Generazione bit
Paura, delirio e un po’ di humour
LUCKY TOWER ULTIMATE (Amc Games, per Pc)
Un cavaliere senza macchia e senza paura tutto da ridere è il protagonista di Lucky Tower Ultimate del tedesco Studio Seufz (già dietro il bellissimo The Longing): una commedia roguelike uscita con la formula dell’accesso anticipato dove, come vuole il genere, la morte è spesso in agguato, si procede provando e sbagliando, cercando di non commettere gli stessi errori. Eppure, in questa versione cartoon, piena di umorismo e di gag, non si può fare a meno di ridere, anche nelle circostanze meno favorevoli al nostro eroe, il prode Von Wanst, già visto all’opera in due precedente giochi in Flash della casa di Stoccarda. Lo si incontra letteralmente in boxer (e non proprio in forma), ma cammin facendo capirà come dotarsi di un’armatura più o meno efficace, comunque all’insegna delle trovate esilaranti, in questa versione demenziale di un medioevo grottesco e temibile. Lucky Tower Ultimate è ora pronto a compiere il grande salto su Steam e, in prospettiva, sulle console, immergendo nelle segrete di un castello che si rivela essere il regno dell’assurdo, nonché un concentrato di trappole, marchingegni di tortura, pericoli, oggetti utili se ci si ingegna a immaginarne un’applicazione originale, con il corredo di un colorito cast compagni di strada da cui guardarsi o magari approfittare, con l’incubo che a far crollare ogni speranza possa bastare la classica buccia di banana. Si scivola e… bisogna cominciare daccapo, poiché la fortuna cui allude il titolo ovviamente rientra nello spirito ironico che avvolge l’intero videogame, costringendo Von Wanst in una sorta di loop temporale, per salvarsi da quell’edificio da incubo, che non spegne comunque in lui la voglia di combattere anche a suon di battute e considerazioni capaci di strappare un sorriso, nonostante ciò che capita al maldestro paladino.
SORRY, WE’RE CLOSED (Akupara Games, per Pc)
Fino a che punto sacrificarsi per amore? Come riuscire a non confondere l’amore con l’ossessione? Michelle, a tre anni dalla rottura della relazione con la fidanzata, nel frattempo diventata famosa, soffre ancora e fatica a trovare un senso nelle sue giornate dalla routine divisa tra il lavoro di commessa in un piccolo esercizio commerciale e le poche amicizie coltivate in un’area circoscritta di un quartiere di Londra, popolato di angeli e demoni. Tutto cambia quando la diabolica Duchessa lancia su Michelle una maledizione e la protagonista di Sorry, We’re Closed capisce di avere ben poco tempo per provare a rimettere in sesto la sua esistenza. Survival horror intriso di nostalgia per classici come Resident Evil e Silent Hill, di cui riprende certe dinamiche, il videogame dello studio indipendente à la mode games di Bournemouth chiede di compiere scelte, che si riverberanno sui finali multipli di una storia incentrata sui sentimenti. Palpitano gli stessi cuori delle creature mostruose contro le quali Michelle combatte armata di un’ascia, una pistola e un fucile a pompa, ma pure dell’abilità di spezzare appunto i cuori. La sventura che si è abbattuta su di lei le ha concesso anche un dono, quello del Terzo occhio, grazie al quale si palesa una realtà altra, scendendo nei dungeon infernali di un’oscurità comunque rischiarata da vivaci colori al neon, cifra stilistica dell’aspetto visivo gioco. A connotare Sorry, We’re Closed è però soprattutto la musica, che contribuisce all’atmosfera underground del titolo, dove non a caso uno dei luoghi prediletti da Michelle è il negozio di dischi del sodale Marty. Il senso di comunità è un ulteriore elemento distintivo di un videogame che esplora il valore dei legami tra le persone, ritagliando scampoli di vita da villaggio pure in una metropoli. Pluripremiato, vincitore anche del Best Queer Horror Romance Game, Sorry, We’re Closed non giudica, non condanna, non assolve, non traccia linee nette tra bene e male, giusto e sbagliato. In fondo, sembra dire: Ciò che conta è amare.
