Generazione bit

Tra Talos, Lovecraft, Lem e altri classici

Riccardo Anselmi

THE TALOS PRINCIPLE 2 (Devolver digital, per Pc, Playstation e Xbox)

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Quesiti esistenziali sui quali non ha mai smesso di interrogarsi l’umanità, proiettando quegli interrogativi fin nel futuro in cui, spazzata via da un virus letale liberatosi con lo scioglimento del permafrost, è stata completamente sostituta da androidi, che perpetuano domande, dubbi. Che cosa sono quelle creature meccaniche? C’è in loro una traccia di umanità? Scorre la vita in quei corpi artificiali? Era questo il rovello attorno al quale si svolgeva The Talos principle. Scenari sontuosamente costruiti, puzzle sapientemente congegnati e temi filosofici bn inseriti in enigmi e trama. Elementi che ritornano in The Talos principle 2, ancora più splendente nella varietà di ambientazioni da esplorare, ancora più articolato nella sequenza di enigmi (che si possono comunque saltare per tornare a risolverli successivamente, a mente fresca o arricchita dalle esperienze successive, in modo tale che l’azione non perda di fluidità), ancora più affascinante nell’invitare a riflettere su aspetti chiave del vivere. Se The Talos principle immergeva nella solitudine di una ricerca condotta attraverso orizzonti segnati da suggestive, se pur inanimate, presenze, a distanza di molti anni The Talos principle 2 svela come si è evoluta la società. Il protagonista è 1K, il millesimo robot che dovrebbe essere l’ultimo in una comunità a numero chiuso, dove si confrontano le opposte teorie di una crescita incontrollata o di una dimensione contenuta per risparmiare risorse comunque finite. Intanto l’irrompere di Prometeo - non l’unica commistione con una mitologia greca rivisitata, come esplicitato fin dal titolo, evocativo di Talos, colossale automa in bronzo a protezione della principessa Europa in quel di Creta - spinge 1K a indagare su un’isola carica di misteri, ma dove trovare risposte fondamentali. Un’isola con rimandi al regno di Prospero ne La tempesta di Shakespeare, ma in questo raffinato congegno di citazioni letterarie, dai classici della fantascienza all’Ulisse di Tennyson, con l’eroe ormai anziano relegato nella sua Itaca eppure non sazio di solcare nuovi mari, perennemente assetato di conoscenza, sono anche strane architetture e manufatti disseminati nel paesaggio a materializzare i rompicapo da sciogliere per districare i nodi di un’avvincente avventura, intrapresa da 1K con altri personaggi, con cui dialoga, non più monade in uno spazio potenzialmente infinito, ma fratello incamminato su una strada colma di bivi, che non si sa con esattezza dove porti, aperti a una condizione indeterminata e sospesa, a un destino da scrivere. Firmato dai veterani Jonas Kyratzes e Tom Jubert, ai quali per The Talos principle 2 si è aggiunta Verena Kyratzes, questo sequel non necessita di aver giocato The Talos principle, perché eventuali riferimenti alla trama precedente sono inseriti nella nuova storia. A svilupparla i croati di Croteam, noti a livello internazionale per la fortunata serie Serious Sam, sparatutto esuberante, ma la software house indipendente di Zagabria, fondata nel 1992, aveva esordito con lo sviluppo di un puzzle game, pubblicando poi un gioco di calcio, dando prova di una versatilità che con l’acclamato The Talos principle (2014) e ora The Talos principle 2 raggiunge ulteriore profondità di contenuti e dinamiche, sollevando questioni ineludibili nella nostra ipertecnologica contemporaneità.


DISGAEA 7: VOWS OF THE VIRTUELESS (Nis America, per Pc, Playstation e Switch)

