HI-TECH

Generazione bit. Samurai, astronauti, supereroi e un po' di fascino dark

Riccardo Anselmi

SAMURAI WARRIORS 4 DX (Koei Tecmo, per Pc)

Compie vent’anni la saga Samurai warriors, affacciatasi su Playstation 2 e Xbox nel 2004, sorella dell’ancora più longeva Dynasty warriors. Quest’ultima aveva debuttato nel 1998, sancendo gli sforzi della da poco fondata Omega force, divisione di Koei, la casa di Yokohama artefice degli strategici Romance of the three kingdoms e Nobunaga’s ambition. Il primo rimanda a un periodo chiave della storia della Cina, il secondo a uno dei signori feudali fautori dell’unificazione del Giappone nella fase finale del periodo Sengoku, quello degli Stati combattenti. Lungo questo duplice binario, l’uno orientato verso il passato del Celeste impero, l’altro rivolto verso il medioevo nipponico, è proseguita ben salda anche la produzione di Omega force, che ha definito il canone del genere musou, parola traducibile come impareggiabile, senza pari, con riferimento ai dispiegamenti enormi di uomini contro i quali combattere. Se Dynasty warriors riprende le fila del classico della letteratura del XIV secolo, il Romanzo dei tre regni, sviluppato attorno alle gesta dei generali Liu Bei, Guan Yu e Zhang Fei, Samurai warriors getta in un’epoca altrettanto bellicosa e feroce, mettendo sotto i riflettori la versione leggendaria, riletta attraverso una lente hack and slash, di molti dei veri uomini d’arme che hanno segnato l’evolversi del Paese del Sol levante tra il XV e il XVI secolo, sino al primo decennio del Seicento, in un susseguirsi di scontri armati e rivolte popolari. L’ultimo titolo, il reboot Samurai warriors 5 (2021), verteva attorno l’incidente di Honno-ji (21 giugno 1582), che costò la vita a Oda Nobunaga. Adesso per il ventennale è arrivato invece il lancio mondiale su Pc di Samurai warriors 4 dx, che nel 2019 in Giappone aveva rappresentato su Playstation 4 e Nintendo Switch l’edizione deluxe di Samurai warriors 4, uscito per il decennale della celebrata serie. Samurai warriors 4 dx raccoglie il gioco principale e più di 150 contenuti scaricabili, arricchendo l’arsenale di armi e il guardaroba di costumi, oltre a musiche e scenari che vanno a comporre il mondo da esplorare nelle diverse missioni. Gli ufficiali con i quali si interagisce, studiando le reciproche rivalità, le alleanze, in una gradazione quanto mai sfumata di relazioni, sono cinquantacinque, alcuni apparsi prima solo in Giappone. Si tratta comunque di personaggi storici, entrati nel mito. Vi troviamo infatti Noboyuki Sanada, vittorioso nella battaglia di Sekigahara (21 ottobre 1600) e nell’assedio di Osaka (1614 - 1615), come pure Yoshitsugu Otani, sfregiato dalla lebbra e famoso per l’amicizia proverbiale con il comandante Mitsunari Hishida: i destini di entrambi si decisero a Sekigahara, nel cuore dell’isola di Honshu. O ancora il danarosoTakatora Todo, al quale viene attribuita la progettazione di una ventina di castelli, e l’ingegnoso Munenori Yagyu, autore di trattati dell’arte militare. Il gioco, impostato secondo le dinamiche dell’uno contro tutti, dove i tutti sono centinaia e centinaia di nemici pronto a scagliarsi contro l’eroe, ne esalta il valore in scenografici scontri interattivi, che traducono nel linguaggio dei videogame le appassionanti coreografie dei film di cappa e spada, i wuxia, mentre a seconda della modalità adottata ci si addentra nella suddivisione in clan della società nipponica, approfondendo in chiave di singole località gli eventi, oppure si abbraccia l’affresco più vasto di un Paese frammentato sul punto di conquistare l’unità, avviata da Nobunaga e proseguita dal suo capitano Hideyoshi Toyotomi, morto nel castello di Fushimi nel 1598. Una decina di anni più tardi con l’epilogo dell’assedio di Osaka calava definitivamente il sipario sul clan Toyotomi, definitivamente sconfitto dall’inarrestabile ascesa di Ieyasu Tokugawa, primo shogun e fondatore della dinastia al potere dal 1603 al 1868, inizio dell’era Meiji, con la restaurazione effettiva dell’autorità imperiale.

