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Dal 18 gennaio 2014 - 21:00
Al 18 gennaio 2014 - 23:46
Gigi Dall'Aglio, parmigiano, 70 anni compiuti, è uno dei registi di spicco del panorama teatrale italiano, oltre che uno dei fondatori del Collettivo di Parma divenuto poi Teatro Stabile. Gli capita spesso di guidare attori come Elisabetta Pozzi, Giulio Scarpati, Corrado Pani, Chiara Muti. Ma soprattutto a Parma, da più di 30 anni, officia un rito che tiene viva la memoria dell’Olocausto dirigendo uno spettacolo di Fondazione Teatro Due, fra i più longevi delle scene italiane, che continua a emozionare il pubblico.
E' «L’Istruttoria» dal testo di Peter Weiss, messo in scena da Dall’Aglio nel 1984 e da allora ripreso ogni anno con lo stesso cast, le musiche originali di Alessandro Nidi eseguite in scena da Davide Carmarino e le luci di Claudio Coloretti.
Lo spettacolo, che nel 2013 ha ricevuto la benemerenza civica di Sant'Ilario per gli alti valori intrinseci, torna a Teatro Due domani alle 21 e domenica alle 16 (poi varie repliche fino al 31 gennaio. Info: 0521.230242) inserito nel programma di gennaio dedicato alla «memoria» che si completa con la trilogia di Horvàth, di cui in questi giorni è in scena «Gioventù senza Dio» per la regia di Walter Le Moli.
Atto di denuncia contro i criminali nazisti, scritta da Peter Weiss dopo aver assistito allo storico processo che si svolse a Francoforte (1963-1965) contro un gruppo di SS e di funzionari del lager di Auschwitz, «L’Istruttoria» è più di uno spettacolo, è «una questione di principio, un necessario manifesto della memoria, un momento in cui si sente, in modo molto concreto, il significato del teatro e la presenza fisica dell’attore recupera una ritualità sciamanica» spiega benissimo Gigi Dall'Aglio.
Un'esperienza ripetuta in scena 950 volte, vista da 150.000 persone in 30 anni: «Sicuramente ciò che è cambiato di più è il pubblico - riflette il regista - Questo spettacolo, proprio per la forza del tema trattato, è un ottimo osservatorio per leggere dall'interno le trasformazioni di quella porzione di società che si affaccia di volta in volta come pubblico. L’Istruttoria parla di fatti avvenuti a metà Novecento e ho l’impressione che i giovani spettatori siano tentati di pensare a questi fatti come a cose irripetibili e che il loro interesse sia prevalentemente culturale, ma noi ci siamo preoccupati anche della componente emotiva. Questo testo possiede la forza perturbante di andare a toccare, non non solo la nostra pietà, ma la nostra debolezza verso la morbosità del male».
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