EDITORIALE

L'indipendenza delle banche centrali e l'azzardo morale

Giovanni Fracasso e Giulio Tagliavini

Tra gli argomenti di dibattito emerge con veemenza quello sulla indipendenza della banca centrale. È un tema che ha origini antiche, che affonda le sue radici in pieno Rinascimento, quando in Italia, allora potenza finanziaria dominante, si avvertì la necessità di un «governo della moneta». Milton Friedman negli anni ‘70 del secolo scorso enfatizzò il dogma dell’indipendenza. Nel decennio successivo Kenneth Rogoff sostenne che per attuare politiche monetarie credibili ed efficaci la scelta dovesse ricadere sulla delega ad un banchiere centrale indipendente.
Oggi il punto di vista consolidato sostiene che una banca centrale deve essere indipendente dal Governo: così è adesso in Europa e in Usa e nelle principali economie. Con l’indipendenza si impedisce al Governo di emettere troppo debito pubblico, cosa che risolve problemi di breve periodo ma che crea instabilità e inflazione sul medio e lungo periodo. L’indipendenza è funzionale alla difesa del valore della moneta. Diversi analisti qualificati prevedono che il venir meno di questo principio porterebbe immediatamente alla svalutazione della relativa moneta (rispetto alle altre) e all’innalzamento dei tassi di interesse (rispetto alla situazione precedente) e all’abbassamento dei valori azionari. La ragione è che l’indipendenza è in difesa di un corretto livello di debito pubblico e che la mancanza di indipendenza porta a un livello di rischio più elevato, che in prima battuta concorre ad abbassare il valore degli investimenti e, appena dopo, concorre ad alzare il costo del capitale per tutto coloro che utilizzano capitali.
Ma le leggi dell’analisi economica non sempre sono scolpite nella roccia. E in tutti i casi può venire il dubbio che un certo tema sembri che risponda ad una legge immutabile e scolpita, ma che in realtà non lo sia.
In Europa, la discussione sul tema deriva da una serie di dubbi che possiamo sintetizzare nel seguente modo. Esattamente cosa intendiamo con il termine «indipendenza»? Che la banca centrale non debba seguire le indicazioni del Governo o che la banca centrale e il Governo non debbano seguire le indicazioni una dell’altro? È una indipendenza che va in una direzione o è una indipendenza biunivoca?

Siccome nella storia recente dell’Unione Monetaria Europea esistono alcuni episodi in cui la banca centrale ha dato indicazioni perentorie alle autorità governative (avendo adeguati strumenti di pressione) e che a distanza di tempo le misure proposte/imposte siano risultate poi non opportune oppure eccessive, è evidente che emergano dei dubbi su questo tipo di autonomia. Se una banca centrale è così autonoma da imporre alcune proprie scelte al governo, allora questa autonomia può rappresentare dominanza? E che una autorità indipendente domini sulle istituzioni elette e costituzionalmente previste, risulta certamente eccessivo. Se una istituzione tra banca centrale e governo dovesse prevalere sull’altra, allora effettivamente ci sarebbero validi motivi per preferire che domini una istituzione che non è “sottratta alla competizione elettorale”.

Negli Stati Uniti la discussione avanza, invece, lungo direttrici differenti. Su un evidente profilo giornalistico, osserviamo che il Presidente Trump preme affinché il costo del denaro scenda più rapidamente rispetto a quanto definito dalla banca centrale indipendente. Il fatto che la Fed sia autonoma non vuol dire che il Presidente degli Stati Uniti non possa esortare un certo comportamento. Ciò è avvenuto altre volte in passato (si pensi alla presidenza Nixon). Certo oggi sorprendono i toni usati da Trump. Tuttavia il fatto che una banca centrale sia autonoma non vuol dire che abbia ragione, sempre o quasi sempre. Può essere benissimo che prenda la strada sbagliata, pensando di combattere l’inflazione in un modo che non funziona o che è controproducente. Può essere che un rapido abbassamento dei tassi di interessi possa causare un ulteriore abbassamento del valore del dollaro e ciò sia un obiettivo di grande peso per il Governo degli Stati Uniti.

Su un profilo di riflessione più profonda, il ministro del Tesoro Scott Bessent descrive i motivi per cui l’autonomia della banca centrale finisce per creare problemi di stabilità nel lungo termine. Le misure di politica monetaria non convenzionali hanno finito per creare un eccesso di liquidità per superare i momenti di disequilibrio finanziario. Tutte le volte che le banche o i mercati rischiano il tracollo, vediamo le autorità monetarie chiudere i problemi inondando di liquidità il sistema. Dopo alcuni cicli di crisi, ci ritroviamo un sistema con due grandi difetti: da un lato la massa monetaria diventa essa stessa un elemento di disequilibrio potenziale disallineata con gli obiettivi dell’economia reale; in generale, il forte rifinanziamento degli investitori è all’origine dell’accentuazione del fenomeno della diseguaglianza della ricchezza e dell’aumento dell’appetito al rischio. Oltre che dell’ampliamento della leva finanziaria. Tutelando le banche e i mercati in questo modo, i valori finanziari crescono e di conseguenza cresce il reddito creato in base alla precedente ricchezza finanziaria.

Una autorità monetaria autonoma difende prioritariamente le banche e i mercati, anche raddoppiando il volume dell’attivo di bilancio della banca centrale stessa (che è un fatto straordinario). In alcuni casi ciò coincide con l’interesse generale, ma questo non accade esattamente sempre. Si rischia di creare una pericolosa dipendenza dei mercati dalla politica monetaria, si pensi al ruolo della Bank of Japan: detiene una quota rilevante dei J-Reit, fondi di investimento immobiliare giapponesi quotati, e detiene una quota rilevante degli Etf che investono sulla borsa giapponese.

L’autonomia delle banche centrali ha attenuato alcuni pericoli, ma ne ha accentuato altri. Di fronte a un potenziale ribasso del mercato azionario, tutti si aspettano la messa a disposizione di capitali per sostenere la domanda di investimento e i livelli di prezzo già raggiunti. L’azzardo morale è evidente. Se adesso si mettesse veramente in dubbio il principio di autonomia, vedremmo subito la dinamica pericolosissima di breve periodo. La riflessione sull’indipendenza delle banche centrali, dunque, deve essere affrontata senza sposare dogmi da un lato o dall’altro. Diventa una riflessione necessaria, soprattutto in questo periodo, in cui l’eccessiva espansione dei bilanci delle banche centrali sta generando alcune condizioni per una prossima crisi finanziaria. L’economista Hyman Minsk nel 1982, riflettendo sulla terribile crisi del 1929, si chiedeva “Can It Happen Again?”.