CAPES (Daedalic, per computer e console)

In questi anni Firaxis, lo studio di Sid Meier, ha avuto molti meriti, tra cui creare non solo videogame dal successo epocale, ma reinventarci attorno interi generi, riscrivendo le regole dei giochi, una sorta di nuovi paradigmi ai quali hanno poi guardato anche altri sviluppatori. I casi più celebri sono ovviamente Civilization e Xcom di cui è diventato ormai quasi impossibile contare la schiera di figli legittimi o no. Dal suo reboot appunto per mano di Firaxis, il modello di azione tattica a turni promosso da Xcom è stato al centro di numerose rivisitazioni, modificando certi elementi in base alle esigenze o cambiando per esempio ambientazione, dal fantasy umoristico di Fort Triumph e di Dungeons of Naheulbeuk al thriller spionistico Phantom Doctrine, alla seconda guerra mondiale di Classified France ‘44. La stessa Firaxis, dopo due Xcom e mezzo (Chimera Squad), si è concessa la divagazione a tema supereroico di Marvel’s Midnight Suns, che prende ancora un’altra piega. Se vogliamo, adesso Capes è invece più vicino una reinterpretazione in calzamaglia del classico Xcom. Costituisce il titolo di debutto degli australiani Spitfire Interactive, che per l’occasione hanno avuto modo di collaborare con lo sceneggiatore del supercult Freedom Force (2009), Morgan Jaffit. Pur senza licenze ufficiali, o magari anche per questo, sono videogame in grado di catturare a fondo lo spirito dei fumetti ai quali si ispirano, offrendo un vero toccasana per gli appassionati. Chi ha un po’ di conoscenza dei comics a stelle e strisce ne ritroverà un trattato squisitamente pop dove è facile coglierne precisi caratteri, sia a livello di trame che di personaggi, attraverso una lente originale. Il topos di Capes richiama quei futuri distopici nei quali uno sparuto gruppo di supereroi vive braccato dal regime totalitario che li ha messi al bando, organizzando la resistenza. Vicende e dinamiche di gioco si sviluppano di pari passo, con missioni che assumono l’aspetto di rompicapo, in cui è necessario fare affidamento anche e soprattutto sulle capacità uniche dei vari protagonisti all’interno di squadre ben amalgamate.

THE INVINCIBLE (11 bit, per Pc, Playstation e Xbox)

