Le ondivaghe reazioni dei politici

Vittorio Testa

Andiamo incontro agli ignoti scenari del nostro domani senza un’idea di quel che ci accadrà. Ansia, cupezza, pessimismo. Stressati dall’interminabile e ancor non finita ottantena, scattano pulsioni irrefrenabili: autodistruttive, secondo alcuni; legittime e affatto pericolose secondo altri. «Ma sì usciamo, riapriamo tutto, quel che sarà sarà», è l’atteggiamento che va per la maggiore.
 Tra questi molti politici, da tempo appassionatamente dediti all’ondivaghezza dell’andata e del ritorno. Dapprima era il «Non è che un’influenza. Non occorre chiudere. Anzi riaprire tutto!». Poi venne il «Chiudere tutto». E ora è scattata la febbre del «Riaprire/2». La Lega ha occupato il Parlamento: «Qui resteremo finché il governo non darà adeguate risposte al popolo> urlava il semprincavolato Matteo Salvini. 
Il premier Conte - l’azzimato belloccio stimarino, solitamente flemmatico e di un eloquio sciogliproblema che avrebbe fatto invidia all’ineffabile vaghezza dell’Aldo Moro delle convergenze parallele - d’improvviso cade vittima del Padreternismo. E grida, intima, annuncia, decide poi decide di non decidere. 
Poi si scusa e fa sapere d’aver risposto commosso coram populo, sui social ovviamente,  all’accorata lettera di un barbiere del centro Italia, che chiede di tornare in fretta alla normalità, elogiandone  «l’attaccamento ai ferri del mestiere». Sottotraccia alla politica scorrono fiumi carsici che ogni tanto affiorano. Sempre a Giuseppe Conte è indirizzata una lettera aperta da parte di una giornalista napoletana. 
«Caro Giuseppe Conte, dipendente del popolo italiano. In quanto tuo datore di lavoro, visti i pessimi risultati fin qui raggiunti da te e dal comparto (governo)… ritengo opportuno convocarti nel mio ufficio  e affidarti una comunicazione da rendere immediatamente esecutiva». Con parole diverse anche Matteo Renzi, abigeator di scranni parlamentari a danno del Partito democratico, già premier intelligente e dinamico poi rovinato dal suo peggior nemico cioè sé stesso,  che intima secchi aut-aut e addirittura ultimatum: «O Conte smette le prepotenze e si dedica a fare il bene degli italiani o dovrà fare a meno di noi, che siamo determinanti».
 Nel suo intervento, Renzi non esita a farsi alleati e sostenitori persino i nostri sfortunati connazionali che il coronavirus ha crudelmente traslocato all’Aldilà. Anime morte, quelle di Bergamo e Brescia, che secondo Renzi «se potessero parlare direbbero le stesse cose mie». “Italia viva”, Iv, la sua formazione, è nata dalla diaspora parlamentare non dall’esito di un voto elettorale. E ha 30 seggi alla Camera e 17 al Senato. I sondaggi gli assegnano un 2 per cento di intenzioni di voto. Ma è determinante. Ma è tutto il sistema politico a essere preda dell’incertezza, della sensazione di fragilità e del terrore di andare al voto anticipato. Il Pd è disponibile a cedere alle richieste dei 5 stelle alleati capricciosi. La lega e Giorgia Meloni si augurano la formazione di un governo sostenuto da tutte le altre forze parlamentari in maniera da restare soli all’opposizione e lucrare sul dissenso. Sicché si gioca una partita surreale, tutta destinata a salvare sé stessi e acquisire consensi virtuali nella fiera dei sondaggi. La maggioranza di governo è pronta, come nella migliore tradizione dal Connubio di Rattazzi in poi, ad accogliere il sostegno di una forza del’opposizione. D’altronde il nostro è il Parlamento che ha un anno e poco più ha cambiato maggioranza di governo, da centrodestra a centrosinistra, ma imperniata sullo stesso premier, Giuseppe Conte. E ora tutto farebbe presagire un terzo giro di valzer. 
Il più tranquillo sembra Berlusconi. E ti pareva. Miliardario, potente, l’Arcitaliano contemporaneo ha segnato nella politica e nel costume una stagione che dura da ventisei anni. Ha creato un suo sito web. Appare sorridente e sornione, il viso che  ricorda il Berlusconi dei tempi andati,  seduto in poltrona nei seicentomila metri quadri del parco privato di Arcore. Rammenta la famosa ‘’discesa in campo” del 1994 «con un video, dice, che cambiò il modo di far politica». E attende sereno gli eventi, disposto a dare l’ennesimo contributo. Perché come allora «l’Italia è il Paese che amo». Incipit bell’e pronto alla bisogna.