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Dal 02 luglio 2015 - 20:30
Al 02 luglio 2015 - 22:00
Siamo davvero uno strano Paese se tocca a un attore di usare la sua voce per diffondere le notizie o i segreti che stanno, o dovrebbero stare, dentro le carte giudiziarie». Giulio Cavalli, il teatro e la scrittura nel dna, con una recente stagione di impegno in prima persona nella politica, al Festival della Parola trova un luogo ideale per la testimonianza civile che da anni lo porta sui palcoscenici, nelle scuole, nelle piazze. Stasera sarà a Parma al Workout Pasubio per suggellare con il suo monologo Nomi, cognomi e infami una serata ad alta tensione emotiva dedicata, appunto, al tema Mafie: dare i numeri, fare i nomi. Preceduto dalle 20.30 dai due reporter siciliani Nino Amadore e Giacomo Di Girolamo, autori di inchieste e libri che hanno lasciato il segno, e dalla commovente intervista di Monica Zornetta a Luciana Di Mauro, il cui marito fu vittima innocente della camorra, Cavalli accompagnerà il pubblico con un canovaccio che attinge alla cronaca e costantemente lui aggiorna.
«Nomi, cognomi e infami nasce nel 2006 come una forma di legittima difesa: ero finito sotto scorta per le minacce seguite al mio impegno al fianco di Rosario Crocetta, allora sindaco di Gela, contro le famiglie della Stidda. Il mio scopo è frantumare la credibilità stessa della mafia, svelare il lato grottesco e perfino patetico dei boss e di quella mano grigia che li sostiene e vi è legato. Il mio tentativo è di scuotere le coscienze, di mettere in circolo la curiosità dei cittadini. Sono loro, siamo ognuno di noi a doverci saper accorgere per esempio dei casi di riciclaggio dei capitali mafiosi che si manifestano sotto i nostri occhi: un nuovo ristorante sempre vuoto, un cambio di insegna e di gestione nei negozi. C’è bisogno secondo me di allarmismo etico», spiega Cavalli.
Le reazioni degli spettatori non sono le stesse al Sud o al Nord: «Al Sud fa più effetto la parte comica, quasi giullaresca dello spettacolo. Al Nord mi capita sovente che qualcuno venga dietro il palco a dirmi: lei mi ha aiutato a capire che certi strani episodi facevano parte di una mentalità e di una oppressione di stampo mafioso». Non sono più i tempi in cui un sindaco di Milano, Letizia Moratti per fare il nome, commentò le performance di Cavalli dicendo stizzita che non le spettava di replicare pure alle parole di un attore. «Purtroppo i processi hanno dimostrato che i boss che minacciavano me avevano gli stessi cognomi delle famiglie mafiose insediatesi al Nord, sotto traccia, già da decenni». Schivando i rischi del sensazionalismo, attento a non farsi risucchiare da una maschera teatrale che ha la forza di una missione civile, Cavalli sta dando gli ultimi ritocchi al suo nuovo libro, il romanzo Mio padre in una scatola da scarpe, di prossima uscita. Ma anche Nomi, cognomi e infami è in fase di stampa: uscirà in allegato con il Sole 24 Ore. Appuntamento a stasera, via Catania traversa via Palermo, ingresso gratuito.
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