L’astrobiologa Yasna sembra incarnare ciò che veramente distingue gli esseri umani: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, citando Dante. Anche la protagonista di The Invincibile ha sete di conoscere e vuole cercare risposte alle tante domande che l’assillano. Le troverà nel misterioso pianeta Regis III? L’avventura di Starward industries, studio indipendente di Cracovia, fondato nel 2018 da un gruppo di veterani che avevano lavorato a titoli come The Witcher 3, Cyberpunk 2077, Dead Island, Dying Light, Call of Juarez, incrociando così alcune delle realtà più vivaci della scena polacca, si ispira al romanzo L’invincibile di Stanislaw Lem, pubblicato originariamente nel 1964. Per Lem, nato a Leopoli nel 1921, Cracovia era ormai dal 1946 la sua città d’adozione. Qui, come da lui stesso raccontato, tramite un ente poteva prendere in prestito libri provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada prima che venissero destinati alle biblioteche universitarie, immergendosi l’intera notte nella lettura. Dietro le riflessioni affidate alle pagine de L’Invincibile c’è proprio uno di quei volumi fortunosamente capitati tra le sue mani: il saggio L’uso umano degli esseri umani di Norbert Wiener, in cui il matematico americano, considerato il padre della cibernetica, si interroga sui benefici dei processi di automazione per la società, nonché sui modi con i quali uomini e macchine potrebbero collaborare, mettendo comunque in guardia dai rischi di una disumanizzazione o di una subordinazione della nostra specie ai robot. Il romanzo di Lem si addentra in questioni tornate oggi di forte attualità con i progressi registrati dall’intelligenza artificiale. Nella piramide è ancora l’uomo al vertice o potranno instaurarsi inedite forme di vita tra l’organico e il meccanico con cui si sarà chiamati a convivere a livello paritetico, senza poterle dominare? Nel gioco Yasna approda con l’astronave Invincible tra le lande desertiche di Regis III, che la costringeranno a mettere a dura prova le sue nozioni più consolidate, in quella che da missione scientifica si trasforma in una spedizione di soccorso sulle tracce di compagni perduti. Nell’esplorazione di questi orizzonti desolati eppure suggestivi, popolati di robot e strane creature metalliche, la tensione è continua, il senso di stupore altrettanto costante. Occorre scegliere come affrontare i pericoli, potendo contare su una strumentazione steampunk che aggiunge un tocco rétro alle atmosfere futuristiche e inquietanti, dove musiche e suoni - freschi vincitori del Best Polish Game Audio ai recenti Digital Dragons Awards, il più vecchio e prestigioso riconoscimento polacco nel campo dell’industria videoludica - contribuiscono allo straniamento della protagonista (e del giocatore). Il tutto arricchito adesso grazie ai contenuti dell’aggiornamento gratuito Voyager, che gli sviluppatori hanno spiegato di aver realizzato anche ascoltando i consigli dei fan. Sul sito ufficiale invinciblethegame.com un fumetto aiuta a calarsi nell’universo dell’avventura, la cui grafica è debitrice delle copertine a colori della fantascienza degli anni Cinquanta e Sessanta, quelli della corsa nello spazio, degli incubi della guerra fredda e della catastrofe nucleare, della fiducia nella scienza minata da ciò che si era sprigionato sganciando le prime bombe atomiche. Che diritto ha l’uomo di interferire con i ritmi della natura? Quest’ultima sarà comunque in grado ripristinare un suo equilibrio, dove la presenza antropica si riduce a una variabile non essenziale? In dialogo con il suo Astrogatore, una sorta di mentore molto evoluto, Yasna deve di volta in volta intuire se chi ha davanti sia un amico, un alleato o un nemico e decidere di conseguenza, plasmando la via verso uno degli undici finali.

THE BRIDGE CURSE 2: THE EXTRICATION (Pqube, per Pc)

Una leggenda ambientata in un’università di Taiwan - un ponte stregato dal quale, dopo aver atteso invano il fidanzato per fuggire insieme, una giovane si sarebbe suicidata, perseguitando da allora coloro che vi si avventurano a mezzanotte - ha alimentato una serie di film e un videogame, The Bridge Curse Road to Salvation, cui ora lo stesso sviluppatore cinese Softstar entertainment ha aggiunto gli incubi di The Bridge Curse 2: The Extrication, dove si torna nell’inquietante ateneo. Stavolta sono i partecipanti al cineclub dell’università ad appassionarsi a queste storie cupe, al punto da decidere di organizzare un Carnevale dell’orrore in un edificio che sarebbe infestato da spettri vendicativi. L’obiettivo è anche reclutare nuovi membri, puntando sulla curiosità di girare un film rigorosamente al calar delle tenebre. Il set si trasforma però in una gara di sopravvivenza, che si gioca anche sull’ambiguità dell’assottigliarsi del confine tra realtà e finzione, tra il risuonare di passi nel silenzio, fughe e inseguimenti lungo corridoi e aule, in un campus che nasconde più di un segreto. Quattro i protagonisti: tre studenti, intenzionati a realizzare un video su un caso di cronaca degli anni Sessanta (la figlia del preside dell’istituto uccisa dal fidanzato) e una giornalista che, cominciando a indagare sulla sparizione di una studentessa, vuole avere l’esclusiva su un argomento evidentemente di forte presa sul pubblico. Come del resto, al di qua della quarta parete, dimostrato dal successo della precedente avventura di Softstar, The Bridge Curse Road to Salvation, e in ambito cinematografico dalla produzione ispirata al folclore dell’isola circondata dal Mar Cinese Orientale e Meridionale, sfondo degli horror The Tag-along, The Rope Curse e The Bridge Curse, dal quale The Bridge Curse 2 ha attinto molteplici spunti. Nel videogame i tre studenti e la reporter si ritrovano imprigionati in una dimensione parallela, per liberarsi dalla quale devono risolvere enigmi rimasti in sospeso.