THE SPIRIT OF THE SAMURAI (Kwalee, per Pc)
Un’avventura d’azione realizzata in stile stop-motion da una casa spagnola che, prima ancora di essere una software house per lo sviluppo di videogame, è uno studio di animazione 3D dall’esperienza ormai venticinquennale, applicata a film, documentari, simulazioni ingegneristiche, realtà virtuale e ricostruzioni. Digital Mind ha fatto rivivere virtualmente un insediamento preistorico, gli scorci mozzafiato del percorso nel canyon di Almadenes, la Cartagena fenicia, quella romana e quella bombardata nel 1936 durante la guerra civile, fino a Murcia, la loro città, colta nello splendore medievale. Una serie di corti ha al centro un gattino, animale che compare anche in The Spirit of the Samurai, quale adorabile compagno del guerriero Takeshi, nonché uno dei tre protagonisti, sotto la forma del ninja felino Chisai. Gli altri sono Takeshi, un samurai disposto a qualsiasi sacrificio per salvare il suo villaggio, e un simpatico Kodama, spiritello a suo agio tra i rami degli alberi. È intessuto di tanti richiami alla mitologia nipponica questo gioco confezionato come una splendida narrazione per immagini, raccontata nientemeno che dalla volpe magica Kitsune, protettrice del villaggio di Takeshi attaccato da un esercito di non morti e di mostri. Un’orda che ricorda le creature portate al cinema da Ray Harryhausen e risponde agli ordini del terribile antagonista dell’eroe Takeshi, ossia il redivivo oni Shuten-Doji, re dei demoni, secondo le leggende sconfitto proprio da un samurai. L’esito dello scontro tra il bene e il male dipende adesso da noi, procedendo decisi, ma spesso con circospezione, senza per questo rallentare il ritmo di una storia appassionante, che non nasconde il lato brutale della violenza e sa mettersi in ascolto degli altri personaggi travolti dalla furia di tempi oscuri. The Spirit of the Samurai diventa un viaggio nel cuore del Giappone, nel suo folclore, nei paesaggi e nella musica, eseguita con strumenti tradizionali, a immergere ancor di più nelle atmosfere di un mondo intriso di soprannaturale di cui pochi, tra cui Takeshi, si accorgono.
YS MEMORIES: THE OATH IN FELGHANA (Marvelous, per Playstation e Switch)
Ha trovato una nuova vita rimasterizzato per console un classico amatissimo, Ys: The Oath of Felghana, a sua volta profondo remake di Ys III: Wanderers from Ys, terzo capitolo - a 16-bit - della serie di Nihon Falcom con protagonista l’avventuriero Adol Christin affiancato dall’amico Dogi. Per la versione su Playstation e Switch, intitolata Ys Memories: The Oath in Felghana, è stato rifatto il doppiaggio di Adol, l’aspetto visivo e la musica del gioco si sono rinnovati grazie all’alta definizione, per la gioia dei fan di un videogame che ha segnato per vari motivi lo svolgimento di una delle saghe che più hanno contribuito alla fortuna e all’evoluzione degli action rpg giapponesi: il primo - e unico - ad adottare la visuale a scorrimento laterale (alla Zelda II: The Adventure of Link, invece di quella tipica dall’alto verso il basso, ma con Ys: The Oath in Felghana l’anima platformer veniva già sconfessata) e l’ultimo firmato da Masaya Hashimoto e Tomoyoshi Miyazaki, i creatori di Ys, in seguito usciti da Nihon Falcom. Tornato insieme a Dogi nella città natale di quest’ultimo, l’eroe dai capelli di rossi è pronto a lanciarsi nella mischia, girovagando nei dintorni di Redmont a caccia di mostri e rientrando spesso alla base per approvvigionarsi nei forniti negozi del centro. Il ritmo si mantiene veloce, gli incontri si rivelano comunque ricchi di sorprese e risulta impossibile non appassionarsi alle gesta di Adol, con inoltre l’opportunità di passare in qualsiasi momento dalla colonna sonora attuale a quelle di Mieko Ishikawa per Wanderers from Ys o di Masaki Kawai per una successiva versione per computer del gioco o di Yukihiro Jindo per The Oath of Felghana, oppure, volendo, continuare a cullarsi nell’effetto nostalgia recuperando dal passato le originali fattezze dei personaggi. Del resto, con Ys Memories: The Oath in Felghana si respirano appieno le atmosfere dei primi anni Duemila, che hanno consegnato un capolavoro senza tempo, per tanti versi insuperato dalle opere venute dopo. Ciascuna è apprezzabile anche autonomamente, ma si può decidere invece di abbracciare l’arco narrativo nella sequenza cronologica che vede i fatti di Felghana collocarsi tra Ys: Memories of Celceta e Ys VIII: Lacrimosa of Dana, consentendo di capire meglio cosa spinge il prode Adol a combattere in ogni dove le forze del male.
