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Parma -

Sabato 06 Settembre 2025


Il caso Davines al Labirinto della Masone

 Il caso Davines al Labirinto della Masone

 Il sociologo Domenico De Masi e il progettista della sede dell'azienda
 Tommaso Del Buono parleranno delle strategie in favore dei dipendenti

Un intreccio inatteso, quello tra il mondo del verde e il lavoro, sarà al centro del prossimo appuntamento della rassegna «I giardini... di luglio», il ciclo di incontri che ogni settimana propone conversazioni con esperti e studiosi.
 Domani sera saranno ospiti del Labirinto di Franco Maria Ricci l’architetto del paesaggio e progettista del Davines Village, l'innovativa sede dell'azienda parmigiana a ridosso dell'Autosole, Tommaso Del Buono e Domenico De Masi, professore emerito di sociologia del lavoro, per un confronto sul tema «L’azienda felice. Il caso Davines» che esplorerà non solo gli aspetti tangibili, legati a sedi innovative e modalità di fare impresa, ma anche le nuove opportunità che possono rendere il mondo dell’impiego più efficiente e più flessibile. 
In vista dell’incontro, De Masi ha anticipato alla Gazzetta di Parma alcune riflessioni sui cambiamenti in corso.
 Cambiano le aziende e cambia anche il concetto di attenzione verso i dipendenti: a che punto siamo arrivati? 
«Agli inizi del Novecento l’interesse era concentrato prevalentemente sul lavoro operaio: le aziende avevano più o meno il 10% di impiegati e il 90% di operai. Con il passare degli anni questo rapporto si è invertito con i posti di lavoro in produzione assorbiti dall’utilizzo di macchine sempre più sofisticate. Anche il concetto di felicità del lavoratore è cambiato: all’inizio del secolo scorso, si sosteneva che per avere personale contento fosse sufficiente pagarlo di più e col tempo alla scuola del management scientifico si è sostituita quella delle human relations che dà importanza alla motivazione per lavorare di più e meglio. La rottura dell’unità di tempo e di spazio della fabbrica ci porta ad una nuova fase: la maggioranza dei dipendenti di un’azienda non ha infatti più bisogno di andare in ufficio perché lo stesso luogo di lavoro è diventato “ubiquo” e agile».
 E così arriviamo allo smart working: una pratica che fino a pochi mesi fa era ancora poco utilizzata ma che, a causa dell’emergenza sanitaria, è diventata quasi la norma.
 «Il primo libro sullo smart working l’ho scritto nel 1993, oggi questa modalità ha salvato la didattica e l’economia. Smart working non significa solo lavorare da casa ma vuol dire lavorare in modo intelligente, sviluppare una modalità di lavoro in cui le persone sono molto più autonome e il rapporto con i capi è più fluido. È una visione organizzativa che permette di avere maggiore produttività e maggiore benessere dei lavoratori. La pandemia ci ha costretti a lavorare in un modo differente, un modo che avremmo potuto adottare gradualmente invece di “correre ai ripari” dovendoci adattare in poco tempo».
 Va sottolineato che per  assistere all’incontro, che inizierà come sempre alle 18, è obbligatoria, allo scopo di garantire il rispetto delle norme sanitarie, la prenotazione all’indirizzo email prenotazioni@francomariaricci.com.

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