Il commento
La paura ha fatto irruzione nelle nostre vite
Ci sono immagini che hanno già messo le radici nel nostro cuore. Il padre, chiamato a combattere, che saluta piangendo la sua bambina mettendola su un treno, immagina forse che non sarà un arrivederci, il volto insanguinato della donna ferita durante un attacco aereo, le lunghe code di auto in fuga dalla capitale, i bagliori che squarciano il cielo di Kiev, i sotterranei della metropolitana pieni di gente spaventata che aspetta la fine dei bombardamenti, si abbraccia, piange ma non si dispera, la fuga dolente dei nuovi profughi insieme ai loro gatti e cani portati via dalla imminente distruzione, simbolo di una intimità domestica perduta per sempre.
Sono immagini che in meno di 24 ore hanno spazzato via l'angoscia della pandemia per fare spazio alla paura della guerra e delle sue conseguenze.
Una paura che molti di noi – quelli nati dagli anni '50 in poi – non avevano mai vissuto in prima persona, ma che hanno imparato dai racconti dei nonni, dalla storia studiata a scuola, dalla letteratura, dai libri, dalle canzoni, dalle poesie, dai film. Oggi invece il terrore ha fatto irruzione nelle nostre vite e non è più metafora, ma una cosa concreta che ci prende la bocca dello stomaco e ci riempie di incertezza e di angosce. Non sono i racconti del Partigiano Johnny o del Sergente della Neve su cui riflettere, non è una poesia da fissare nel cuore come Veglia di Ungaretti o una canzone da cantare mille volte come La Guerra di Piero, non è la bambina dal vestitino rosso di Schindler's list. È l'orrore di una guerra vera a pochi passi da casa, che non ci lascia solo spettatori.
Dieci giorni fa Luciano Canfora, storico dell'antichità e professore emerito dell'Università di Bari, in un'intervista a Huffington Post ha spiegato che “le persone normali non si angosciano per la guerra. La storia ci insegna - ha detto - che le persone normali, anche nell'imminenza di un conflitto, sperano che alla fine la guerra non scoppi e continuano a vivere la loro vita quotidiana normalmente. Cosa dovrebbero fare, andare nei rifugi nucleari?” Ecco: la guerra è scoppiata, gli ucraini vivono rifugiati nei sotterranei della metro e noi “persone normali” abbiamo il cuore pieno di angoscia. Sprofondati in un incubo inedito. Perché quello che abbiamo imparato, letto e studiato, tutto quello che la Storia ci ha insegnato, adesso non è più solo una lezione ma una drammatica realtà che ritorna. E che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Inquietudine e sgomento ma anche tanta rabbia.
Rabbia nel vedere che i valori sui quali è stata fondata l'Europa sono stati annientati in una notte, rabbia nell'assistere alla cruenta interruzione di quel lungo cammino della libertà iniziato proprio dalla fine del secondo conflitto mondiale, e difeso da tanti attacchi, tirannidi ed estremismi . E ancora: profonda indignazione perché libertà e pace, i binari su cui ha viaggiato finora la nostra storia, sono messi in pericolo.
«Non possiamo accettare – ha detto il Presidente Sergio Mattarella all'indomani della invasione – che la follia della guerra distrugga quello che i popoli dell'Europa hanno costruito. Non ci si è limitati a risollevarsi dalle guerre fratricide del passato ma è stato fatto un grande sforzo per realizzare un mondo di reciproco rispetto e collaborazione. Un mondo che non intende vedere calpestati i principi della convivenza».
Quali strade abbiamo davanti noi occidentali per dire «no» a questa distruzione di vite e di principi? La corretta informazione, la protesta, la preghiera, la condivisione. Conforta vedere migliaia di piazze in tutto il mondo piene di manifestanti, a partire dalla stessa Russia. Possiamo, dobbiamo unirci anche noi, fare sentire la nostra voce, scegliere ancora una volta da che parte stare, non sottrarci a ciò che ci chiede la Storia mantenendo lo spirito del partigiano Johnny: «Salire su una collina più alta nell'arcangelo regno dei partigiani».