Editoriale

Le sfide europee per il governo Meloni

Alfredo Alessandrini

Gli appuntamenti in sede europea del nuovo Governo sono fondamentali per gli impatti sulla politica economica e più in generale sull’agenda politica.Fra questi ve ne è uno non adeguatamente messo nel giusto risalto che riguarda la revisione del Patto di stabilità e crescita e quindi della governance economica europea.
Ricordiamo che il Patto di stabilità e crescita, che contiene i famosi controlli sui parametri stabiliti nel Trattato di Maastricht, che proprio in questi giorni ha compiuto 30 anni, che vanno sotto il nome di politiche di austerità, a causa della crisi pandemica è stato sospeso fino alle fine del 2023.
La Commissione europea ha avviato un percorso di revisione con una comunicazione che prevede una revisione delle regole fiscali che sono alla base dei controlli dei parametri di bilancio degli Stati.
Questa comunicazione trae ispirazione dal Recovery plan e dal Next generation Eu nati a seguito della pandemia Covid che hanno modificato a fondo l’impianto dei controlli dei bilanci degli Stati, fino al momento precedente alla crisi pandemica ispirati all’austerity. Viene proposta quindi dalla Commissione una semplificazione dei parametri eliminando quello del rientro dal debito eccessivo rispetto al 60% del Pil di un ventesimo all’anno.

Questo controllo di fatto non è mai stato applicato e il suo superamento per il
nostro Paese è particolarmente importante visto che viaggiamo ad una percentuale, per il 2022, del debito sul Pil del 145%.
Sul deficit annuale viene introdotto un parametro per calcolare la spesa al netto degli interessi sui titoli del debito pubblico rispetto al Pil. Sicuramente questa semplificazione ci aiuta anche se uno sforzo dovrà essere fatto in quanto il nostro deficit sul Pil per il 2022 è previsto al 5,1%, dato ben superiore al limite attuale del 3%.
La parte più importante riguarda la proposta di introdurre regole fiscali per il funzionamento dell’Unione Monetaria non più generalizzate ma su misura per i vari Paesi semplificandole e riducendo le sanzioni per deficit eccessivo per potere essere concretamente e prontamente applicabili.
Devono quindi essere predisposti dei Piani dai singoli Paesi che avrebbero durata minima di quattro anni ma che si possono estendere a sette anni nel caso in cui il Paese avvii progetti di riforma e investimenti che in prospettiva portino ad una progressiva riduzione del debito.

Comunque, se queste linee guida della Comunicazione della Commissione prendessero corpo, visto il livello del deficit stimato superiore ai parametri sopra citati e le prospettive di stagnazione/recessione per il 2023,il nostro Paese avrebbe margini ridottissimi di politica economica.
Sarà fondamentale lavorare sul moltiplicatore del PIL e quindi raggiungere rapidamente gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che pare un poco in ombra in questo momento.
Posto che questo approccio differenziato da Paese a Paese non piace ad esempio a Germania ma anche ad altri Paesi è fondamentale creare le condizioni di relazioni positive con i Paesi dell’Unione Monetaria per far passare questa linea positiva della Commissione a noi particolarmente utile. Le vicende di questi giorni sui migranti con la rottura con la Francia e la presa di distanza della Germania e di Bruxelles non ci aiutano in questo senso.
Prima di chiudere vorremmo ricordare un altro fatto significativo della Commissione Europea di questo ultimo periodo passato colpevolmente sottotraccia. Alludiamo alla proposta della Commissione Europea di creare uno strumento finanziario di sostegno all’Ucraina simile a quello del Ngeu con regolari prestiti di 1,8 miliardi al mese per un totale di 18 miliardi all’anno. La Commissione propone di farsi attribuire la possibilità di attivare questo prestito attraverso l’emissione di un nuovo debito comune.

A questo prestito si oppone, guarda caso, l’Ungheria di Orban.
Questa proposta della Commissione si affianca a quanto già avvenuto con l’emissione di un debito comune europeo per far fronte alle conseguenze della pandemia. Un nuovo ricorso agli Eurobond, in questo caso per finanziare l’Ucraina, è veramente importante perché rafforza la prospettiva di fare ricorso ad un debito comune europeo che ha il vantaggio di avere costi per interessi molto contenuti.
Comprendiamo tutti come per un Paese che ha un debito straordinariamente elevato come il nostro queste evoluzioni positive della governance economica europea debbano essere sostenute attraverso uno sviluppo di relazioni positive con gli altri Paesi, evitando inutili impuntature su temi non strategici per il nostro Paese.