Editoriale
La strada per la pace e il ruolo dell'Europa
Con le illusioni non si salvaguardia l’Occidente, né l’Italia. La prossima settimana, Ursala von der Layen ed Emmanuel Macron si recheranno a Pechino per incontrare Xi Jinping, il presidente cinese che le riforme - da lui stesso proposte e imposte - hanno trasformato in despota a vita, come Mao Tse Tung e diversamente da tutti gli altri presidenti.
Perché?
Non certo per approfondire i termini della cosiddetta proposta di pace cinese che non è altro che un ennesimo strumento propagandistico volto a riaffermare - nei confronti di chi è disponibile all’egemonia cinese - il ruolo del Celeste Impero, ormai tramutatosi in Rosso Impero.
Non c’è un varco, ancorché minimo, nel documento cinese, nemmeno nella riaffermata esigenza di rispettare le sovranità statuali, visto che nel caso di specie per Xi la sovranità ucraina non rileva: rileva solo quella russa.
Dunque, ci sono motivi commerciali nell’incontro tra la rappresentante dell’Unione europea e il presidente francese e la massima autorità cinese. E non si può nemmeno credere nell’assioma di una ventina di anni fa per il quale finché si commercia non si combatte o finché si commercia non possono prevalere le pulsioni autoritarie e belliciste.
Abbiamo qui, vicino a noi, l’esempio della Russia che, dagli scambi con l’Occidente, aveva guadagnato tanto e tanto di più avrebbe potuto ottenere da una maggiore integrazione commerciale e finanziaria. Salvo il fatto che un poliziotto del famigerato Kgb, diventato Fsb, impadronitosi del potere, ha voluto opporsi all’ondata di libertà che attraversava il suo paese, distruggendo ogni opposizione, anche con l’eliminazione fisica dei suoi avversari, e ha voluto interrompere le relazioni con l’Occidente elevando il nuovo Muro dell’immaginaria corruzione morale del medesimo.
Tuttavia - e questo è certo, almeno in questo momento storico - permangono seri interessi nella collaborazione tra i paesi dell’Unione europea e la Cina, in tanti settori merceologici, tra i quali la manifattura riveste una importanza cruciale.
Una esigenza - quella di salvaguardare i livelli, importanti, degli scambi - che non guarda al domani né soprattutto al dopodomani, in relazione al riposizionamento del potere mondiale, in corso e in via di consolidamento, salvo il solo elemento di possibile novità e articolazione costituito dalla crescita indiana, addirittura più impetuosa della cinese.
Gli ultimi 15 mesi ci hanno consegnato un mondo dominato da due potenze egemoni, Usa e Cina, nel quale l’ex potenza globale Russia ha ridotto il suo ruolo a quello di primo satellite del vicino d’Oriente, già storico nemico della stessa, ampiamente e diffusamente odiato dalla popolazione russa. Gli errori politici di Vladimir Putin l’hanno posto nella scomoda posizione di «non vincitore» del confronto militare con l’Ucraina, potenza minore dello scacchiere est-europeo, vitalizzato da un patriottismo altrove dimenticato. Per quante mosse politiche possa compiere, Putin è confinato nei suoi limiti, anche se può ancora recare danni mortali al resto del mondo Cina compresa. E in questi termini va visto il pericoloso colpo di tosse costituito dall’annuncio della dislocazione in Bielorussia (con il fedele dittatore con un popolo infedele, disponibile all’insurrezione) di bombe atomiche tattiche.
L’Europa, potenza commerciale e manifatturiera è un’impotenza politica priva com’è di una sua politica estera, dato che non c’è politica estera senza strumento militare, specialmente di questi tempi nei quali le relazioni internazionali sono tornate ai livelli e alle regole dell’Ottocento.
Dunque e in fin dei conti, von der Layen&Macron cosa vanno a fare a Pechino? A parte il mantenimento delle attuali relazioni economiche, è possibile che Xi dia loro ciò che non ha dato né Putin né a Biden?
Credo proprio di no. I dioscuri dell’Unione potranno portare a casa qualche intesa preliminare in settori produttivi interessanti per le due nazioni, salvo ciò che accadrà tra breve, quando le tensioni Usa-Cina diverrano tali da imporre una scelta precisa: di qua o di là.
Il fattore militare che abbiamo accantonato rimane sul tappeto, più importante che mai. Noi europei privi di autonoma personalità militare mutuiamo la nostra difesa dalla Nato, l’alleanza che ci rassicura sulla disponibilità di armamenti adeguati all’emergenza e sulla sua indiscussa unicità di comando che le ha conferito la speciale pregnanza che altrimenti sarebbe soltanto impotenza.
Poiché l’alternativa tra libertà e schiavitù (e noi occidentali rappresentiamo, per la nostra stessa esistenza un modello inaccettabile per i dispotismi laici e per i dispotismi religiosi, soprattutto islamici) è l’unico gioco in corso. Di esso noi europei non possiamo disporre in quanto diversamente partecipi delle esigenze di difesa comunque assicurate dalla Nato. L’Italia, per esempio, contribuisce in modo del tutto inadeguato, sapendo che in ogni caso l’ombrello difensivo dell’Alleanza è pronto a coprire anche il suo territorio.
Perciò il modo razionale di contribuire alla costruzione di una pace futura, realisticamente, è rimanere nel campo occidentale, contribuire al rafforzamento del suo Patto militare, contando su due fattori sostanziali: il primo è costituito dalla forza di cui disponiamo tutti insieme, anche perché gli Usa - a detta di osservatori indipendenti e specializzati - godono di un quindicennio di vantaggio tecnologico sulla Cina; il secondo è la deterrenza insita nella forza occidentale, unica concreta e realistica assicurazione contro i colpi di testa di Xi e quelli sempre possibili di un Putin alle prese con i propri squilibri personali, politici, militari.
E si parva licet componere magnis (se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi) i conati grillini e leghisti in materia non sono altro che tentativi - inutili, probabilmente pretesi dai russi per passate e presenti compromissioni - di contribuire alla impossibile sconfitta di Zelenskji (e con lui dell’Italia).
Il vecchio si vis pacem para bellum (se vuoi la pace, preparati alla guerra) oggi più che mai è valido ed efficace.
Con le illusioni non si salvaguarda l’Occidente. Né l’Italia.
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