Quelle incognite da affrontare per il nostro sistema paese
Una trattativa difficile a Bruxelles e tre dossier complicati a Roma. Inizia una settimana densa di incognite per l'Italia. Prima di tutto bisognerà capire quanto potremo davvero spuntare al tavolo europeo degli aiuti per la fase post Covid. Ma, nelle stesse ore, il governo dovrà fare i conti anche con una serie di questioni cruciali per il nostro sistema paese. Questioni che si trascinano da anni, se non da decenni, ma che rischiano di assorbire risorse preziose e di diventare insostenibili mentre siamo alle prese con gli effetti della pandemia. Qualche nome? I soliti: Ilva, Autostrade, Alitalia.
L’Europa è ovviamente il primo fronte a cui tutti guardano. Mercoledì la commissione Ue dirà qual è la sua ricetta. Se passerà il progetto proposto da Merkel e Macron per 500 miliardi di aiuti da non rimborsare. O se avranno la meglio le resistenze dei quattro “piccoli e frugali” (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca). La logica vorrebbe che a prevalere fosse il fronte franco tedesco se non altro per una questione di peso demografico ed economico. Ma i meccanismi decisionali europei non lasciano tranquilli. Potrebbe servire tempo. Proprio quello che manca all'Italia, che nel frattempo deve anche decidere se accettare i prestiti da 36 miliardi del Mes, allo 0,1% annuo. O continuare a indebitarsi con i propri titoli come i Btp Italia andati a ruba nei giorni scorsi. Prodotti certamente interessanti per i risparmiatori, molto meno per le nostre finanze nazionali che devono pagare oltre l'1% annuo di interessi.
Ma i numeri non sembrano preoccupare parte della maggioranza (il M5S) e buona parte dell'opposizione (Lega e Fratelli d'Italia). Per loro il Mes è il diavolo e i titoli italiani sono la soluzione di tutti i mali.
Le stesse logiche politiche rischiano di avere un ruolo determinante nei tre dossier sul tavolo di Palazzo Chigi in questi giorni. Per l'Ilva oggi c'è il primo incontro tra governo, azienda e sindacati. Come noto, la multinazionale indiana Arcelor Mittal ha colto la palla al balzo per smobilitare dopo l’eliminazione dello scudo penale per i suoi manager. Si vedrà se sarà disponibile a mediazioni o passi indietro. Il rischio sono migliaia di esuberi o una nazionalizzazione dell'azienda con tutti i costi collegati. Altre tensioni politiche fra M5S e Pd si sono riaccese sul nodo della revoca delle concessioni ad Autostrade. La società ha minacciato di congelare il piano di investimenti se non avrà le garanzie statali per un prestito da 1,2 miliardi. Ne è nato uno scontro durissimo all’interno del ministero delle Infrastrutture con il vice ministro M5S Giancarlo Cancellieri che accusa la titolare del dicastero, la dem Paola De Micheli.
Tutti d’accordo, invece, su spendere altri soldi per Alitalia. E qui sono davvero tanti soldi: il decreto Rilancio prevede un intervento di oltre tre miliardi, quanto stanziato nello stesso testo per gli ospedali. Obiettivo: creare una nuova compagnia che dovrà rilevare le attività di Alitalia. Come e quando lo capiremo, forse, in questi giorni. E’ evidente che il settore del trasporto aereo è stato pesantemente colpito dall’emergenza coronavirus. E necessita di misure di sostegno. Ma è tutto da dimostrare che abbia senso continuare a investire ancora sull’Alitalia, seppur «nuova» e nazionalizzata. È un mistero come si possa pensare di rimettere in sesto una compagnia che solo negli ultimi tre anni, dall’inizio del commissariamento, ha già incassato e bruciato quasi un miliardo e mezzo di fondi statali.