GO HOME ANNIE (Nordcurrent Labs, per Pc)
È tra le foreste di Zumberak in Croazia che i misteri di Go Home Annie prendono vita. Del resto, tra le fonti di ispirazione per l’ambientazione il direttore creativo ha citato un’escursione notturna in una zona rurale, avvolta in una nebbia così fitta da impedire di vedere qualsiasi cosa. Per la storia tanti spunti sono arrivati anche dai fumetti di Dylan Dog, con i quali i ragazzi di Misfit Village, software house con sede a Novska, hanno spiegato di essere cresciuti. Poi c’è la fascinazione per il mondo della fittizia Fondazione Scp che dal 2008 si è sviluppato online quale progetto di scrittura collettiva articolatosi col tempo in racconti, film e videogame. Nella costruzione virtuale lo scopo dell’ente è indagare in assoluta riservatezza su fenomeni paranormali, senza far trapelare all’esterno la loro esistenza e mettendo in sicurezza oggetti ed anomalie. Nel gioco croato la protagonista Annie è immaginata come una dipendente di Scp, ai livelli bassi della scala gerarchica, in una divisione che racchiude le repliche di ciò che l’agenzia è impegnata a sorvegliare. Ufficialmente è una base militare, ma come gli stessi abitanti del luogo sospettano, si tratta di ben altro. Mentre svolge la sua attività in quel remoto complesso, Annie capisce che ci deve essere qualcosa di misterioso in quel dipartimento e cerca di scoprirlo. Tra fatti inspiegabili le si rivelerà però anche un segreto di famiglia. Emblematica la scelta registica di inserire momenti inquadrati direttamente dall’occhio di una telecamera, sulla scia di una consolidata tecnica degli horror videoludici e cinematografici.
