Editoriale

Ora Parma ha bisogno di una scossa

Lino Cardarelli

Ci si sta avviando verso le elezioni per la nuova amministrazione comunale, ma non mi pare di avvertire quella attenzione, quella intensa partecipazione che meriterebbe la consultazione elettorale per eleggere il nuovo sindaco. Tutto sembrerebbe ancora confinato nelle stanze delle segreterie dei partiti che non credo stiano brillando per efficienza, per trasparenza e per visione. Nei giorni scorsi, ben ha fatto Domenico Cacopardo a richiamare l'attenzione io vorrei dire a dare una sveglia, che è anche un sollecito ai nostri politici che, così allertati, sono chiamati a riflettere per dare maggior contenuto ai loro programmi ed evitare le alchimie e i ghirigori con cui si presentano spesso alla ricerca del consenso. Occorre prepararsi e posizionarsi per tempo, come consigliava Winston Churchill che agli appuntamenti era molto attento e sapeva come arrivarci con la barra diritta e con programmi selettivi nel corso del suo lungo e variegato percorso politico: «Gli aquiloni volano più alti quando vanno controvento, non nella stessa direzione del vento...».

Non credo sia presto per il richiamo ai candidati affinché si attrezzino né per ricordare loro che ci sono sul tavolo temi di vasto impatto: sono in discussione la revisione - in effetti il progetto che ha dato avvio al dibattito suggerisce, e va ringraziato il proponente perché ha rispolverato un progetto molto importante da tempo sotto il tappeto, l'abbattimento e la ricostruzione di una nuova infrastruttura - dell'area attorno lo stadio Tardini; il riordino del parco all'interno del complesso monumentale della Cittadella, peraltro concomitante all'avvio di grandi eventi per celebrare il glorioso periodo farnesiano; il riposizionamento dell'aeroporto Giuseppe Verdi, cui si potrebbe aggiungere la rivendicazione per Parma di una stazione abilitata ad ospitare una fermata dell'alta velocità... Quindi imponenti progetti urbanistici che, se non ben coordinati per le sinergie e l'impatto sul centro cittadino, potrebbero ulteriormente penalizzarlo.

Questi futuri centri di intervento - e mi limito a richiamare l'attenzione al capitolo delle infrastrutture, cui andrebbero aggiunte le altre progettazioni non immobiliari sugli altrettanto importanti terreni della cultura, del turismo, dell'educazione, della R&S, dell'inclusione - non sono divagazioni per testare sterili o retorici dibattiti elettorali, ma temi su cui si gioca il futuro della città, meglio, del nostro territorio. Che si confronta in una vasta area, come ha ben sottolineato l'editoriale di Cacopardo: per posizione geografica, Parma si trova al centro di una invidiabile piattaforma logistica di collegamento fra nord-sud e ovest-est, con la ricchezza che può assicurare il raccordo con il mar Tirreno, il porto de La Spezia ma non solo, ora che il Mediterraneo sta riguadagnando centralità affermandosi nei traffici marittimi commerciali intercontinentali.

È tempo, mi permetto di sottolinearlo, che questi argomenti siano portati dalle amministrazioni ed agenzie competenti già oggi, intendo dire con urgenza, all'attenzione di un vasto dibattito cui la città deve sentirsi in dovere di partecipare, perché sono temi delicati, come lo sono quelli che delineano ed incidono sul futuro, sono complessi per la dimensione finanziaria e per l'impatto sociale, sono anche divisivi com'è corretto che possano essere. E non deve spaventare, anzi sollecitarci ed avviarci verso un dibattito ampio ed aperto: se ognuno si chiude nella cerchia dei propri interessi di bottega, se si cala nella propria trincea deciso a vendere cara la vita pur di non cambiare pensiero e posizione, allora non ci sarà dibattito e confronto, con le conseguenze facilmente comprensibili. E la scommessa di territorio avanzato ed industrializzato, in un momento di trasformazione, non può limitarsi alla manutenzione dell'esistente ed a migliorarne l'efficienza, ma deve, attraverso lo scambio di informazioni, di suggestioni, del confronto delle idee, alimentare e saper attrarre i nuovi saperi. Non riuscire a cogliere e a sedimentare le tracce di una propria innovazione creativa, far emergere dannose barriere, porta al rischio della perdita della propria specificità, di diventare un luogo che insegue e rielabora il passato anziché rigenerarlo. Alla fine, non uscire dai cliché e restare nella trappola dei luoghi comuni vuol dire aver rinunciato a confrontarsi con i nuovi.

Questo richiama il momento e la responsabilità delle decisioni che non possono essere demandate ai tecnici, ma vanno affrontate da politici preparati, con documentata esperienza di gestione, con la capacità e il coraggio di saper prendere decisioni non sempre popolari sull'immediato. E nella nostra città ci sono curricula di questo livello! È cosi che il sindaco della città, chiamato a trasformare il consenso raccolto in decisione e sollecitato a tradurre la decisione nella realtà che suggerisce nuova appartenenza, che diventa leader progettuale.

Parma, il territorio di Parma, ha bisogno di muoversi, di una scossa dopo un lungo periodo di attesa in cui ha prima corretto le gravi ferite di colpevoli errori, poi si è specchiato nell'autoreferenzialità del luminoso passato ripercorso durante i due anni che ha visto Parma Capitale della cultura che ci deve aver fatto riflettere e capire che abbiamo utilizzato un passato fatto riemergere.

Ora siamo noi chiamati a rispondere ad una banale, ma impegnativa domanda: che cosa sappiamo aggiungere al patrimonio che abbiamo ereditato? Qual è il lascito che i nostri posteri ci riconosceranno per quanto abbiamo fatto e per il quale ci dovrebbero ringraziare?