Un diavoletto ronin molto svogliato e un’aspirante praticante del bushido sono i due improbabili eroi dell’epico viaggio di Disgaea 7: Vows of the virtueless, che nel ventennale della serie cult sviluppata da Nippon ichi software conduce nel regno demoniaco di Hinomoto e nei suoi territori satellite. Il mondo è sempre quello comicamente ribaltato di un oltretomba nel quale vigono leggi opposte a quanto in genere ritenuto moralmente accettabile. I demoni così si divertono ad angariare le loro vittime in quella che appare la trasfigurazione ironica e pungente delle storture di una società che crede, o pretende di credere, di essere migliore di ciò che è. Valga per tutti l’esempio dei Prinny, le mascotte del titolo, incarnazioni delle anime di ladri o di assassini, che si ritrovano nell’aldilà a essere i docili servitori dei demoni, umili maggiordomi soggetti alle bizze dei loro padroni. L’avventura rocambolesca di Fuji e di Pirilika, che diventerà per entrambi un percorso di redenzione al termine del quale si ritroveranno cambiati, è immerso nella cultura e nel folclore del Giappone, tra mostri modellati sugli yokai, i riferimenti ai samurai e alle virtù di un passato leggendario, gli scenari, l’abbigliamento degli eccentrici personaggi, compagni nelle battaglie che si possono combattere puntando anche sulla facoltà di reincarnarsi per tornare in vita dopo la morte, cominciando daccapo senza poter più di tanto contare sulle pregresse abilità, o quella di ingigantirsi, trasformandosi nei colossi di sé stessi, sorta di devastanti kaiju tipo Godzilla, in grado di sbaragliare in un colpo solo schiere di nemici e di aprire scrigni dalle dimensioni inusitate. Obbligati ad allearsi per salvare Hinomoto, i due protagonisti procedono insieme alla ricerca di sette armi mitiche, in uno strategico a turni che conquista per la sua complessità, voltando pagina rispetto al precedente Disgaea 6 che non era riuscito a convincere i fan, mentre Disgaea 7 si muove nel solco della tradizione, pur innovando e sorprendendo.


THE 7TH GUEST VR (Vertigo, per Psvr 2, Pc vr e Meta)

La magione isolata, piena di sinistri misteri, è uno dei topoi del romanzo gotico, dove architetture labirintiche, quasi dotate di vita propria, diventano testimoni mute di strani accadimenti, se non di vere e proprie atrocità, spesso stabilendo un forte contrato tra l’amenità del paesaggio naturale e l’inconfessabile avvenuto tra le mura dell’edificio. Una di queste case, dotata di una ventina di stanze, è il teatro di The 7th guest vr, con il quale torna in grande stile, in un’edizione fedele allo spirito dell’originale ma completamente riaggiornata, il celebre classico di Trilobyte, in tempo per festeggiare il trentennale di un titolo cult. Era infatti il 1993 quando The 7th guest irrompeva nel mare all’epoca piuttosto affollato e frequentato delle avventure, introducendo diverse, sostanziali novità, a cominciare dalla distribuzione su cd-rom e non più sugli allora comuni floppy disk, insufficienti a contenere lo spazio per i video recitati da attori in carne e ossa. La novità del remake firmato Vertigo è invece l’utilizzo della realtà virtuale: indossato il visore si ha la sensazione di trovarsi dentro quegli ambienti dove stavolta si può girare tutt’attorno ai personaggi, impersonati da nuovi interpreti e trasferiti nel gioco attraverso la tecnica dei video volumetrici, che conferisce una dimensione tridimensionale sfruttando le immagine riprese da diverse angolazioni. Anche gli enigmi sono stati modificati e ricalibrati, per venire incontro alle esigenze della realtà virtuale. Per rendere più fluida l’esperienze, evitando gli intoppi di rompicapo troppo difficili da sciogliere, si possono comunque collezionare monete per sboccare la situazione. Nella casa, costruita da uno strambo tipo, ricchissimo ed eccentrico, relegato ai margini dal resto della comunità, è successo qualcosa di terribile, quando sono stati convocati sei ospiti di cui non si è saputo più niente, mentre erano in attesa di un settimo invitato. Si impara a conoscerli, per cercare di sciogliere un arcano forse più inquietante di quanto, pur tra scenari da brivido, si potrebbe immaginare.