RAINBOW COTTON (Inin, per Pc e console)

Il nuovo recupero di Inin riguarda l’epoca che viene considerata un po’ il canto del cigno degli shoot ‘em up, attraverso la parabola del Dreamcast, l’ultima console di Sega per la quale lo stretto legame con la scena arcade fu tanto croce, quanto delizia. Si parla della fine degli anni Novanta, primi anni Duemila, un periodo in cui il Made in Japan raggiunse forse l’apice del suo fascino agli occhi dei fan occidentali, disposti a qualsiasi sacrificio pur di accaparrarsi le rarissime copie di importazione parallela di titoli appartenenti a svariate nicchie, come appunto gli sparatutto a scorrimento che, oltreché nelle sale giochi giapponesi, avevano trovato terreno fertile sull’hardware casalingo allora concettualmente più vicino a un vero cabinato. Ancora oggi, quasi un quarto di secolo dopo l’addio alla produzione, può capitare di incrociare il Dreamcast tra le piattaforme supportate da un esponente del filone ben rappresentato da videogame come Ikaruga o Gunbird. Il catalogo Inin si arricchisce di Rainbow Cotton, un titolo uscito su Dreamcast nel 2000 e riadattato adesso per il Pc e le odierne console. Siamo di fronte a una delle più curiose rivisitazioni della serie Cotton firmata dallo studio nipponico Success, che con questa saga ha sdoganato uno stile particolare, definito cute ‘em up, pieno di humour, toni dolci e graziosi rispetto alle solite guerre e invasioni aliene. La protagonista è una streghetta golosa di caramelle in ambientazioni che rispolverano anche una certa iconografia horror, ma tutta da ridere. Rainbow Cotton segna il passaggio al 3D, assecondando quell’evoluzione del genere classico figlia di Space Harrier e Panzer Dragoon. Nel restauro, curato da Andreas Scholl di Kritzelkratz 3000, si è lavorato per restituire non solo una trasposizione fedele, ma un’esperienza migliore grazie a un adattamento riveduto e corretto dei controlli.

SUCKER FOR LOVE: DATE TO DIE FOR (DreadXP, per Pc)

In principio ci fu La maschera di Innsmouth di H.P. Lovecraft, con le sue atmosfere cupe che avvolgono la cittadina fittizia sulle coste del Massachusetts segnata da una maledizione devastante. Ma si potrebbe citare anche l’altrettanto tetro villaggio dell’Orrore di Dunwich. Come quelle sinistre località abbiano potuto ispirare una versione, ovviamente sui generis, del dating sim Sucker for Love: Date to Die For dello studio indie fondato da Joseph Hunter, alias Akabaka, è al cuore della parodia tra romanticismo (poco) e horror (molto) del prequel di Sucker for Love: First Date, visual novel che già attingeva all’immaginario del Solitario di Providence, allestendo una simulazione di incontri tra le demoniache creature dei miti di Cthulhu e una singolare versione in rosa del Necronomicon con cui portare a termine riti occulti. In Date to Die For la protagonista Stardust torna nel paese natio, Sacramen-Cho, dal quale se ne era andata via tempo prima, perché ha ricevuto una strana lettera dai suoi genitori. La famiglia si era allontanata in seguito a misteriose sparizioni. Il problema è che, giunta sul posto, la situazione si presenta a Stardust ancora più indecifrabile, gli abitanti non hanno perso l’inquietante bagliore degli occhi che li caratterizzava e forse solo rientrando in casa - una grande magione sviluppata come un labirinto di stanze - sarà possibile recuperare il bandolo della matassa. In questa versione da commedia dei miti lovecraftiani, ecco prendersi un ruolo di primo piano una divinità modellata sul Capro nero dei boschi, della quale tutti (o quasi) si innamorano. Per riuscire a liberarsi da questa sorta di prigione, Stardust dovrà imparare le ricette di incantesimi e sortilegi, procurandosi gli ingredienti disseminati qua e là, stando attenta a non incorrere nelle ire funeste di una setta di fanatici esagitati. Gli eccentrici personaggi, tutti doppiati, hanno ciascuno una storia da raccontare o da rivelare a poco a poco. Stardust vuole capire cosa sia successo ai suoi cari. Suoni sinistri e mostruose entità contribuiscono a mantenere l’atmosfera in uno stato di tensione, mentre la grafica, che rielabora con ironia e un pizzico di nostalgia quella degli anime degli anni Novanta citati nella scena di apertura con le cassette vhs in primo piano, accentua il tratto grottesco e umoristico di un intreccio avvincente.

