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Made in Japan. Final Fantasy 16: innamorarsi ancora un anno dopo
Anche a distanza di anni dalla sua stagione più gloriosa, quando rappresentava il grosso della scena delle console, il digital entertainment nipponico conserva un posto speciale nel cuore degli appassionati. Ancora oggi nascono progetti che hanno lo scopo di omaggiare dichiaratamente i grandi classici con cui generazioni di fan, diventati adesso a loro volta sviluppatori, sono cresciuti: dall’acclamato Sea of Stars di Sabotage a Clair Obscur: Expedition 33 di Sandfall, annunciato l’altro giorno in pompa magna sul palco dell’Xbox Games Showcase. Videogiochi fatti per emozionare, come la saga che li ha ispirati maggiormente e che, a dispetto delle mode, resiste più viva che mai. Fin dalle origini, Final Fantasy ha saputo reinventarsi rimanendo in fondo sempre fedele a se stessa e, a quasi quarant’anni e decine di titoli dopo, resta un pilastro non solo per la major Square Enix che produce con ammirata sapienza giapponese i vari episodi, ma dell’intero panorama.
Oltre al remake del leggendario Final Fantasy VII, trasformato praticamente in un’esperienza nuova che gioca con la memoria, avvicinando il sogno covato allora dai primi esempi di digital entertainment davvero multimediale, cioè sovrapporre virtualmente videogame e cinema, su Playstation 5 si assiste alla lunga marcia di Final Fantasy XVI. Ogni Final Fantasy richiede di norma enormi tempi di lavorazione, trattandosi in effetti di kolossal, sorta di apice anche tecnologico per quanto riguarda l’offerta delle console. A questo giro c’è voluto però un anno extra per mettere tutte le tessere a posto distribuendo post-lancio due corpose espansioni, nell’ordine Echoes of the Fallen e The Rising Tide, che insieme fanno un po’ le veci di quelle che in passato erano le International, riedizioni arricchite del capitolo destinate in esclusiva al mercato nazionale sulla base pure dei feedback ricevuti in occidente, quando tra una versione e l’altra trascorrevano mesi e mesi. È il lato comodo dei contenuti e degli aggiornamenti scaricabili: avere a disposizione facilmente una director’s cut estesa, riveduta e corretta in grado di aggiungere parecchia carne al fuoco al videogame preferito che si è portato a termine magari con qualche domanda in sospeso.
Posizionati appena prima della conclusione di Final Fantasy XVI, ma con lo sguardo rivolto alla storia millenaria che fa da sfondo alle vicende del gioco, Echoes of the Fallen e The Rising Tide provano a rispondere agli ultimi misteri irrisolti agli occhi dei cultori più attenti, come la fine dei Decaduti, l’antica e avanzata civiltà che in un’epoca lontana regnava su Valisthea, e sopratutto dove si trovi il Leviatano, il potente eikon perduto la cui presenza aleggia nell’avventura principale accanto alle altre divinità elementali di Final Fantasy senza tuttavia rivelarsi.
In questo contesto The Rising Tide, accompagnato dall’update 1.30 che ottimizza numerose funzioni, dal Photo Mode alla gestione delle abilità, al missaggio della colonna sonora, costituisce il perfetto commiato da un episodio tra i più riusciti, capace di rileggere la tradizione dei Final Fantasy alla luce di una tipologia di produzioni e di sensibilità più contemporanee, un fantasy medioevaleggiante dall’epica cupa che non può non considerare l’apporto di fenomeni come Il trono di spade. Final Fantasy XVI ricerca proprio quella maturità della narrazione esplorata attraverso intrighi, vizi e virtù dell’animo umano, anche se poi al centro del videogame si ritaglia tanto spazio la spettacolarità, con battaglie da lasciare a bocca aperta, a testimonianza dell’avere tra le mani il Final Fantasy finora più action oriented. Echoes of the Fallen e The Rising Tide rincarano persino la dose, recuperando l’idea degli alti livelli di sfida che ruotano attorno ai concetti di Final Dungeon, Boss Rush, Ultima Weapon cari ai veterani della serie. Insomma, il momento migliore per riscoprire e rinnamorarsi della saga.