THE INVINCIBLE (11 bit studios, per Pc, Xbox e Playstation)

Fino a che punto è lecito mettere in pericolo la vita altrui, sia pure per il nobilissimo scopo di aumentare le conoscenze scientifiche per cercare di garantire un domani all’umanità? Che diritto ha l’uomo di assoggettare la natura, di conquistare nuove terre, di dominare nuovi pianeti? Quali sono i principi etici sui quali un comandante, nell’impartire gli ordini ai sottoposti, non può transigere? Attenzione poi all’innamorarsi troppo di un’idea, anche se partorita da menti eccelse, perché può rivelarsi fallace, espressione di deliri di onnipotenza che la realtà è pronta a sconfessare, con esiti potenzialmente catastrofici. Sono tante le tematiche sollecitate dal romanzo “L’invincibile” (1964) dello scrittore e futurologo polacco Stanislaw Lem che, a proposito di questo libro, citava anche l’influenza della speculazione sul rapporto uomo - macchina contenuta nel saggio “L’uso umano dell’essere umano” di Norbert Wiener, il padre della cibernetica. Riflessioni fatte proprie dallo studio Starward industries, con sede a Cracovia, dove Lem ha vissuto. Qui raccontava di aver trascorso le notti a leggere avidamente testi provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada. Li prendeva in prestito da un’istituzione di Cracovia, che poi doveva passarli alle università del Paese dell’Est. Fonti che hanno contribuito a una narrativa dalle solide basi scientifiche, pur proiettate molto in avanti nel tempo. Un aspetto che ha affascinato gli sviluppatori di The invincible, immaginando un’astrobiologa in missione sul pianeta Regis III per capire cosa sia successo al resto dell’equipaggio con il quale ha perso i contatti. La sua è l’esplorazione di un ignoto minaccioso, circondata da una solitudine interrotta dal dialogo con il navigatore che offre suggerimenti e consigli per procedere, scoprendo risposte che spalancano interrogativi profondità di sulla direzione intrapresa da un’umanità avida e senza scrupoli. Il paesaggio desolato in cui si muove Yasna riproduce l’estetica rétro dell’atompunk, ossia la fantascienza degli anni Cinquanta-Sessanta, quella della corsa allo spazio per superare le barriere dell’ignoto, trovare eventuali risorse e luoghi da colonizzare. A quale costo?, si chiede The invincible, mentre la protagonista compie le sue scelte, di fronte a bivi che conducono verso uno dei possibili finali.


LITTLE GOODY TWO SHOES (Square Enix, per Pc e console)

L’espressione idiomatica inglese goody two shoes è associata a un esempio di sublime bontà, ma anche a un’ostentazione di buoni sentimenti che non corrisponde alla realtà dei fatti. L’origine è ignota, ma si tende a farla risalire a un edificante racconto per bambini pubblicato a Londra nel 1765, che narra di una bambina dolcissima e altrettanto povera, alla quale la vita comincia a sorridere quando un benefattore le regala il suo primo paio di scarpe e alla fine la virtù della giovane verrà ricompensata. Tutt’altro che una santarellina è invece Elise, la protagonista di Little goody two shoes, che vuole diventare ricca a ogni costo. Partendo da una condizione di indigenza assoluta, deve per forza ingegnarsi a compiere lavoretti su lavoretti, circondata dalla diffidenza dei vicini. Anche per lei qualcosa di incredibile accade quando incontra una misteriosa ragazza, che decide di accogliere, e soprattutto trova un paio di scarpe eleganti e vistose. Le sue giornate si dividono dunque tra le ore del dì - che la vedono intenta a faticare e gestire bene le risorse, a tenere lontani sospetti dei compaesani, che potrebbero fomentare la pericolosa accusa di stregoneria, e a corteggiare le coetanee del borgo - e le ore della notte, quando al calar delle tenebre raggiunge il bosco. Un luogo sinistro, animato da strane creature, come spettri e gobelin, dove deve combattere e sciogliere un susseguirsi di enigmi per poter procedere nella scoperta del lato oscuro di Kieferberg, in un crescendo di tensione, paura, orrore. Ad alimentare il senso di inquietudine, il contrasto tra le ombre lugubri che si allungano sulle imprese di Elise in un ambiente minaccioso e l’atmosfera fiabesca che avvolge il titolo sviluppato dallo studio portoghese AstralShift quale prequel del loro precedente successo, Pocket mirror. L’affascinante aspetto visivo racchiude evidentemente un doppio omaggio: al programma Rpg maker che ha dato origine a un genere di videogiochi di ruolo ed era stato utilizzato anche per Pocket mirror, ma anche agli amatissimi anime degli anni Novanta e alle loro eroine, da Sailor moon a Slayers, di cui è un po’ figlia la vivacissima, intraprendente Elise.