NIKODERIKO: THE MAGIC WORLD (Knights Peak, per Pc, Playstation e Xbox)
Un omaggio ai platform dei mitici anni Novanta, dalla serie Donkey Kong Countries a Crash Bandicoot, con due manguste, Niko e Luna, al posto del gorilla e del marsupiale diventati celebri icone. Niko e Luna sono i protagonisti di Nikoderiko: The Magic World dello studio Vea Games, con base a Cipro. Di professione cacciatori di tesori, capitano in un’isola remota, sulle tracce di un misterioso manufatto che, sul più bello, viene però sottratto loro dal cattivo di turno, Grimbald, attorniato dai suoi ceffi. Niko e Luna non si danno per vinti e comincia così la laboriosa impresa di recuperare quell’oggetto unico. Lo stile da cartoon, mentre si alternano sezioni in 2D a scorrimento laterale e altre in 3D dalla visuale in terza persona, ben si adatta a caratterizzare personaggi e paesaggi, eccentrici e umoristici i primi, fantasiosi e vivacemente colorati i secondi. Si attraversano la giungla tropicale tra lo scrosciare di vertiginose cascate. Si scende nel buio di miniere abbandonate e in parte allagate, piene di trabocchetti. Ritornati alla luce del sole, ecco la natura di una vegetazione rigogliosa, nell’intrico di liane e rovi. Sono molteplici i registri affrontati nel disegno degli scenari, che comprendono anche le pendici innevate di un monte popolato di grotte e una foresta incantata, tra pietre maestose e funghi giganti, per arrivare poi alle distese desertiche che hanno preso il posto di un mare prosciugato e vedersela infine con gli infidi marchingegni di un impianto per la produzione del rame. Oltre all’aspetto visivo, concorre all’operazione nostalgia la colonna sonora, firmata dal compositore David Wise, dall’esperienza ultratrentennale come autore delle musiche di numerosi videogame, specialmente per Nintendo e per la serie Donkey Kong. Da soli o in co-op con gli amici, il risultato è un gioco spassoso per tutta la famiglia, con il quale possono divertirsi anche i bambini. È comunque possibile impostare un livello di difficoltà adatto alle esigenze dei veterani.
STARBOUND (Chucklefish, per Xbox e computer)
Esplorare, conoscere, creare. Il mondo delle infinite possibilità che ciascuno può immaginare e forgiare piacevolmente in pixel art con Starbound, il sandbox 2D degli inglesi Chucklefish lanciato su computer nel 2016 e da allora diventato un classico, è approdato sulla console Xbox, rivelandosi a proprio agio nella nuova incarnazione, completa di tutti gli aggiornamenti gratuiti per Pc e con l’aggiunta della funzione auto-aim, la mira automatica da attivare o disattivare a piacimento sul controller, come aiuto nei combattimenti. Questi ultimi sono fondamentali se si sceglie di intraprendere la missione di salvare l’universo dalle forze che hanno distrutto il nostro pianeta, lasciandoci su una nave spaziale alla deriva, punto di avvio per un avventuroso viaggio alla ricerca dei nemici, ma anche di alleati e soprattutto di risposte, proiettate in una prospettiva di sconvolgente immensità. In alternativa ci si può dedicare alla semplice esplorazione di pianeti ricchi di vita e di misteri, in una personalizzazione che inizia con il nostro alter ego digitale, pescato da una delle sette razze disponibili, prosegue con le caratteristiche del mezzo di trasporto e le sue dotazioni, quindi con gli insediamenti da edificare grazie a una variegata tipologia di architetture, per poi perdersi tra biomi dalla vegetazione e dalla fauna uniche, passando dalle gelide distese della tundra alla lussureggiante giungla tropicale. Naturalmente non mancano tesori nascosti da scovare. Non ci sono limiti in questa ricognizione nella quale si possono coinvolgere gli amici, fino a quattro. In Starbound ci si prende cura di ogni aspetto, dal cucchiaio alla città, come pure delle attività che si vogliono svolgere: aprire uno zoo di strane creature dopo averle catturate ed eventualmente addomesticate? Impiantare una miniera profittevole? Coltivare la campagna? Vestire i panni di archeologi sulle tracce di antiche civiltà aliene? Tutto si può realizzare, a conferma, per lo meno nella sfera virtuale, della veridicità del detto The Sky is the Limit, con il suo invito a non porre confini alle proprie aspirazioni.
