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Dal 10 dicembre 2018 - 19:00
Al 10 dicembre 2018 - 22:00
Non è un caso che il sottotitolo de «La parte fredda del fulmine» di Lorenzo Lasagna edito da Epika, sia connesso alla «Indagine sui fatti di Stazione Kelvin» (2015), il racconto che inaugurava l'esplorazione del mondo misterioso e inquieto di questo territorio metafisico.
Lasagna ne è rimasto affascinato e Kelvin è diventato un punto di riferimento dello scrittore parmigiano. Kelvin come storia, dunque, Kelvin come universo sconosciuto, Kelvin infine come altro da sé. In questa alterità che sprofonda per mezzo della narrativa in una specie di infinito senza confini (e senza prove di umane relazioni) Lasagna capta gli elementi che già in «Stazione Kelvin» determinavano lo stupore e le sorprese di un mondo lontano.
Quel mondo che Camillo Bacchini nella postfazione del nuovo volume sottolinea quando scrive che «la concezione fantascientifica di Lasagna vista nel suo insieme, è complessa e articolata e ha a che fare con gran parte della produzione della letteratura di fantascienza, certo, ma anche con il cinema e le sue innovazioni inventive», proprio quelle, possiamo aggiungere, che al fantastico sommano il ritmo del mistero sentito come una realtà da conoscere oltre il limite dei sensi e delle percezioni naturali. Dall'equipaggio dell'Iperione che s'immerge con il proprio apparecchio nell'immensità dello spazio, viene tuttavia un messaggio dentro il quale «La parte fredda del fulmine - che verrà presentato al Museo d'Arte cinese di Parma di viale S. Martino lunedì 10 dicembre alle 19 - è solo un suggerimento, forse anche uno smarrimento utili per comprendere come l'autore si ponga sulla pista del suo Lovecraft e del suo Poe (adeguatamente riletto), di Wells a Orwell. Ma i richiami finiscono qui. Ci pare infatti che a Lasagna importi soprattutto affrontare l'horror e il fantastico quali modi di vivere, di soffrire, di comandare e di comportarsi senza dimenticare mai la terra, cioè chi siamo e perché siamo così mentre le piste false della vita o della natura considerate nelle loro accezioni più vaste e in gran parte ignote ci assediano. Da questo punto di vista «Istruttoria» è un meraviglioso documento narrativo, una storia che ha dalla sua non solo il patrimonio immaginativo di «Stazione Kelvin» ma il luogo ideale radicato in quella Residenza Salzberg dentro la quale la spedizione, cioè l'essere vivente, si confonde e si perde nel ritmo di un misterioso kafkismo alla fine più ariostesco che devoto o debitore a Poe. Non ci sentiamo quindi sicuri in nessuna di queste pagine sospese tra cielo e terra, tra il possibile e l'incerto, tra la percezione del futuro e il suo annullamento in attesa di una qualcosa che non giunge (i Tartari?) o che noi non vogliamo che giunga mentre il cielo sopra di noi tace.
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