GUSTO
Imparare dalla cuoca: per ogni ricetta la giusta frittura
Una cottura irresistibile, dall'antipasto al dolce. Si dice che fritta è buona anche una suola da scarpe: ecco i consigli di Alida Saracca, cuoca e patronne, col marito Achille Stefanini, alla «Curva dei baci» di Piantonia
Si dice comunemente che anche una suola o un foglio di giornale una volta fritti diventano cosa sopraffina -e se poi impanati, ancor di più. Non si sa bene se questo modo di dire sia la maniera per screditare o per invece rendere omaggio a questa antichissima cottura che certo nasconde qualcosa di magico e che fa diventare le cose, tuffate nel liquido grasso bollente, dorate, brunite, croccanti e soffici all’interno, sempre invitanti, quasi impertinenti, magari ingannevoli: fritte, appunto. E ben lo sapevano i gesuiti portoghesi che trovarono il modo di «ingannare» i sensi mortificati dalle astinenze delle «tempora» penitenziali pensando a qualcosa di prelibato e inventandosi così il «tempura», lasciato poi in eredità alla cucina giapponese, meraviglioso modo di friggere conchiglie di San Giacomo, gamberi e verdure e dando nel contempo ragione a Marvin Harris secondo cui quello che è buono da mangiare deve essere prima buono da pensare. Per il tempura si passano le cose in una pastella quasi gelata e, un pezzo alla volta, si friggono in un pentolino cilindrico, alto e stretto a 160°: si toglie appena la cosa comincia a dorarsi.
Non si creda dunque che friggere sia operazione semplice, perché occorre invece scelta e preparazione attenta della materia, manualità e colpo d’occhio, sentimento del fuoco e del calore, che può essere sì aiutato dall’uso dei moderni termometri, ma dove resta tuttavia decisiva l’esperienza e la sensibilità di chi frigge. La moderne friggitrici hanno in grande parte preso il posto delle vecchie padelle, ma è difficile che i più esperti e raffinati rinuncino alla padella di ferro, magari a una mitica De Buyer, che mantiene il calore, specie se ha il fondo spesso, e diventa antiaderente con l’uso avendo però l’avvertenza di non lavarla mai con saponi vari, ma solo asciugandola con carta da cucina e poi custodendola sempre ben asciutta.
Per friggere si usano grassi alimentari col punto di fumo, che è il momento in cui cominciano a decomporsi e a diventare nocivi, il più alto possibile e restandone sempre al di sotto: gli oli d’arachide o di girasole si avvicinano ai 230°, l’extravergine di oliva e lo strutto a 190°. La scelta dipende allora da ciò che si vuole friggere e dal gusto personale, tenendo sempre ben presente che non si deve mai coprire il sapore originario. Per passare dalla teoria alla pratica, niente è meglio che andare a trovare Alida Saracca, cuoca e patronne, col marito Achille Stefanini, alla «Curva dei baci» di Piantonia, sui primi tornanti della strada della Cisa. Circolo con cucina, l’ingresso è con tessera che viene fatta al momento e omaggiata dai titolari, dove trovare il buon calore della stufa a legna, di una grande griglia sempre accesa e piatti di tradizione preparati con cura.
E molte cose fritte di cui la cuoca ci svela i segreti: «Per fare bene certi piatti tipo torta fritta, chiacchiere, tortellini dolci l’ideale è usare lo strutto naturale che acquisto dall’Azienda agricola San Paolo. Poi classica pentola di ferro con il cestello che tiene la temperatura costante. Lo strutto è pronto, io vado a occhio, quando comincia a soffriggere in superficie: si immerge il cestello con le cose da friggere, si muove appena e quando il tutto è dorato e viene a galla si toglie, si asciuga con carta da cucina e il tutto sarà asciutto e fragrante, mai unto. La strutto sia abbondante e cambiato dopo averlo usato due volte al massimo. Per il pesce, che è molto delicato, preferisco usare l’olio extravergine d’oliva in una padella più bassa con l’olio cambiato ogni volta. Col baccalà in pastella uso l’extravergine, per le verdure si può usare olio o strutto: l’extravergine non lascia mai le cose unte e lascia un buon sapore. Per la cotoletta alla milanese uso il burro, che prima chiarifico, e poi bisogna fare alla svelta: nella panatura metto anche un po’ di Parmigiano insieme all’uovo e al pane. Per le verdure con pastella va bene sia strutto che olio: faccio la pastella, più o meno densa, con farina e birra ghiacciata. Per le patate è molto importante la qualità: uso la Desirée rossa di montagna che compro a Rusino: è asciutta e diventa ben croccante. Le friggo, in una padella solo per loro,nello strutto con aglio in camicia e rosmarino; vanno lavate e lasciate nell’acqua almeno mezz’ora, perché se ne vada l’amido e per questo è bene sempre prenotarle, perché faccio tutto al momento. Le taglio sottili per averle ben croccanti -e ricordate che lo strutto è leggero e profumato». P.S.: «Curva dei baci», perché, al tempo in cui le madri accompagnavano i fidanzati a passeggiare, allungando un po’ il passo dietro alla curva ci si poteva scambiare qualche bacio senza essere visti. Sempre aperto, prenotare, tel 0525.56318.