ENIGMA OF FEAR (Nuuvem, per Pc)
È un segreto ben custodito, ma a San Paolo, la più popolosa città del Brasile, ha la sua principale base operativa l’Ordo Realitas, un’organizzazione dedita a lottare contro l’influenza del paranormale e tenere nascosta l’esistenza di entità extrasensoriali, sempre in procinto di invadere il nostro mondo squarciando il Velo sorto per cercare di tenerle a bada. In questa cornice si collocano gli eventi del survival Enigma of Fear, sviluppato da Dumativa Game Studio in collaborazione con lo streamer Cellbit, alias Rafael Lange, autore dell’universo della serie rpg Paranormal Order, adattamento di Call of Cthulhu, longevo gioco di ruolo ispirato all’opera di H. P. Lovecraft. In particolare la software house di Rio de Janeiro ha guardato alla seconda stagione di Paranormal Order, ossia i sedici episodi di The Secret in the Forest trasmessi su Twitch e recuperabili su YouTube. Protagonista di Enigma of Fear è Mia, investigatrice dell’occulto, che in compagnia del fedele cane Lupi, vuole capire cosa sia successo a suo padre, a capo dell’Ordo Realitas, di cui anche lei è membro. La sparizione del genitore è avvenuta nel Perimeter, un luogo ad alta densità di fenomeni inspiegabili ed è qui che Mia, vincendo le sue paure, con l’aiuto degli amici Samuel Norte e Agatha Volkomenn, dovrà inoltrarsi per identificare i responsabili della scomparsa di ormai troppi esponenti dell’Ordo Realitas e decifrare i veri piani degli Occultisti, riuniti in una setta cementata proprio dalla paura che riesce a incutere, con il piano di celebrare un potente rito distruttivo. Interamente doppiato in portoghese brasiliano (da professionisti che prestano la voce a celebri attori, da Harrison Ford a Denzel Washington), in spagnolo e in inglese, Enigma of Fear accompagna in un orrore ad alta tensione, combinando efficacemente pixel art e scenari 3D.
UNCLE CHOP’S ROCKET SHOP (Kasedo Games, per Pc e console)
Una parodia spassosa che prende di mira i ritmi concitati della vita moderna, ma anche il rapporto tra lavoro, con i suoi meccanismi di sfruttamento, e tempo libero, impiegato magari per attività futili e poco appaganti. Quello di Uncle Chop’s Rocket Shop è però un mondo sopra le righe, esagerato e cartoonesco, che ha per protagonista un meccanico dalla testa di volpe. Lo incontriamo al primo giorno della nuova occupazione e da lì sarà un ingegnarsi continuo, per cercare di aggiustare una serie infinita di macchine e macchinari, in primis astronavi di ogni foggia, su un asteroide dove ne capitano veramente di tutti i colori. Un po’ simulazione, un po’ roguelike, Uncle Chop’s Rocket Shop degli inglesi Beard Envy è un concentrato di umorismo britannico, pieno di trovate surreali. Uncle Chop, il proprietario della piccola impresa, un ologramma gigante caratterizzato da una testa da maiale, è esigente al limite dell’impossibile, vuole gli sia pagato il R.E.N.T, una sorta di affitto (dall’entità in crescendo), così per non perdere la sua occupazione il prode Wilbur, manuale di istruzioni alla mano (detto Grimorio, come i libri di magia e naturalmente, in linea con lo spirito grottesco del gioco, di comprensione non immediata, tra testi, schemi disegnati e avvertimenti inquietanti), deve impegnarsi al massimo, perché il tempo che gli è concesso è sempre troppo poco e il mestiere alquanto pericoloso. Non è detto si capisca subito come agire, l’orologio corre inarrestabile (a meno di non optare per la relativamente più tranquilla modalità Focused Fixing) e una distrazione diventa inevitabilmente fatale, per cui non resta che ricominciare daccapo, forti di quanto appreso sul campo. Le giornate non sono mai uguali, i magri guadagni possono essere usati da Wilbur per migliorare la dotazione dell’officina, gli scambi con i clienti, uno più strano dell’altro, aiutano a immergersi nella storia di questo strano corpo celeste e dei suoi abitanti, finiti ai margini dello spazio.
