«Generazione mille euro»: vietato sperare
C'è un campionato di serie B dove gioca una generazione non bancabile. Per loro, nonostante i tassi d’interesse sui mutui siano vantaggiosi, è difficile anche solo avviare la pratica per l'acquisto di una casa. Largo ai giovani, sempre precari e sottopagati. Lasciamo che l'utopia di costruire un futuro in piena autonomia resti tale. Anche per un contratto d'affitto, viene chiesta la garanzia di un genitore. Gli ultimi dati di Istat e Ires lo confermano: l'occupazione cresce, ma a tempo determinato. «Generazione mille euro», citando il titolo di un film dal retrogusto amaro. Il problema è a monte e riguarda il ruolo che il nostro Paese vuole riservare ai giovani. Le nuove generazioni dovrebbero essere considerate la risorsa principale per realizzare gli obiettivi dei prossimi 10 o 20 anni; invece si naviga a vista, le politiche del lavoro latitano, non si sostengono le imprese e «gli under», obtorto collo, si adeguano. Oltre che economica, la questione ha una dimensione culturale: bisognerebbe iniziare a considerare i giovani un soggetto collettivo su cui investire per produrre sviluppo e crescita, mettendoli nella condizione di poter costruire un proprio progetto di vita. L’obiettivo di una classe dirigente deve essere anche quello di lasciare un mondo migliore. Oggi i giovani hanno i piedi fuori dalla coperta dello stato sociale, nell'Italia dei proclami che non progetta più e che non ha capito, proprio in tempo di crisi, l'importanza di responsabilizzare e di gratificare i ragazzi. Con questo andazzo non possono giocare la loro partita e dimostrare quanto valgono.