola e la sanità.    
Infatti  accrescendo il debito pubblico i costi relativi ricadono sulle future generazioni: per questo deve  essere utilizzato per gli investimenti pubblici produttivi che daranno un ritorno positivo alle future generazioni. Come un ritorno positivo per le generazioni future lo hanno le spese per scuole e sanità.  Questo è l’unico modo per utilizzare il debito pubblico per far riprendere lo sviluppo.
Di questo ci ha recentemente parlato Mario Draghi con la distinzione fra debito buono e debito cattivo.
Quello che non riusciamo ad intravedere è il modello di rilancio del Paese che guiderà il progetto strategico di impiego delle risorse Recovery Fund.
Negli interventi recenti di molti economisti il problema di questa fase di passaggio dall’emergenza al rilancio viene assimilata ad un momento di galleggiamento in attesa di individuare la rotta : sicuramente questa va individuata nel Green New Deal e importanti imprese del nostro territorio hanno intrapreso questa strada .
Ma quello che conta non è il numero di progetti ma il disegno complessivo che deve indirizzarli.
Un economia purpose first (dove viene prima lo scopo di ciò che si fa, l’impatto sociale e ambientale) deve essere a nostro avviso la linea di indirizzo per l’individuazione dei progetti.
E la campagna delle società B. Corp per  “Unlock The Change” è un altro elemento a cui far riferimento.
Quindi è indispensabile far partire questo piano strategico per il rilancio del Paese al più presto, con la partecipazione delle forze economiche  e sociali e con l’obbiettivo di definire le linee guida in un tempo molto breve. Il Paese non può aspettare.

 * Docente di materie economiche