STILL JOKING (Purple brick games, per Pc)

Alice lo specchio lo attraversava, scoprendo una realtà speculare, dove tutto era a rovescio, perfino la logica più elementare. In Still joking di Purple brick ciascuno ha un proprio doppio che vive di vita propria, inclusa la celebre attrice che incontriamo subito nella sequenza iniziale intenta a sistemarsi nel camerino. Si potrebbe pensare alla dialettica pirandelliana tra la persona e il personaggio che interpreta, però immaginato quale copia esatta di sé. La star viene inaspettatamente uccisa da un uomo da lei accolto amichevolmente e Iris, la replica che si riflette al di là della superficie riflettente, comincia a non disporre più di quel prototipo - come vengono chiamati oltre lo specchio gli esseri umani - da imitare. I motivi del gesto sono al centro della trama di Still joking, dove il colpevole è già noto, ma si ignora completamente il perché del delitto, mentre Iris si trova a dover capire quale possa essere ora il suo posto nel mondo di ombre, tra i cui abitanti c’è anche il riflesso dell’assassino, incapace egli stesso di dare una spiegazione a ciò che è accaduto. Comincia per lei un viaggio per adattarsi all’inedita situazione, che le autorità hanno ben presente, poiché ovviamente non è la prima volta che un prototipo viene a mancare. In questo che diventa un racconto di formazione dall’impronta fortemente esistenziale dove imparare a scendere a patti con le proprie aspirazioni, desideri, pregi e difetti. Ironica e pungente, dialoga con Iris 2, il suo subconscio, con il quale si rivela arduo fingere, e con i compagni di strada, in un’avventura che ricorda molto una visual novel. Il gioco continuo di disvelamenti, nel tentativo di comprende con chi abbiamo a che fare e chi vogliamo essere, conferma come ciò che appare non necessariamente sia ciò che è. Le scelte conducono un diramarsi di percorsi narrativi, a favore della rigiocabilità.

TELL ME YOUR STORY (RedDeer.Games, per Pc e Switch)

Una nonna e la nipotina: due generazioni che si ritrovano in un’estate indimenticabile condividendo ricordi ed esperienze. Tell Me Your Story è un’avventura tenera e colorata, che al diario fotografico dell’anziana Rose, un passato da giramondo e ancora un vulcano di energia, affianca il più creativo diario, tra disegni e collage, della giovane Amelia, curiosa di conoscere i racconti di Rose. Accanto alla protagonista Amelia c’è un simpaticissimo corgi, Peanut, che sente, registra, offre un’impagabile compagnia. Se la ragazzina arriva in campagna con l’intento di aiutare la nonna a riordinare il cottage, tra oggetti che rievocano lontane memorie, scoprirà che l’aiuto sarà invece reciproco. In una fase della vita in cui occorre prendere importanti decisioni, l’esempio di Rose testimonia infatti l’importanza di seguire sempre i propri sogni, indipendentemente dai progetti che altri hanno per noi. Avventura adatta a tutte le età, grazie a una narrazione sviluppata soprattutto attraverso le immagini in 2D senza bisogno di parole, Tell Me Your Story dello studio polacco RedDeer.Games si ispira dichiaratamente a titoli come A Little To The Left, Florence e Venba. C’è una casa da sistemare, ci sono gli incontri che cambiano l’esistenza a patto di saper ascoltare, c’è una storia di famiglia da ripercorrere per capire chi siamo e dove stiamo andando. Intuitivi i puzzle da risolvere per ricomporre il quadro completo, dando una mano ad Amelia con le pagine del suo quaderno e rendendo eloquenti i manufatti sparsi per l’abitazione che rimandano al peregrinare di Rose nella foresta amazzonica, in Asia e in Europa. Souvenir che permettono ad Amelie, tra lezioni di passi di danza e la preparazione di ricette in cucina, di immergersi in terre e civiltà lontane.