SCORN (Kepler interactive, per Pc, Playstation e Xbox)

Le frontiere tra uomo e macchina ormai annullate, in una fusione che ha generato futuristiche, orribili chimere frutto di innesti dove è diventato quasi impossibile distinguere tra materia organica e frammenti artificiali: è l’humus nel quale proliferano gli incubi risvegliati da Scorn, horror in prima persona diretto da Ljubomir Peklar, alla guida della software house serba Ebb. Non tutto è ciò che sembra in un mondo che non a caso si configura come una sequenza di labirinti, opere che di per sé ingannano, disorientano, allontanano dalla meta che nascondono, pur nella consapevolezza della sua esistenza, magari proprio lì, dietro l’angolo. Il particolare amalgama tra corpi e sostanze rivoltanti con le quali si deve comunque interagire aggiunge ulteriore raccapriccio alla discesa del protagonista in questi inferi che lì paiono raffigurare l’ordinaria normalità. Chi governa le spire magmatiche e ultratecnologiche nelle quali si viene inghiottiti? Si combatte con armi che diventano prolungamenti delle membra intercambiabili di un individuo devastato., mentre circolano virus terribili potenzialmente letali. Il titolo, arrivato adesso anche su Ps5, riesce a incarnare questi scenari allucinati grazie a scelte artistiche di forte impatto, visivamente suggestive nonostante la loro natura disturbante. La sintonia con i temi affrontati da H. R. Geiger e da Zdzislaw Beksinski ha suggerito affinità con l’immaginario esplorato da Scorn e le creature dell’artista svizzero, papà di Alien, ma soprattutto con le inquietanti distopie del pittore e fotografo polacco. Quest’ultimo ha attratto ripetutamente l’interesse dei videogame, specialmente nell’Est, da The medium a Painkiller, da Tormentum a Inner chain, fino alla Finlandia del fantascientifico Returnal. Artefice di una originale reinterpretazione del surrealismo quale indagine nel subconscio, con un ruolo centrale attribuito alla morte e al disfacimento della civiltà, Beksinski dovette affrontare gravi lutti personali - la morte della moglie per tumore, il suicidio dell’unico figlio popolare conduttore radiofonico - fino al tragico assassinio di cui rimase vittima, accoltellato dal figlio della sua colf per impossessarsi di pochi soldi. Vicende che si sono riverberate retrospettivamente sulla poetica desolata che avvolge l’estrema produzione del pittore, ammirato, tra gli altri, dal regista Guillermo Del Toro. Fino all’ultimo non si può invece sapere se e ombre fosche che si allungano sul destino dei personaggi di Scorn potranno essere diradate.


DESOLATIUM (Soedesco, per Playstatiom, Xbox e Switch)

Vincitore di numerosi premi un po’ ovunque è stato presentato in anteprima, compresi i Playstation talents e riconoscimenti per l’innovazione, Desolatium nasce strizzando l’occhio ai visori per la realtà virtuale, anche se la prima edizione a raggiungere gli scaffali, dopo varie vicissitudini e grazie all’interessamento dell’etichetta Soedesco, è per le normali console, il che non esclude, almeno nel caso di Ps5, l’arrivo magari più avanti di aggiornamenti ad hoc in ottica Psvr2. Il progetto, firmato dagli spagnoli Superlumen, è stato in precedenza protagonista di una campagna di finanziamento dal basso su Kickstarter e, per farsene un’idea, si può saggiare col Pc scaricando gratuitamente la demo Desolatium: Prologue. Quella per console pubblicata da Soedesco è l’avventura completa, che riporta in auge con i mezzi di oggi il canone dei classici punta e clicca fatti di dialoghi, enigmi, oggetti da trovare e da combinare. Sul finire dell’età dell’oro del genere si era iniziato ad accarezzare il concetto del rendering dall’effetto quasi fotografico, ma le avventure grafiche di allora non hanno vissuto tanto a lungo per toccare concretamente l’iperrealismo delle immagini esplorabile a 360 gradi di Desolatium, che sono la cifra distintiva di un racconto a tinte horror nel quale, attraverso le prospettive di più personaggi che vanno incontro a diversi epiloghi, prendono spaventosamente corpo i miti lovecraftiani. Una ricercatezza stilistica che gode anche dell’alternanza psichedelica con una dimensione allucinata più simile invece a un fumetto.


