editoriale
Necessario un giurì per la buona informazione
La campagna elettorale è entrata nel vivo con la presentazione delle liste elettorali. Il ruolo dei mezzi di informazione potrebbe ancora una volta rivelarsi decisivo per il risultato finale. Giornali, radio, televisioni e canali web e social rappresentano amplificatori potentissimi dei punti di vista e delle opinioni dei singoli candidati e leader di partito e la loro affidabilità è un prerequisito essenziale affinché la dialettica politica si svolga in un clima di confronto costruttivo, senza rinunciare alle naturali asprezze di una competizione. Il bene del Paese prima di tutto: questo dovrebbe essere lo spirito della battaglia per la conquista dei voti e questo dovrebbe essere l’orizzonte della narrazione giornalistica, chiamata a mettere al centro il diritto dei cittadini-elettori a una corretta informazione.
Si discute molto delle regole della visibilità mediatica degli aspiranti senatori e deputati, che devono ispirarsi al principio della par condicio, vale a dire della parità di accesso ai mezzi di informazione. La propaganda deve dunque svolgersi lungo binari di equità ed equilibrio, per non alterare i meccanismi di formazione del consenso e per assicurare all’opinione pubblica una corretta rappresentazione delle diverse proposte programmatiche sulle quali esprimersi nel segreto dell’urna.
Bene ha fatto l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) a puntualizzare la necessità di assicurare un effettivo pluralismo anche nei confronti televisivi, senza per questo penalizzare la libera manifestazione del pensiero da parte dei singoli attori politici, ma anche senza avallare aprioristicamente polarizzazioni che contrastano con la multiforme e variegata offerta programmatica.
Ma il tema della correttezza dell’informazione e della valorizzazione dei contenuti informativi di qualità non è cruciale solo con riferimento alla cronaca politica. Anche gli altri settori dell’informazione giornalistica sono investiti dalle criticità delle dinamiche di produzione e divulgazione delle notizie. E allora una riflessione di scenario si impone, anche e soprattutto alla luce delle trasformazioni che sta vivendo il giornalismo on-line, impegnato a rendersi riconoscibile nel mare indistinto di messaggi che viaggiano in Rete, disorientano, confondono e contribuiscono a distorcere le ricostruzioni della realtà dei fatti.
Trasparenza è la parola chiave per assicurare che i flussi informativi siano orientati verso la verità. Trasparenza da parte dei giornalisti nel reperimento, nella consultazione e nel confronto delle fonti di informazione, ma anche nella indicazione all’opinione pubblica dei reali interessi in gioco in ogni questione di interesse sociale. Trasparenza da parte dei colossi del web, che con i loro algoritmi influenzano i percorsi di navigazione degli utenti e quindi la somministrazione di contenuti più o meno attendibili e verificati.
Da qualche giorno Google ha attivato l’Helpful Content Update, un aggiornamento al suo motore di ricerca che dovrebbe facilitare la riconoscibilità e reperibilità di contenuti affidabili e certificati. Il messaggio promozionale del gigante di Mountain View è di per sé vago: “un aggiornamento finalizzato a promuovere contenuti creati dalle persone, per le persone”. Che cosa potrebbe voler dire concretamente? E’ presto per dirlo. Di sicuro c’è l’impegno ad affinare i criteri di selezione, evidenziazione e posizionamento dei contenuti, affinchè rispondano sempre più efficacemente alle domande di ricerca degli utenti, preservando veridicità e verificabilità. Che questo possa anche tradursi automaticamente in una valorizzazione del talento e della professionalità dei giornalisti a scapito dell’improvvisazione di avventurieri, dilettanti e sciacalli del web è ancora tutto da dimostrare.
Ecco perché, nel frattempo, è necessario che i decisori politici e gli addetti ai lavori ragionino in termini pratici sulle strategie più efficaci di implementazione della buona informazione, quella corretta, che arricchisce il patrimonio di conoscenze della realtà da parte dei cittadini-utenti e tutela i diritti della personalità.
La frenetica quotidianità dei circuiti informativi azzera i tempi di verifica dei contenuti da veicolare e favorisce la diffusione di notizie non vagliate, non verificate e spesso lesive della dignità, dell’onore e dell’immagine dei protagonisti dei fatti, oltre che del principio di verità sostanziale. La vigilanza delle autorità e gli sforzi di autodisciplina delle categorie di professionisti dell’informazione e della comunicazione producono risultati parzialmente rassicuranti ma con tempi che non si conciliano con la rapidità della pubblicazione e condivisione nel web e sui social di quei contenuti. Occorrerebbe, quindi, un organismo snello, composto da giuristi, giornalisti, studiosi del linguaggio e dei flussi informativi, professionisti di vari settori impegnati nella produzione e distribuzione di contenuti, che possa tempestivamente correggere errori, omissioni, storture nell’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero. Il metodo dovrebbe essere quello dell’individuazione immediata dell’errore, dell’ammissione di colpa da parte del produttore di informazioni, non necessariamente giornalista, e della riparazione in tempi strettissimi del danno cagionato, al fine di ristabilire il dominio della verità dei fatti e di restituire credibilità a quel canale informativo. Oltre dieci anni fa fu presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge per l’istituzione di un Giurì per la correttezza dell’informazione, incaricato di
In termini pratici un organismo che, nell’arco di qualche giorno o settimana, possa facilitare il dialogo costruttivo tra produttori e fruitori di notizie, preservando i diritti dei protagonisti dei fatti narrati, senza attendere le lungaggini dei procedimenti disciplinari a carico degli iscritti all’Ordine dei giornalisti né eventuali sentenze dei tribunali ordinari. Quella proposta è stata ripresentata anche nella legislatura appena conclusa, nel contesto di un più ampio disegno di revisione delle norme sulla stampa e sul funzionamento dell’Ordine dei giornalisti. Siccome, però, non tutte le informazioni pubblicate sui media tradizionali e on-line sono prodotte da giornalisti, occorrerebbe allargare il raggio d’azione di quell’organismo anche ai contenuti prodotti da altri, al fine di raggiungere il nobile e ambizioso obiettivo di ripulire gli spazi informativi da contenuti tossici, inattendibili, dannosi per i diritti dei cittadini, in primis quello ad una informazione corretta e responsabile.