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Dal 10 maggio 2019 - 18:00
Al 10 maggio 2019 - 20:00
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ROBERTO LONGONI
Sia benedetta la fame. E beato chi la patisce ma può fingersi un re pasciuto a ogni apertura di sipario: si convincerà d'essere davvero sazio, oltre che ben nutrito d'applausi. Poi, rientrato nella stamberga che offre un tetto alle sue tournée di piccolo cabotaggio, scalderà il padellino su un coperchio del lucido Brill (noblesse oblige), per cuocerci l'uovo della sopravvivenza. Per dolce avrà la speranza, l'attesa del radioso avvenire. Così fu per Mastroianni, che agli esordi si sostenne con la fatica di interi pollai e la forza di un rito prezioso: «A me piace che la chiara sia cotta, anzi, sul bordo deve essere dorata, quasi bruciacchiata, ma il tuorlo non deve essere cotto, appena appena sennò sembrano uova sode». Ricetta semplice e formula segreta di una felicità perduta, basata sulla magia del poco. Per Gassman aveva il sapore delle erbe della Liguria. Per Giustino Durano quello del caffellatte: già, il caffellatte che riempiva la gavetta di chi doveva far gavetta. C'è un legame di complicità tra la fame e la fama, tra gli appetiti dello stomaco e dello spirito. Seguendo il filo rosso che s'insinua tra le tavole del palcoscenico e la tavola del desco (ricco o meno che sia), Bruno Damini ha scritto «L'uovo di Marcello. Fame e fama dalla voce di grandi attori» che sarà presentato oggi alle 18 alla libreria Feltrinelli di via Farini da lui e dal giornalista Antonio Mascolo. Un libro con i ricordi dei 21 maggiori interpreti teatrali e cinematografici del 900: da Albertazzi a Bene, da Gassmann a Villaggio, passando da Paola Borboni e Mariangela Melato. Tutti scomparsi, tutti presenti nel dna della nostra coscienza. Testo multimediale, grazie ai Qr code che permettono di riascoltare i racconti dalla bocca degli stessi protagonisti. Testo di sinestesie, che sovrappone l'occhio di bue dei monologhi a quello dell'uovo in padella. È un po' come ritrovarsi al fianco dell'autore seduti in cucina con i mostri sacri della nostra fabbrica dei sogni. E la cucina, si sa, è luogo di confidenze, d'intimità. Il lasciarsi andare è d'obbligo.
Fu il teatro a portar via Damini, parmigiano di nascita e bolognese d'adozione, artista della parola e dell'immagine (un suo super8 è finito al Moma di New York). Già nelle vesti di addetto stampa creativo dell'Arena del Sole, puntò le luci della ribalta sull'enogastronomia: in largo anticipo su quest'epoca mastercheffata. Una ventina d'anni fa, ai lettori della «Gazzetta» propose una rubrica di incontri gourmet con i grandi attori. Di recente, il colpo di teatro del passato: riemerse da una soffitta, le cassette audio di quei tanti incontri chiedevano di farsi riascoltare. Nove delle interviste di allora, precedute da introduzioni dell'autore, vennero riproposte l’estate scorsa da Pantagruel di Radio3, da «Le tavole del palcoscenico. Racconti d’attore tra fame e fama», una rubrica curata da Laura Palmieri. Ora, a tavola ci sono tutti. Si butti la pasta: il ragù di Luca De Filippo è pronto sul fuoco.
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