MADSHOT (Hook, per Pc e Switch)

Non è necessariamente sinonimo di qualità, ma alcuni dei migliori indie scelgono sempre più spesso l’accoppiata Switch e Pc, il cui pubblico sembra forse più incline a guardare oltre i campioni di incassi e le cosiddette produzioni tripla A. Madshot è una di queste piccole gemme. Ultimo lavoro del duo svedese Overflow, ha attirato l’attenzione della giovane etichetta Hook, che appartiene alla galassia dell’editore italiano Digital bros, lo stesso delle hit di 505. Madshot è uno di quei titoli ai quali ci si avvicina per una partita veloce e poi non ci si stacca più. In apparenza semplice, diventa via via più complesso e imprevedibile, avvolgendo il giocatore in un frenetico vortice di gameplay action tra platform e shooter in continuo mutamento, sostenuto da elementi roguelite che offrono combinazioni infinite di situazioni e potenziamenti degni di un vero gioco di ruolo mentre, padroneggiato il sistema di controllo, ci si muove con una fluidità acrobatica che invita leggere i livelli nel segno del più puro stylish. Una parte non trascurabile del fascino deriva anche dall’ambientazione, che rivisita in maniera fumettosa e ipercolorata l’immaginario dei miti di Cthulhu del grande maestro dell’horror Howard Phillips Lovecraft, con un vasto assortimento di mostruosità assortite per la gioia dei fan.


YOU WILL DIE HERE TONIGHT (Spiral Bound Interactive, per Pc)

Un fresco rétro dalla verve contemporanea, capace di omaggiare immerso nel citazionismo un grande classico come il primo, indimenticabile Resident evil degli anni ‘90, ma anche di reinventare, al di là di un gusto non solo estetico che richiama dichiaratamente la golden age del genere, le dinamiche del survival horror iniettando nella ricetta una decisa dose di roguelite. La formula repetita iuvant si applica attraverso la morte dei vari protagonisti, che passano il testimone al membro successivo della squadra in grado di continuare la missione, lungo una vicenda e scenari che, con qualche capovolgimento, ricalcano abbastanza da vicino l’avventura originale degli Stars nella mitica villa Spencer. La perdita sul campo di un personaggio in You will die here tonight rappresenta un evento più che naturale nel corso della partita, non corrisponde al game over, anzi diventa il nocciolo delle particolari dinamiche di gestione delle risorse, perché di volta in volta bisogna arrangiarsi con quel che resta, quindi è buona norma non sprecare tutto subito. Ciliegina sulla torna la regia che alterna la visuale isometrica per l’esplorazione alla soggettiva in stile light gun per i combattimenti, avvalendosi di una riuscita pixel art 3D dal sapore vintage.


STRAY SOULS (Versus Evil, per Playstation e Xbox)

Per chi è videoludicamente nato alla fine degli anni ‘90, l’epoca della rivoluzione multimediale delle prime Playstation, impossibile non fare i conti con due saghe horror generazionali come Resident evil e Silent hill, in grado di raccogliere il testimone di altri miti di gioventù del medium, a cominciare da Alone in the dark. Era l’era gloriosa del made in Japan, che non è più tornato così prepotentemente al centro della scena. Anche se molti anni dopo, ancora l’esperimento abbandonato di P.T., teaser interattivo di un nuovo Silent hill firmato Hideo Kojima di cui poi non si fece niente, è stato capace comunque di ribadire l’influenza di un certo immaginario. Dietro a Stray souls c’è soprattutto l’amore del Jukai Studio per quelle istantanee recuperate dalla memoria del digital entertainment, rievocate grazie alla collaborazione con il compositore di allora, Akira Yamaoka. Con un passato nel polacco Bloober team che si sta occupando proprio ora del remake del classico Silent hill 2, il director di Stray souls, Artur L?czkowski, si è fatto invece conoscere nella community per il tentativo di preservare, tramite una sorta di emulazione, il non più scaricabile P.T. di Kojima. Stray souls è l’opera prima di un piccolo gruppo che guarda alle radici dei survival horror, invitando i fan ad accompagnare il diciottenne Daniel tra i misteri e gli antichi rituali di una cittadina avvolta nella nebbia, dove la nonna gli ha lasciato in eredità una casa insieme agli innominabili segreti che contiene.