JACK HOLMES: MASTER OF PUPPETS (Perp, per Pc e console)

A tu per tu con le proprie più profonde paure, perché l’incarico affidato a Jack Holmes - trovare un uomo scomparso - si rivela un viaggio negli abissi del male, al confine tra lugubre immaginazione e terribili realtà. Opera di un unico sviluppatore di Alicante, in Spagna, in arte @TonyDevGames, Jack Holmes: Master of puppets mette in contatto con il lato oscuro di ciò che verrebbe più spontaneo associare con spensierato divertimento: le attrazioni di un lunapark, le marionette, i pupazzi di pezza. Si sperimentano invece sentimenti di angoscia, in situazioni che riportano a forme di disturbi psichici come l’aracnofobia o la claustrofobia, ma qui, viste le condizioni limite che il protagonista si trova costretto ad affrontare, starne alla larga diventa una reazione pienamente giustificata: buie cantine teatro di terrificanti esperimenti, una grotta piena zeppa di ragni e poi quel lunapark abbandonato, nel quale occorre procedere tra mille pericoli, con il rischio di incappare in vicoli ciechi mortali. La prima meta di questa avventura, che si rivela presto una lotta per la sopravvivenza, è una casa sperduta tra i bayou della Louisiana. Qui abitava Frederick, prima di svanire nel nulla. Il mistero dei misteri riguarda però direttamente Jack e i contrastati rapporti con la sua famiglia di origine. Avvolto in un’oscurità a tratti fittissima, l’investigatore può contare sulle armi che ha a disposizione e sui kit di soccorso per curare le ferite: risorse da utilizzare con una certa oculatezza per non rimanerne a corto sul più bello. In alternativa, non rimane che correre per cercare di sfuggire ai mostri in agguato, con alcuni dei quali si dovrà comunque ingaggiare un combattimento, per riuscire a proseguire in questa inquietante discesa nell’orrore.

ANGER FOOT – PREVIEW (Devolver Digital, per computer)

Il digital entertainment è un fenomeno globale che tocca sempre più anche l’Africa e in particolare il Sudafrica, con Città del Capo diventata negli ultimi anni un po’ un faro per la scena del continente. The Brotherood, l’acclamato studio della serie Stasis e di Beautiful Desolation, raccontava le difficoltà di portare avanti simili progetti tra i continui blackout. Ma ciò non ha impedito di trovare terreno fertile per la creatività pure di altri sviluppatori, come Nyamakop con Semblance o Runestorm, dietro la hit Viscera Cleanup Detail. Ha casa a Città del Capo anche il team Free Lives, stretto collaboratore dell’etichetta indie per antonomasia Devolver Digital e forte di un’invidiabile carriera ormai più che decennale: sono gli autori tanto dell’esilarante parodia degli action movie Broforce, quanto dello strategico a tema ambientalista Terra Nil solo per citarne alcuni. Adesso il gruppo è al lavoro su una delle uscite più attese del 2024, vale a dire Anger Foot, traduzione piuttosto letterale di un motto popolare tra i fan degli sparatutto, quel prendere a calci i nemici di turno, come suggeriva già ai tempi Duke Nukem, riprendendo alla sua maniera la battuta cult di Roddy Piper nel film Essi vivono di John Carpenter: I have come here to chew bubblegum and kick ass... And I’m all out of bubblegum. Anger Foot ci costruisce attorno un gameplay adrenalinico, dove l’azione si mischia a elementi quasi da rompicapo, siccome ogni stanza appare alla stregua se vogliamo di un frenetico incastro di colpi da fuoco e mosse da ko per avere la meglio su situazioni che si fanno man mano più complicate. Il tutto dentro un’estetica acida ultra violenta dal sound hardcore che al di là del tono demenziale ha tutto il sapore dalla satira, come piace a Free Lives e Devolver Digital, gente che ha nel curriculum cose tipo Genital Jousting e Hotline Miami.