Commento
Il calcio di oggi è giovane
Non volevamo fare effetti speciali, è stata solo una scelta di qualità. L’ad del Parma Cherubini ha spiegato così la decisione di ingaggiare per la panchina crociata lo spagnolo Carlos Cuesta.
In realtà di clamore ne ha fatto, e parecchio, l’arrivo in gialloblù di un tecnico di soli 29 anni, uno che, per capirsi, in Italia non avrebbe nemmeno potuto avere il patentino da allenatore per la serie A. La panchina nel mondo dell’italica pedata non è roba da giovani, tanto meno se si è un under 30. Ma Carlos Cuesta, buon per lui, è spagnolo e là le regole sono meno severe: basta avere 19 anni e puoi accedere al corso federale, sarà poi il campo, come è giusto che sia, a dire se vali o meno. E su questo punto il nuovo allenatore del Parma, nonostante l’età, può già vantare un curriculum decisamente più importante di tanto colleghi, Cristian Chivu compreso. Non si sarà fatto le ossa in B o in C, ma quando all’Arsenal ti affidano il ruolo di «allenatore dello sviluppo individuale», una posizione a stretto contatto con ogni membro della rosa, qualcosa vorrà dire. Uno come lui, che conosce sei lingue, non ha insomma mai avuto problemi a farsi capire anche se nello spogliatoio dei Gunners ci sono ben 18 nazionalità diverse, e tanti sono campioni over 30.
Ma questo, possono dire i critici, non conta nulla quando devi gestire una partita nel campionato più difficile d’Europa. Ci sta, ma a Parma si sono scritte pagine affascinanti, anzi mitiche, con allenatori debuttanti. Il coraggio insomma non ci è mai mancato. Perché adesso si deve avere paura? Perché non provare a tracciare una strada nuova, confidando nell'esperienza, questa sì decennale, di Federico Cherubini? Quando Sogliano prese uno come Sacchi, fresco quarantenne reduce solo da buoni campionati in serie C con il Rimini, le incognite erano le stesse, anzi forse maggiori. Fare paragoni, si sa, non è mai piacevole, ma merita una citazione anche un certo Julian Nagelsmann, 38 anni, tecnico della nazionale tedesca, che ha iniziato la sua carriera a 30 anni nell’Hoffenheim. Solo quattro anni dopo approderà al Bayern Monaco, per poi diventare il ct della Germania. E Mourinho? Dopo una breve e mediocre carriera calcistica, riuscì a prendere il patentino da allenatore a 25 anni solo perché si trasferì dal Portogallo in Scozia dove le regole, come in Spagna, sono meno rigide quando si parla di anagrafe.
Togliamoci insomma dalla testa i numeri 2 e 9, quelli che formano l'età del nuovo mister crociato. Quello che conta è, sue parole, «essere versatili e avere tante soluzioni. Gli avversari ci metteranno in difficoltà, ma noi dovremo essere bravi a trovare le soluzioni giuste. Vogliamo creare una nuova cultura». E un allenatore che ti parla di cultura sotto sotto, forse, ha già qualche capello bianco, ma quelli che sfoggiano i saggi, non gli anziani. Perché alla fine, e dice ancora bene Cuesta, «l'età è solo un numero e non voglio avere questo come alibi o scusa». Sarà così anche per chi dovrà valutare il suo rendimento in società e per chi, tifoso o giornalista, avrà tutto il diritto di commentare liberamente quanto saprà mostrare in campo la sua squadra. Su questo l’allenatore di Marbella non avrà sconti. Come è giusto che sia.