Brividi digitali
L'omaggio di Dead island 2 al cinema di genere
La storia del digital entertainment è piena di odissee videoludiche e non sempre a lieto fine come invece quella di Dead island 2, se si può parlare di happy ending quando si tratta di dare sfogo alla più grossa e sanguinolenta apocalisse zombi mai apparsa sulla Terra. L’incubo peggiore per Dead island 2 era rimanere invischiato nei foschi presagi del development hell. Sono infatti trascorsi quasi dieci anni dall’annuncio del sequel ufficiale della serie cult aperta dai polacchi Techland nel 2011. Mentre loro si sono spostati sulla saga di Dying light, il progetto di Dead island 2 è passato di mano in mano, per poi accasarsi negli studi inglesi Dambuster, che hanno saputo condurre in porto un risultato non scontato. Dopo tanta attesa, per l’editore Plaion il titolo si sta dimostrando adesso un successo a tutto campo. Oltreché importante realtà dei videogame attraverso etichette quali Deep silver o Prime matter, si occupa di cinema con le uscite in particolare di Midnight factory dedicate agli horror indipendenti e d’autore, vecchi e nuovi.
E Dead island 2 è un vero tuffo negli horror a 360 gradi che dal suo punto di vista pesca enormemente da quella stessa filmografia di genere celebrata da Midnight factory. Un approccio che si ritrova anche nel gusto parecchio contemporaneo con cui il videogame per Pc, Playstation e Xbox guarda ai b-movie degli anni ‘80 e ‘90, rivitalizzandoli per mezzo di un’estetica ancora più estrema e moderna. Dead island 2 rappresenta uno di quei casi nei quali la forma diventa sostanza. Il suo è un manifesto estetico che ha il colore di un gore talmente eccessivo da restituire una cifra volutamente caricaturale all’opera, in cui si respira in fondo la leggerezza dei tempi andati, ma anche un sottile e altrettanto ironico sottotesto, nell’osservare la società dei consumi che deflagra in un cannibalismo di romeriana memoria rinfrescato per il mondo di oggi.
L’ambientazione, bella e terribile, è perfetta per lo scopo: l’iconica Los Angeles, il top del lifestyle trasfigurato in una teatrino grottesco di lusso putrescente e tipi umani da aggiungere all’elenco dei mostri con i quali il confronto avviene secondo modalità preferibilmente dirette, dove la maggioranza dei colpi si assestano sventolando oggetti di fortuna, magari modificati per fare molto male, e non tramite le classiche armi da fuoco. Gli sviluppatori hanno creato un sistema apposito per esaltare gli effetti splatter sui corpi che fa impallidire qualsiasi modello visto prima. Pure le scene con cui vengono liquidati i vari comprimari sono una più folle dell’altra, in una fiera patinata del cattivo gusto che funziona però a meraviglia, intrattenendo tra smorfie e risate dall’inizio alla fine di un tour de force che si offre a essere sperimentato persino in co-op, sfruttando insieme agli amici le peculiarità del cast di eroi anch’essi assolutamente fuori di testa. Riccardo Anselmi