La lotta fra Toti e Berlusconi? Un altro aiuto a Salvini

Vittorio Testa

Forza Italia? «E’ diventata ormai una  casa asfittica, con una classe dirigente asfittica e un po’ invigliacchita». Non entrerà nei manuali delle buone maniere, il giudizio di   Giovanni Toti in  acrimoniosa  uscita da Forza Italia dopo essere stato uno dei dirigenti più vicini a Berlusconi. Il quale  l’aveva cooptato ai vertici degli «azzurri», poi  lanciato e sostenuto per la presidenza della Liguria e infine fatto co-conduttore del partito in crisi. Nomina frutto di un aut aut che Toti gli aveva posto minacciando le  dimissioni, cosa che aveva scontentato tutto il vertice forzista. «Uno da me nominato che dando battaglia contro il sistema delle nomine ottiene e accetta di essere da me rinominato» :è il sarcasmo tardivo del  Cavaliere che ora parla dell’ipotesi  di fondare «Altra Italia», convinto che ci sia ancora modo di guadagnarsi i voti  dell’Italia dei moderati, cattolici e liberali. Stesso intendimento è quello  di Toti: pescare voti un pochino più a destra. Ci sono in palio i due milioni e trecentomila voti  ottenuti da Forza Italia nell’ultima tornata elettorale: gran parte dei quali probabilmente finirebbero nel carniere di Salvini. Sembra  molto difficile che in un clima di disfacimento come questo, una debacle  che certifica il fallimento di una linea politica sconfitta e già in larga misura cannibalizzata dal ministro degli Interni, Toti e Berlusconi possano trovare spazio. Anche perché la vicenda viene percepita come uno scontro, un fatto personale tra il vecchio leader e il rampante insidiatore. 
Quel che è accaduto è chiaro. Toti pretendeva le  primarie di Forza Italia  «aperte» a tutto il centro-destra. A Berlusconi è  stato facile capire  dove l’arrembante ragazzone volesse andare a   parare: amico di Matteo Salvini e propugnatore dell’indispensabilità di un patto di ferro con la Lega e Fratelli d’Italia, in una votazione non riservata ai soli iscritti avrebbe raccolto un numero di voti tale da assurgere a un ruolo decisivo. 
Le primarie? La ricerca del  miglior condottiero possibile? Per il Cavaliere di Arcore sono logiche e sensate per gli sfortunati partiti che non hanno la fortuna di avere un Berlusconi. Strano, notano in molti, che Toti si sia avventurato su un terreno che sapeva essere minato. Né  disconosceva il destino amaro  degli aspiranti   delfini  di Roi Silvio. 
In  effetti il dubbio che  si tratti di un contesto in cui tutti  dubitano  di tutti è legittimo. L’entourage del  Cavaliere  vede  nelle mosse di Toti l’incursore destabilizzante inviato da Salvini in pieno  accordo con  Giorgia  Meloni, leader di Fratelli d’Italia, per  provocare una diaspora di parlamentari forzisti.
Voci del Palazzo parlano di venti onorevoli  e dieci  senatori già con la valigia  in mano e comunque pronti a salvare il governo che al Senato ha una maggioranza risicata. 
Una  situazione ideale per il  vicepremier  Salvini ormai diventato un’icona per milioni di italiani. I sondaggi lo danno addirittura al 40 per cento. E’ questa la bellezza della politica basata sull’irrealtà dei pronostici.