Il nuovo Green Deal per il rilancio dell'Italia

Alfredo Alessandrini

Con l’uscita del nostro Paese dall’emergenza sanitaria da coronavirus è partita la fase due che ha al centro i problemi economici. Il Pil nel primo trimestre è  -4.7% e la produzione industriale si prevede si riduca del 23%. È quindi naturale che dopo lo shock del lockdown, questa riapertura e ripresa delle attività economiche e del lavoro sia particolarmente complessa. È  difficile ricominciare a lavorare per il rispetto dei protocolli di sicurezza ed è complicato far ripartire le attività del commercio, dell’artigianato,  delle pmi e più in generale del mondo delle imprese per le problematiche del mercato interno e ancor di più per i blocchi sui mercati internazionali.
In questo quadro assume ancor più rilevanza la testimonianza di alcune imprese di Parma che hanno aderito al Manifesto «Uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia» a cui hanno dato l’adesione, fino ad oggi, 110 rappresentanti di imprese del nostro Paese. È molto importante dare il giusto risalto a questo fatto: Gabriele Buia, Maria Paola Chiesi, Davide Bollati, Ombretta  Sarassi, Francesco Mutti  hanno spiegato le ragioni per cui loro e le loro imprese ritengono che il rilancio debba ispirarsi a un New Green Deal. Infatti  dalla fase della riapertura e della ripresa delle attività economiche occorre passare a quella del rilancio, che in diversi casi presenta  la caratteristica di una vera e propria ricostruzione. Ebbene, è proprio in questa fase di rilancio e di ricostruzione delle realtà economiche del nostro Paese che ha senso parlare di un grande piano strategico  con linee guida caratterizzate da  una chiara visione di medio termine.

I decreti Cura Italia e Liquidità sono intervenuti sull’emergenza sanitaria e su quella economica legata alla sopravvivenza delle persone e delle famiglie. Con il decreto rilancio le importanti risorse intervengono sulla fase di riapertura assieme alle risorse europee del Sure, del fondo di garanzia Bei e speriamo del Mes per la sanità  unitamente agli imponenti interventi di acquisto di titoli pubblici della Bei.
Ora in gioco ci sono le risorse del Recovery Fund in parte alimentato con risorse degli Stati e in parte con ricorso al mercato attraverso i Recovery Bunds a lungo termine. La proposta a larga maggioranza del Parlamento Europeo  è che questo fondo di ripresa e trasformazione abbia una dotazione  imponente di 2.000 miliardi,  per uscire da questa crisi con un’Europa più forte.
E’ in questo quadro che il richiamo del Manifesto sul New Green Deal si salda con l’impegno del Parlamento Europeo e della Commissione Europea  per un grande piano strategico  che sia in grado di impostare un modello economico che fa della sostenibilità ambientale e sociale il riferimento principale.
Il richiamo agli obiettivi dell’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale  deve essere il vero obiettivo  di riferimento.
L’economia circolare, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili di energia, la bioeconomia rigenerativa e la rigenerazione urbana devono  essere i pilastri del nuovo modello di sviluppo.
E un gruppo di importanti imprese di Parma si sta muovendo in questo senso ridisegnando i processi produttivi  interni e le value chain.
Prendo a prestito da Muhammad Yunus , premio Nobel per la Pace e fondatore della Grameen Bank che ha impostato un modo di far banca altamente innovativo dal punto di vista sociale e finanziario,  il titolo della conferenza che ha tenuto recentemente alla Pontificia Università Lateranense «No going back. The World Economy after Covid-19 Pandemic».  Non torniamo al mondo di prima, ci dice Yunus, ed acquisiamo una consapevolezza ambientale e sociale.
E’ vero, la ricostruzione dopo la pandemia deve evitare di ripercorrere per gli aspetti sociali ed ambientali gli errori precedenti: dobbiamo bandire i combustibili fossili, dobbiamo impegnarci per sconfiggere le emergenze climatiche, dobbiamo combattere il riscaldamento globale ma al contempo dobbiamo impostare un modello economico che eviti la concentrazione della quasi totalità delle ricchezze mondiali in pochissime  mani e al contempo mettere al centro il lavoro e l’occupazione.
Ci può aiutare in questo senso il richiamo di Michael Porter sul vantaggio condiviso, che prevede di far riferimento all’attenzione ai miglioramenti ambientali non come vincoli normativi ma come opportunità di cambiamento produttivo, organizzativo e di modello di business.
E concludo come sia necessario ispirarsi a modelli come l’economia degli stake-holders che fanno riferimento al principio guida che l’azienda deve avere grande attenzione all’ambiente in cui opera, alle esigenze ambientali e sociali dei portatori di interesse che  non sono solo gli azionisti ma anche i dipendenti, i fornitori, i clienti, la scuola, le Istituzioni. Ma a questi principi le aziende di Parma che hanno sottoscritto il Manifesto si stanno ispirando da tempo.