Tipologia
Locanda Ca’ Mari nel verde di Berceto
Cucina
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Qualità / Prezzo
Il ristorante
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Chiusura
La trattoria del ricordo e della nostalgia, qui sull’Ongina a ridosso del Po. Da Busseto si prende per Cremona e a Vidalenzo si prosegue seguendo le indicazioni finché non si arriva alla casa gialla dall’insegna scritta sul muro, l’altare azzurro con una Madonna, le persiane bisognose di cura.
Un giardinetto dai tavoli in cemento, vasi di oleandro: si entra nella casa, che nel tempo è diventata punto di ristoro, dove Giuseppe Verdi pagava i braccianti che lavoravano le sue terre. Di qui è passata la troupe di «Novecento» ed ecco le foto di Bertolucci, De Niro, Sanda, Depardieu; ecco le testimonianze di Giorgio Bocca e Edoardo Raspelli che ne hanno scritto affascinati. I locali non sono cambiati: il bancone del caffè, qualche tavolo per un bicchiere di vino e due chiacchiere, la cucina che si intravede dietro, le sale da pranzo.
Vecchi arredi anni ‘50, tende e lampadari d’un tempo, legno perlinato a metà parete, intonaco rustico, tavoli apparecchiati con tovaglie di stoffa e copri macchia di carta, le vecchie, preziose stoviglie Ginori col nome della trattoria e la figurina di un pescatore all’opera quasi a indicare la specialità del posto. Servizio alla buona, senza fronzoli, con la rustica gentilezza della signora che consiglia e racconta piatti e vini, perché tutto è alla voce (appeso a una parete c’è, pur non aggiornato, un antico listino prezzi). La scelta dei vini è tra «bianco o rosso»: per noi il gentile lambrusco della casa, imbottigliato dalle Cantine Bergamaschi di Samboseto.
La cucina, i piatti
La specialità qui è il pesce fritto, poi piatti di cucina tradizionale della Bassa che hanno perso lo smalto di un tempo e ora sembrano vittime di una stanca routine. Torno dopo cinque anni dall’ultima visita e le proposte non sono cambiate: si comincia coi salumi e la bianca micca di pane comune, perfetta per accompagnarli. Il culatello, un tempo vanto della casa, è giovane nella sua piccola fetta mal rifilata, con profumo e sapore anonimo; buona invece la pancetta, dolce e rosata e in equilibrio tra parte grassa e magra; il salame di media stagionatura lascia in bocca un leggero pizzicore attutito da un ricciolo di burro. Anolini in brodo come usa nella Bassa, con Parmigiano e uova nel ripieno, cannelloni e tortelli sono i primi proposti. Quelli di erbetta con ricotta e spinaci, hanno scarso ripieno, discreta pasta all’uovo; quelli di zucca e amaretti hanno farcia saporita e sono arricciati, «fatti su» come un grosso tortellino: conditi entrambi con burro e Parmigiano, scolati in fretta per cui resta acqua nel fondo del piatto. Meglio i cannelloni, piatto ormai quasi scomparso dai menu nostrani e sempre col suo fascino canaglia: non proprio leggeri, ma saporosi per il ripieno di carni miste, la ruffiana besciamella col pomodoro. Ora lonza di maiale, faraona e vitello al forno o il fritto -e si viene per questo. Pesce gatto a tocchi, anguilla a rondelle, passati nella farina di grano e di mais, leggermente croccanti, asciutti, ghiotti, da mangiarsi con le mani e senza spremervi sopra il limone.
Per finire
La crostata con la confettura di ciliegie e il dolce con burro e amaretti. Prezzi: coperto 2 euro; antipasto 5-10; primi 6,50-10; secondi 15; dolci 4. Menu non esposto, ingresso, bagni, parcheggio comodi
Non mancate
Pesce fritto
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