Editoriale

Ucraina, prossime ore decisive

Paolo Ferrandi

Come spesso accade quando c’è una guerra in corso – e quella in Ucraina è una vera e propria guerra di invasione non un’«operazione speciale» come Vladimir Putin vorrebbe che fosse chiamata – le informazioni diventano contraddittorie, poco dettagliate, spesso gonfiate dalla propaganda, quando non completamente false.
È quella che gli americani chiamano «fog of war», «nebbia di guerra», una cortina fumogena di mezze verità, notizie distorte e vere e proprie menzogne che rendono difficile farsi un’idea precisa di quello che sta effettivamente succedendo sul campo.
Almeno per i giornalisti e per gli osservatori esterni, perché, naturalmente, almeno le forze che si affrontano dovrebbero avere ben chiara la situazione, anche se non sempre accade, perché le linee di comunicazione sono precarie, le brutte notizie sono difficili da digerire e gli alti comandi preferiscono, a volte, essere presi in giro piuttosto che informati di quanto male stiano andando le cose.

Questa premessa è essenziale per avvertire i lettori che quello che segue è basato sulle informazioni disponibili, quelle che i giornalisti e gli analisti hanno a disposizione, e quindi ha un alto grado di incertezza a partire dai dati che sicuramente sono parziali e forse nemmeno troppo sicuri.

Partiamo da quello che sappiamo. Come prevedibile visto l’enorme spiegamento di forze prima dell’invasione – anche se si pensava improbabile per gli enormi rischi che comporta per la Russia – Putin ha deciso di invadere l’Ucraina da una molteplicità di fronti. L’attacco è partito dalla Bielorussia dove le truppe russe stazionavano da settimane in gran numero, dalle repubbliche separatiste del Donbass, dalla frontiera russa e anche dalla Crimea annessa a Mosca nel 2014. I russi hanno attaccato in primo luogo i centri di comando e controllo del molto più debole esercito ucraino e tentato di mettere a terra l’aviazione di Kiev, i suoi sistemi contraerei e la sua marina in modo da avere, una volta conquistato il dominio aereo, mano libera per potere muovere in velocità le truppe corazzate nelle immense pianure dell’Ucraina. Questa tattica, però, è stata messa in atto in modo molto veloce e molto probabilmente non ha provocato il completo collasso dell’aviazione e della contraerea ucraina. Nel caso della marina, invece, pare che l’obiettivo sia stato raggiunto, ma oggettivamente la marina di Kiev è sempre stata poca cosa. Inoltre, l’esercito ucraino è stato rifornito negli ultimi mesi di missili anticarro e antiaereo individuali che possono essere efficaci nel rallentare l’avanzata delle truppe russe.

Questa fretta assolutamente spericolata dell’esercito russo è dovuta al fatto che il piano di Mosca prevede di piegare in breve tempo la resistenza dell’esercito e della leadership ucraina in modo da dettare la pace da condizioni di forza, da vincitori che gettano sul piatto il peso delle armi vittoriose. Un obiettivo raggiungibile non impelagandosi nella riconquista di quello che resta del Donbass non sotto dominio separatista, ma piuttosto raggiungendo Kiev, che è vicina alla frontiera bielorussa, per decapitare l’élite politica ucraina cercando di imporre la resa all’esercito prima che questo riesca a darsi quel minimo di disciplina che serve per reagire a un’invasione su larga scala.

Ma se l’obiettivo di Putin sembra a un passo dall’essere raggiunto visto che i russi sono alle porte di Kiev, almeno secondo quanto sappiamo, d’altro lato la risposta degli ucraini è stata più forte del previsto e pare stia rallentando l’offensiva lampo russa. Se questo rallentamento diverrà qualcosa di più di un granello di sabbia in un ingranaggio comunque possente i problemi potrebbero diventare pesanti per i russi. Come la storia insegna, infatti, le guerre lampo funzionano finché procedono in avanti di gran carriera e demoliscono il morale degli avversari che alla fine gettano le armi senza quasi sparare un colpo. L’invasione della Francia da parte dei nazisti da questo punto di vista insegna. Ma quando le truppe corazzate perdono forza d’inerzia, la reazione di chi si difende è feroce e le catene logistiche si allungano tanto da diventare un problema tale da non garantire i rifornimenti, magari anche perché oggetto di sabotaggi, l’esercito invasore si trova in una posizione di enorme debolezza. Un po’ come Napoleone nelle pianure russe o i tedeschi sul fronte di Stalingrado.

Se questo ragionamento è corretto i prossimi giorni, e forse le prossime ore, saranno decisive per l’esito del conflitto. Se Putin riuscirà a piegare in fretta la resistenza ucraina avrà vinto. Almeno dal punto di vista militare, perché dal punto di vista diplomatico l’isolamento della Russia è totale. Ma se l’esercito russo sarà costretto a un’estenuante e cruenta battaglia casa per casa per conquistare le città ucraine, allora il finale della storia potrebbe essere diverso da quello che ci aspettiamo.