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Giovedì 23 Ottobre 2025


Luigi Nono vertigine di note e versi

Luigi Nono vertigine di note e versi
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Tanti significati si possono cogliere dall’appuntamento al Teatro Farnese il 5 ottobre alle 20,30 proposto da «Traiettorie» dedicato a Luigi Nono: un omaggio che nel ricordare la ricorrenza dei novant’anni dalla nascita del compositore veneziano, scomparso nel 1990, intende rinnovare il debito per il determinante contributo fondativo offerto all’intrapresa coraggiosa di Martino Traversa da cui ha preso vita la «Fondazione Prometeo», matrice a sua volta della stessa rassegna internazionale di musica moderna e contemporanea. Ma, più ampiamente, è l’occasione per ricomporre in una prospettiva distanziata quel percorso compiuto da Nono che negli anni Ottanta pareva essere stato scosso da un forte stacco, in contrasto con l’immagine ben più esternata del «compositore impegnato», gramscianamente «organico», destando disagio e dissenso anche da parte di molti compagni di strada sorpresi da quel «voltafaccia». Che Nono smentiva decisamente, affermando trattarsi di «un ripensamento critico del mio passato di compositore (che naturalmente non ripudio) e soprattutto di quel passato che è stato spesso superficialmente codificato, schematizzato sia in senso positivo che in senso negativo». La distanza temporale, appunto, ci consente oggi di intravedere una linea di coerenza, riconducibile a quella «coscienza storica nella musica d’oggi» che Nono rivendicava negli anni di Darmstadt, rifiutando l’integralismo tecnologico e azzerante dei nuovi linguaggi per ribadire una volontà «espressiva», non disgiunta dalle sollecitazioni della realtà quotidiana, della stessa politica. Sollecitazioni che agli inizi degli anni Ottanta sembrano decantarsi nel senso di una nuova interiorità che il compositore va ricercando tra le fibre degli stessi elementi del linguaggio: il suono soprattutto, nel modo di rapportarsi con lo spazio, nella sua mobilità; un diverso approccio a quell’ascolto che ritiene «usurato», e per il quale occorre trovare una nuova «fede» che ci guidi ad «ascoltare il silenzio» e scoprire attraverso questa istigante indagine sotterranea una vera drammaturgia. Conquiste che muovevano da lontano, dall’esplorazione entro la parola scaturita dallo studio della tradizione corale veneziana del seicento, culminata in quel toccante capolavoro che è «Il canto sospeso», fino all’impiego, nel notevolissimo «Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz», del mezzo elettronico che fu per Nono approdo tardivo, frenato da una posizione conflittuale sul piano ideologico nei confronti della «tecnica»; per arrivare all’ultimo periodo in cui il compositore riduce al minimo l’istanza costruttiva per liberare nuovi varchi immaginativi entro la complessa realtà del suono. E’ il Nono della maturità che si spinge verso un’interrogazione via via più tesa e filtrata del suono, dove anche l’impiego del «live electronic» trascende la pura sperimentazione perché volto a svelare un senso più intimo, fino a riassorbire la stessa evidenza teatrale, un tempo forza pregnante di quella irruenta creatività sfociata in «Intolleranza» e «Al gran sole carico d’amore», ora ripiegatasi su se stessa come «tragedia dell’ascolto», così intesa dal compositore per il tormentato «Prometeo», frutto della stretta collaborazione con Massimo Cacciari. Un’amicizia quella col filosofo veneziano che ha trovato un suggello significativo nell’opera proposta ora da «Traiettorie», «Risonanze erranti. Liederkreis a Massimo Cacciari», non tra le più conosciute tuttavia snodo importante della ricerca che il musicista veneziano andava compiendo negli ultimi anni: presentata a Colonia nel marzo del 1986, verrà ripresa nell’estate di quello stesso anno a Torino, quindi in versione definitiva l’anno seguente al «Festival d’Automne» a Parigi, ogni esecuzione – lo stesso autore come regista del suono – recante nuove soluzioni, suggerite dalla stessa condizione spaziale, che, sulla scorta dell’imprescindibile lezione di Varèse sul modo di concepire la dinamica interna del suono in rapporto ad uno spazio geometrico, costituiva per Nono un misterioso stimolo inventivo; non meno di quello offerto dai testi poetici con cui rapportarsi, mai in senso descrittivo ma attraverso quella più segreta metabolizzazione che già aveva intuito Schoenberg nel famoso saggio apparso sull’almanacco «Der blaue Reiter» sentendo il testo già tutto compreso dalla musica. E’ quanto avviene in «Risonanze erranti» nel cui tessuto si intrecciano i versi, suggeriti da Cacciari, tratti dalle «Poesie di guerra e di mare» di Melville con quelli da «Keine Delikatessen» di Ingeborg Bachmann («sento ancora la sua voce disperata dell’ultimo frammento della sua vita» annota Nono in un foglio di lavoro), tematiche del viaggio e della desolazione che si intridono entro la mobilità di un tessuto sonoro che gli spazi del Farnese – come quelli della prediletta Basilica di San Marco certamente rispondenti alle nuove esigenze poetiche di Nono – andranno rivelando nelle più imperscrutabili declinazioni.

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