AMONG ASHES (Rat Cliff Games, per Pc e Ps5)
Siamo ai primi anni Duemila, quelli degli albori dell’Internet per tutti. In una chat di messaggistica un amico segnala un link per scaricare un horror in prima persona, Night Call. In fondo non costa niente, nonostante il fatto che l’autore risulti scomparso nel nulla potrebbe consigliare un po’ di prudenza. Invece la curiosità ha la meglio e per il protagonista di Among the Ashes è l’inizio di un incubo dentro e fuori lo schermo, nell’avvincente esperimento di gioco nel gioco realizzato dagli spagnoli Rat Cliff Games, software house di Lanzarote alle Canarie. Among the Ashes è un tuffo nel passato, che riporta all’era di computer che oggi sembrano lentissimi, di siti dalla grafica spartana, di survival della vecchia scuola, tra enigmi criptici, figure spigolose, movimenti non propriamente fluidi e un doppiaggio amatoriale. Quando ci sono bug che non permettono di proseguire, ci si confronta online con la community per trovare la soluzione. È un salto indietro nel tempo riprodotto con cura. In Night Call due detective, in seguito a una chiamata notturna, arrivano in una magione dell’Inghilterra rurale piena di misteri e di sinistri gridi di terrore, che sembrano riecheggiare direttamente nella nostra stanza, dove si ha pure l’impressione di scorgere il passaggio di strane presenze. È come se i due mondi cominciassero a fondersi con naturalezza l’uno
con l’altro, per cui non è possibile spegnere l’hardware per lasciarsi alle spalle l’incubo e tirare un sospiro di sollievo. I personaggi decidono autonomamente cosa fare e quando apparire, addirittura palesandosi al nostro uscio. Diventa così fondamentale anche capire chi ha creato Night Call e perché, comunque inchiodati all’indagine nella grande casa di campagna intuendo che lì sta perlomeno una chiave per sbloccare l’inquietante trappola.
THE BRIDGE COURSE 2: THE EXTRICATION (PQube, per Pc e console)
Dopo il debutto su Pc, sono approdati anche su console gli incubi di The Bridge Curse 2: The Extrication, sequel di The Bridge Curse Road to Salvation. Gli sviluppatori di Softstar Entertaiment, studio di Taipei, hanno attinto all’immaginario di leggende metropolitane che già avevano ispirato il film The Bridge Curse e il suo seguito, The Bridge Curse 2: Ritual, ma certi elementi rimandano anche agli interrogativi lasciati aperti da celebri casi di cronaca nera, come la morte di Elisa Lam in un hotel di Los Angeles, vista per l’ultima volta nelle sequenze video di una telecamera di sicurezza dell’edificio, mentre cercava disperatamente di chiamare l’ascensore al piano. Al centro del videogame The Bridge Curse 2: The Extrication c’è però un’università di Taiwan che si dice sia infestata dagli spettri di studenti deceduti in tragiche circostanze. Soprattutto c’è un ponte che non bisognerebbe mai attraversare a mezzanotte, per non incorrere nella vendetta del fantasma di una giovane. Alcuni universitari decidono di girare un film sulle leggende fiorite attorno all’ateneo e subito registrano qualcosa di molto strano. Una giornalista decide dunque di recarsi sul posto per saperne di più. Per tutti inizia una discesa nell’orrore, alla ricerca di una via di uscita e di una possibile spiegazione, raccogliendo gli indizi disseminati in articoli pubblicati in passato ed esplorando ogni angolo della labirintica costruzione. Per sopravvivere non resta che provare a nascondersi, pregare, compiere riti propiziatori, con l’unica arma di una torcia la cui luce tiene a bada gli spiriti malvagi, a patto che sia carica, per cui non sempre si può contare sul suo aiuto, percorrendo corridoi immersi nel buio, dove suoni sinistri contribuiscono all’atmosfera di incertezza e di paura di un horror che consente, per come i luoghi e i comportamenti di personaggi sono delineati, di accostarsi a miti, tradizioni e usanze di Taiwan.
