Dal 20 sab settembre 18:00
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Dal 27 giugno 2015 - 16:30
Al 27 giugno 2015 - 20:00
Magia e mistero. Le statue stele accarezzate dalla luce emergono nella penombra di enigmi millenari tra le ruvide pareti secolari del castello del Piagnaro, rassicurante baluardo dell’antica Pontremoli, dal ‘75 usato parzialmente come museo. Dopo anni di lavoro che hanno impegnato più amministrazioni il castello ha brillantemente recuperato tutti gli spazi, le potenzialità e ha dato una straordinaria, affascinante suggestiva visibilità al suo prezioso patrimonio, quello delle statue stele che legano culturalmente il territorio della Lunigiana in una continuità storica, grazie al suggestivo progetto dell’architetto Guido Canali, che ha creato un percorso in cui le accattivanti agili spiegazioni storiche legano gli emozionanti incontri con questi silenziosi antenati, con questi vigili protettori di pietra che si ripresenteranno ufficialmente al pubblico sabato alle 16,30. E’ passato più di un secolo da quando Ubaldo Mazzini, direttore del Museo civico di La Spezia, venne chiamato a Pontevecchio di Fivizzano dove erano state trovate ben nove statue ancora in posizione eretta come erano state collocate circa cinquemila anni fa, nell’età del rame. Una scoperta eccezionale in quanto l’unica statua simile era stata rinvenuta nel 1827. Dal momento della nuova scoperta la ricerca di pietre lavorate con immagini si faceva più attenta e fino ad oggi ne sono state rinvenute 82: l’ultima testa nel 2012 a Monti di Licciana. «La distribuzione nel territorio - spiega l’archeologo Angelo Ghiretti dal 2010 direttore del Museo delle statue stele lunigianesi e che ha seguito con competente attenzione i lavori – suggerisce che gli allineamenti di stele fossero collocati lungo gli itinerari, all’incrocio di percorrenze naturali, di spazi vocati alla sosta o al raduno nei quali probabilmente venivano celebrati riti appartenenti alla comunità».Il loro significato è ancora ignoto. Le statue femminili sono caratterizzate dai seni e talvolta da collane, quelle maschili dal pugnale con impugnatura a mezzaluna e talvolta da un’ascia; due stele più piccole asessuate sono riferibili a bambini. Le lastre d’arenaria sono state scolpite a colpi di bocciarda, un duro ciottolo di quarzo. Nell’età del rame (terzo millennio a. C.) si sono evidenziate due tipologie bidimensionali: nel «Gruppo A» la testa è unita al tronco e il volto segnato da una U che indica occhi e naso; nel «Gruppo B» la testa è fatta a mezzaluna ed è staccata dal corpo. Nell’età del ferro (primo millennio) le stele diventano tridimensionali e a volte recano iscrizioni in caratteri etruschi. Manfredo Giuliani è stato uno dei primi studiosi delle statue e ne ha indicato la matrice celtica, oggi parzialmente confermata: le stele antropomorfiche, infatti, sono diffuse in varie zone d’Europa e anche in Italia tra Alpi e Appennini. Ubaldo e Romolo Formentini, Giovanni Martini hanno approfondito studi e ricerche e in particolare Augusto Cesare Ambrosi ha contribuito alla conoscenza delle stele promuovendo anche la realizzazione nel 1975 del museo col sostegno del soprintendente della Toscano Guglielmo Maetzke così da tenere unito questo straordinario patrimonio.Nel 2007 la Regione Toscana ha accolto la proposta di Tiziano Mannoni e dell’assessore pontremolese alla cultura Caterina Repetti di dare una nuova sistemazione all’allestimento museale e il progetto è stato affidato allo studio Canali di Parma, rafforzando così idealmente il legame che unisce Parma a Pontremoli (che per un decennio nell’800 ha fatto parte del ducato) e che anche qui vede impegnati altri parmigiani: il direttore Ghiretti, Paolo Pessini che ha realizzato i video raccontati da Giuseppe Dall’Aglio. Guido Canali - che ha ricevuto un prestigioso premio alla carriera come «uno dei principali protagonisti della cultura architettonica italiana degli ultimi cinquant’anni» - ha predisposto un progetto che trasforma la cultura in spettacolo, in divertimento anche per i non competenti in quanto ha saputo valorizzare gli ambienti del castello, facendo entrare i visitatori in un ambiente particolarmente evocativo: una stretta manica medievale che immerge subito nel passato da cui affiora la stele di Casola inquietante nella sua solida compattezza; al suo confronto brillano di aggraziata femminilità le due teste a mezzaluna «Vanelia III» con un collare decrescente e «Vanelia IV» con due piccole coppelle in posizione delle orecchie: questa è l’ultima uscita dalla terra mentre un contadino stava arando. In fondo a uno stretto corridoio si erge splendidamente integro nella scandita geometria di forme ben calibrate il «guerriero» di Taponecco: appartiene all’epoca neolitica (3400 - 2000 a. C.). Ripercorrendo la traccia di un’antica scala riscoperta si sale al piano superiore dove incantano le sette statue ritrovate a Groppoli nel 2000, vicino alla confluenza tra il torrente Geriola e il Magra, sepolte in una grande fossa: un mistero nel mistero. Cosa significano queste figure, cinque femminili dal seno pronunciato e due maschili? Perché sono state sotterrate? L’ultimo indimenticabile incontro è con Vemetuvis: è il più giovane, risale all’età del ferro (VII – VI a. C.)e ha anche il nome inciso in caratteri etruschi. E’ un eroe ligure celtico scolpito a tutto tondo col mento appuntito, le spalle larghe e impugna un’ascia con lama quadrata.Sugli spalti del castello da cui si domina la verdeggiante vallata il futuro si apre alla speranza di avere sempre più visitatori. Il sindaco Lucia Baracchini – che tanto si è prodigata per il nuovo museo insieme al consigliere Jacopo Ferri - ne è certa: «Questo percorso interpreta brillantemente il mondo delle statue, aiuta a capire il passato. Il popolo di pietra fa vivere il castello». E guardando avanti si prospetta di utilizzare gli spazi per varie iniziativenon solo di carattere culturale, soprattutto quando sarà realizzato l’ascensore che eviterà la fatica della salita.
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