Editoriale

La Meloni non sarà un premier dimezzato

Domenico Cacopardo

«Su una cosa sono stata, sono e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L'Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell'Europa e dell'Alleanza atlantica. Chi non fosse d'accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo», dichiara Giorgia Meloni ieri sera e mette tutti di fronte alle proprie responsabilità. A partire da Silvio Berlusconi, impegnato da martedì - dopo la Canossa del giorno prima - a delegittimare la leader di Fratelli d’Italia puntando le sue carte sulla scelta dei ministri e su Putin, il despota criminale che siede al Cremlino.
La situazione s’è complicata dopo che Berlusconi martedì e ieri ha lanciato due Mirv (missile a testata multipla) rivolti all’interno del suo partito contro coloro che in Forza Italia hanno ostacolato la marcia di Licia Renzulli e contro Giorgia Meloni leader della coalizione.
Certo, ci sono altri fattori nelle esternazioni del cavaliere. In primis l’attenuazione del controllo di se stesso e un tardivo abbandono dell’habitus del tycoon: dopo le sorprendenti dichiarazioni ai giornalisti, s’è recato in gelateria insieme alla moglie-non moglie Marta Fascina lasciandosi, soddisfatto, sbaciucchiare.

Qualcosa di comprensibile in una coppia di ventenni, da compatire in un uomo di 86 anni, dalle gambe
malferme.
La situazione, quindi, oggi risulta complicata e complicata proprio da Silvio Berlusconi nelle vesti di guastatore.
Giorgia Meloni è la fonte di una irritazione che emerge di frequente, troppo di frequente: la pischella da sua ministra della Gioventù non ha mai piegato la testa o ceduto di fronte a lui e dopo, diventata leader di un partitino, lo ha tenacemente condotto alla primazia della destra-centro, riducendo Forza Italia ai minimi termini, meno voti di una Lega fortemente ridimensionata.
Una leader usurpatrice ha spodestato lui, fondatore e storico capo del centro-destra.
Certo, lei s’era dichiarata non ricattabile e lui medesimo ha subito ricordato che il compagno è un suo dipendente e, come tale, possibile vittima di ritorsioni: francamente, un miserabile modo di ragionare che getta una sinistra luce sul suo autore.
L’intenzione è quindi quella di colpire la pischella soprattutto per la sua cautela, per la sua paziente costruzione di una ipotesi di formazione governativa, gestita cercando di tenere tutte le carte in mano. E colpirla, annunciando i nomi di Forza Italia «concordati» con lei, in modo da metterla in imbarazzo e da spingerla verso una perdita della compostezza sin qui dimostrata.
Meloni, però, sembra avere i nervi d’acciaio e quindi non cadrà nella provocazione. Sfregio tra gli sfregi, Berlusconi, dopo avere detto che Maria Elisabetta Alberti Casellati sarà ministra della Giustizia, ha reso noto che di lì a poco avrebbe ricevuto Carlo Nordio, il senatore, ministro della giustizia in pectore di Meloni. Nordio, subito sentito da Enrico Mentana, ha negato di avere chiesto o di avere un appuntamento con il cavaliere, chiudendo il cerchio dell’immaginario berlusconiano.
E, infine, la rivelazione più inquietante. Putin. Crediamogli e consideriamo il fatto per quello che è: un gravissimo sfregio alla Patria, che ha legittimamente assunto una posizione internazionale di condanna del criminale di guerra, condivisa dalla maggioranza di governo di cui faceva parte il medesimo Berlusconi.
Nell’ombra, ritorna d’attualità il suo asse con Salvini che, della situazione, è l’unico a poter trarre profitto.
Come sanno gli italiani che hanno seguito le vicende con patriottismo e passione o semplicemente con attenzione, c’è un discrimine invalicabile per il nostro futuro che Giorgia Meloni ha riconfermato: la coerenza con la politica di alleanze internazionali avviata da Alcide De Gasperi e realizzatasi con l’Alleanza atlantica, con l’Unione europea e con l’unione monetaria, che ha definito l’area delle nazioni di serie A con doveri e benefici speciali cui non potremo rinunciare.
Con la dichiarazione di ieri sera, Giorgia Meloni manifesta la sua capacità di maneggiare questa complessa situazione e dimostra che non è disposta a tutto pur di entrare a Palazzo Chigi. Non è disposta a cedere per non diventare un premier dimezzato dai continui distinguo di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi, esponenti di una politica oggi chiaramente inaccettabile.
Lo confesso, in questo momento va a Giorgia Meloni la mia comprensione e uno specifico apprezzamento per l’approccio inequivocabile con il quale sta affrontando la difficile prova della formazione di un nuovo governo.
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