TAITO MILESTONES 3 (Inin, per Switch)
Invecchiare ha anche lati positivi. Per esempio, da quando è esplosa la scena del retrogaming, si possono vivere comodamente molti sogni che sembravano impossibili in gioventù. Come recuperare tutte quelle hit che impazzavano nelle sale giochi tra gli anni ‘80 e ‘90, fagocitando fiumi di monetine. È l’effetto nostalgia su cui puntano raccolte quali Taito Milestones, serie dedicata ai classici della leggendaria casa giapponese e giunta al terzo episodio. Taito Milestones 3, uscito come i precedenti su Switch per i tipi Inin, contiene altri dieci titoli restaurati con l’aggiunta di opzioni grafiche e di accessibilità: Bubble Bobble (1986), Cadash (1986), Rainbow Islands (1987), Rastan Saga (1987), Rastan Saga II (1988), Champion Wrestler (1989), Thunder Fox (1990), Warrior Blade (1991), Dead Connection (1992) e Runark (1992). Una bella scorpacciata di cult degli action game che rappresentano un tuffo piuttosto variegato tra le pagine dello stile arcade che ha definito un’epoca. Bubble Bobble è l’ennesima, immancabile riproposizione di una pietra miliare, inserita nella collezione insieme al sequel Rainbow Islands, spesso citati nelle liste dei migliori platform, nonché uno dei grandi successi della compagnia, con i draghetti sputa bolle protagonisti assurti presto a mascotte di Taito. Un altro accento cade sul fantasy eroico, un po’ alla Sword & Sorcery che andava forte in quel periodo, con la trilogia di Rastan Saga (di cui Warrior Blade costituisce il terzo capitolo), pilastro degli hack and slash ispirato a Conan il barbaro, e con Cadash, dalle venature più rpg. Poi è la volta delle chicche, dalle botte del wrestling in pixel art alle sparatorie con i gangster di Dead Connection, alle guerre al terrorismo combattute dai corpi speciali di Thunder Fox, fino alla squadra antibracconaggio di Runark. Comun denominatore gli elementi multiplayer co-op, che permettono di sperimentare il parco videogame della Taito Milestones 3 anche in compagnia, rievocando appieno lo spirito dei vecchi coin-op.
ASFALIA: FEAR (Funtomata, per Pc e Mac)
Un racconto interattivo per aiutare i più piccoli ad affrontare la rabbia, la paura e altri stati emotivi. Dopo Asfalia: Anger, ecco che Funtomata - studio indie di Chaineux, nella regione Vallona del Belgio, nato nel 2020 con l’obiettivo di creare storie che siano contemporaneamente a misura di bambino, ma anche capaci di parlare agli adulti - con il sequel Asfalia: Fear torna nel fantastico mondo di Asfalia per rivolgersi proprio e soprattutto alla fascia di età dai sei ai dieci anni. L’idea è che tramite attività ludiche i figli e i genitori possano trovare un terreno di scambio comune e ulteriori occasioni di dialogo, divertendosi insieme e riflettendo. Completamente doppiato e sottotitolato sia in inglese che in francese, Asfalia: Fear è un classico punta e clicca. Il protagonista è un ragazzino, Charlie, che mentre gioca con i suoi cuccioli Bosco, Lexie, Bandit e Laika viene sconvolto dall’arrivo di una tempesta, che spaventa gli animaletti facendoli scappare verso una foresta. A Charlie non resta che seguirli, ma nell’infuriare degli elementi, immerso nel buio della fitta vegetazione, li perde di vista e presto l’ansia prende il sopravvento. Si ritrova così trasportato nuovamente nella magica terra di Asfalia, metafora nella quale è racchiuso un ampio spettro di sensazioni. Ad accompagnare Charlie stavolta è una fiammella, Lily, che deve essere mantenuta accesa ed è soltanto uno dei tanti incarichi che il ragazzino è chiamato a svolgere. Altri gli vengono conferiti dai personaggi che incontra lungo il suo cammino, in un susseguirsi di ambientazioni disegnate come un fiabesco cartoon che consegna al protagonista semplici, avvincenti lezioni di vita.