IL PERSONAGGIO

Se è «Pop» è Oldani

Sandro Piovani

La testimonianza dello chef agli studenti di Alma

Partiamo dalla fine: l'applauso degli studenti di Alma (la scuola internazionale della cucina Italiana di Colorno) è prolungato e sincero. Ed è tutto per Davide Oldani (chef e patron del D'O di Cornaredo) che ha portato il suo locale da trattoria di qualità a ristorante con due stelle Michelin e una stella Verde (per la cucina sostenibile). E che ha spiegato ai futuri chef italiani e non solo la sua idea di ristorazione «Pop», attraverso il racconto del suo cammino, l'esposizione delle sue idee, anche nell'utilizzo degli utensili (Oldani da tempo progetta e realizza le posate e gli accessori del suo ristorante), dell'importanza di comunicare il proprio lavoro ed ha risposto alle domande del direttore generale di Alma Andrea Sinigaglia e degli studenti stessi. In un legame con Alma datato, grazie alla vicinanza con Gualtiero Marchesi, chef che ha tracciato un solco fondamentale per la ristorazione italiana, per anni anche direttore di Alma. E la lezione, forse meglio chiamarla testimonianza, è iniziata proprio con la realizzazione di un piatto, «Insieme», dedicato proprio a Gualtiero Marchesi. Che Davide Oldani, ancora oggi, chiama con sincera gratitudine «il signor Marchesi».

«Sono molto felice di essere qui ad Alma - spiega subito Oldani -, con quel velo di emozioni legate al passato, nel ricordo del Maestro, il mio secondo padre, il signor Marchesi. Al quale ho dedicato un piatto prendendo spunto dal suo “Insieme”. Pensa come era avanti. Anni fa fece questo piatto, un velo di riso con sopra i maccheroni alla amatriciana, prendendo in giro la cucina milanese degli anni '80 quando andavano di moda i bis, pasta e riso. E lo fece con questo modo ironico di fare cucina elegante, delicata. Pensa come era avanti: oggi un piatto del genere contiene sostenibilità, inclusività, tu chiami un piatto “Insieme” vuol dire che hai capito tutto della vita. Lui è stato un precursore, anche un provocatore ma in modo corretto, intelligente, per smuovere le cose».

Il tuo “Insieme” com'è?

«Abbiamo ripreso un piatto iconico del signor Marchesi, il raviolo aperto. E anziché mettere la pasta verde sotto, c'è un risotto mantecato agli spinaci insieme alla foglia del raviolo che appunto è iconico. E mi sono sentito di portarlo qui ad Alma per rendere omaggio a lui, perché mi portò qui dall'inizio, quando aprì. E poi perché mi sembra giusto ogni tanto parlarne. Perché il signor Marchesi ha dato tanto, ci sono tante persone che con lui sono cresciute, io per primo. Un senso del bello. Oggi è una giornata piena di leggerezza. Bella».

Hai spiegato anche l'importanza degli accessori, delle posate. L'idea di poter bere il brodo, come si faceva una volta...

«Una volta non era mica stupidi. Facevano le cose sensate. Mangiare un anolino secondo me sarebbe più comodo con queste posate (una sorta di cucchiaio bucato ndr) e poi bere il brodo. Avendo la tazza, il cucchiaio giusto, ti godi l'anolino e poi bevi il tuo brodo. Sono questioni comportamentali. Io progetto queste cose pensando ai clienti del D'O, poi se le grandi aziende le vogliono replicare, significa che abbiamo fatto davvero qualcosa di buono. Io voglio dare comodità alle persone».

Del resto l'accoglienza è uno dei tratti fondamentali della ristorazione, a qualsiasi livello. Sei d'accordo?

«Certo. L'Italia è sempre stata riconosciuta per l'accoglienza. Nei grandi ristoranti esteri già trenta quaranta anni fa i direttori erano italiani. L'italianità nell'accoglienza c'è sempre stata: quello che vogliamo tutti è avere quel calore della casa insieme alla professionalità del grande ristorante. E secondo me, in Italia, ce l'abbiamo. E anche nei ristoranti stellati trovo questo calore, mi sembra che stia aumentando rispetto a prima. Bisogna far sorridere le persone: ci stiamo arrivando».

In cucina invece sembra esserci un ritorno alla semplicità, alla riconoscibilità dei piatti.

«Riconoscibilità dei piatti assolutamente. Pensa alla nostra cipolla caramellata: dalla prima fatta a quella che proponiamo ora, abbiamo fatto un passaggio e abbiamo considerato che questa adesso è meglio, mentre l'altra era meglio prima. Mi spiego: devi rendere omaggio all'ospite che arriva, facendo vedere il tuo modo di fare cucina. Il lavoro che fa il team è importante che il cliente lo veda. Non è più il momento di fare quel piatto per la vita. Lo fai, non lo cambi ma lo evolvi. In un ristorante contano gli ospiti come i ragazzi che lavorano. Se i ragazzi stanno bene, l'ospite sta meglio dieci volte tanto».