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Dal 21 gennaio 2016 - 21:00
Al 21 gennaio 2016 - 23:30
Questa sera alle 21, al Palacongressi di Salso, si terrà l’incontro «Il cibo condiviso» in occasione della pubblicazione del libro di Giorgio Paolucci, giornalista e scrittore, «Se offrirai il tuo pane all’affamato».
All’incontro parteciperanno, oltre all’autore, l'imprenditore Paolo Barilla, presidente di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) e vicepresidente di Barilla spa, e Giovanni De Santis, presidente di Banco Alimentare Emilia Romagna. Il libro parte dal discorso pronunciato il 3 ottobre 2015 da Papa Francesco in occasione dell’udienza alla rete di carità del Banco Alimentare, presenti 7 mila volontari, assistiti e imprenditori provenienti da tutta Italia.
Di qui Giorgio Paolucci inizia un viaggio-inchiesta lungo il percorso del cibo «ritrovato» e condiviso, con una galleria di volti e storie segnati dall’esperienza della carità: un mondo dove la dimensione della gratuità e la condivisione di un bisogno elementare si sposano con la lotta agli sprechi.
Abbiamo rivolto qualche domanda all’autore sui temi trattati dal libro.
Quest’anno si celebra il Giubileo della Misericordia, un tema che certamente sta alla base del tuo libro: come descriveresti la Misericordia di cui scrivi, che vede il dono disinteressato, anonimo, nel significato evangelico della Carità vera, quella che non “fa pubblicità”?
Quando si fa esperienza della misericordia si percepisce che l’uomo non è definito dal suo errore, dal suo limite, e che si può sempre ricominciare. Perché Dio, come dice Papa Francesco, ci “primerea”, ci precede, ci aspetta con il suo abbraccio. E perché nel cuore di ogni uomo c’è un desiderio di bene, e il bene è un virus contagioso, si comunica. Con i gesti e le parole.
Papa Francesco durante l’udienza al Banco Alimentare aveva invitato a “riconoscere l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto. Lo stesso appello che ha rivolto alla Diocesi il vescovo di Fidenza, monsignor Carlo Mazza: guardarci attorno, aprire le porte a chi non ha neppure la forza di bussare. Al tempo di oggi pensi sia possibile una simile, totale forma di solidarietà con il prossimo?
È possibile perché l’ho vista accadere in tanti episodi. Mai dire mai: il bene trova sentieri impensabili per comunicarsi. E succedono cose incredibili. Come in occasione della Colletta nazionale promossa dal Banco Alimentare francese pochi giorni dopo gli attentati di Parigi: la polizia sconsigliava la partecipazione per motivi di sicurezza, il clima era pesante, eppure c’è stato un boom di volontari. Il Papa nell’udienza del 3 ottobre ha denunciato lo scandalo, il peccato della fame, ma ha anche indicato un metodo: la cultura dell’incontro e della condivisione, per contrastare la cultura dello scarto e dell’indifferenza. L’Italia è ricca di esempi in questo senso, radicati nella nostra tradizione solidale. L’informazione dovrebbe essere più sensibile a questi fiori che nascono nel deserto, troppo spesso lasciato in ombra dai circuiti mediatici.
La realtà del Banco Alimentare riesce sempre a sorprendere. È la rete di carità, del Banco che sorprende o è il sentimento di misericordia verso chi è in difficoltà, a sorprendere.
Una rete di carità nasce da tante singole persone, da tanti “io” che sono colpiti da quello che incontrano e poi si mettono in azione, e poi si mettono in collegamento tra loro. L’esempio del Banco è significativo: aziende donatrici (più di 1000), enti caritativi beneficiari (8000), volontari (1800, che nel giorno della Colletta nazionale diventano 140.000), fino a raggiungere ogni giorno un milione e mezzo di poveri. Un lavoro quotidiano, silenzioso, che migliora la vita delle persone e dà linfa nuova alla società. Sono i miracoli della carità. Ma alla carità ci si educa: chi dona riceve, perché scopre che in fondo siamo tutti bisognosi. Un frate incontrato alla mensa per i poveri del suo convento diceva: chi ha fame non cerca solo da mangiare...ha fame di un significato per la vita. E questa fame l’abbiamo tutti.
Il tuo libro è un viaggio-inchiesta fra i volti e le storie di queste persone. Oltre il messaggio della condivisione, della misericordia e dell’aiuto reciproco, mi pare di leggervi una grande, indomita speranza nell’uomo. È così?
L’uomo è pieno di limiti e insieme è capace di grandi cose. Ogni persona ha in sé l’aspirazione all’infinito e all’incontro con il proprio simile. Ci sono esperienze che favoriscono l’espressione di questa tensione positiva e aiutano a tenere desta la speranza o a farla rinascere in chi l’ha perduta, e il Banco è una di queste. Per questo è importante che anche lo Stato e la politica riconoscano e favoriscano l’azione di queste realtà, secondo la logica della sussidiarietà.
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