La lugubre sindrome della sinistra italiana

Vittorio Testa

La sinistra italiana sembra aver contratto un’inguaribile  sindrome  cimiteriale. 
Attratti da allegorie sepolcrali  due dei suoi leader impegnati nell’aspra battaglia politica dipingono scenari da brividi. Il terzo addirittura  iscrive molti defunti  tra sicuri alleati,  capaci di vincere l’afonia per cause ritenute giuste. 
Indimenticabile l’exploit in Senato di Matteo Renzi  quando il 30 aprile assicurava che i nostri connazionali passati all’aldilà a causa del Coronavirus erano schierati al suo fianco per convincere il governo ad allentare le misure restrittive: «Se i morti di Bergamo e di Brescia potessero parlare direbbero di riaprire», assicurava l’ex premier, rivelandosi, lui segretario di "Italia viva", necromante in contatto con il mondo dei più. 
Successivamente ecco l’ex segretario Pier Luigi Bersani, ora leader di "Articolo uno". Il 4 giugno evoca un panorama  da dissoluzione del genere umano: «Il messaggio che il centrodestra sta dando è una coltellata al Paese», dice il politico piacentino che accusa il centrodestra di volontà stragista: «Mi viene il dubbio che se avessero governato loro, non sarebbero bastati i cimiteri». 
Giovedì scorso, a Bologna, così Zingaretti: «Con  Salvini  e la Meloni al potere  fosse comuni sulle spiagge». Rischio di balneazione sulla tomba del caro estinto? Non si sa mai… E dunque sotto con altri scenari lugubri, da gesti apotropaici scacciajella. Si tocchi chi può.