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Generazione bit. Con "I confini del destino" parte l’anno della profezia di Destiny 2, il Woodstock dei first person shooter
C’è un genere che va per la maggiore, ma che molti, anche tra gli appassionati, faticano sovente a inquadrare. Forse persino per ragioni culturali o generazionali, i gaas sono uno degli enigmi più affascinanti del digital entertainment contemporaneo. Letteralmente giochi come servizio, legati indissolubilmente alla sfera online e quindi anche destinati, senza se e senza ma, un giorno a scomparire. Tutto il futuro del digitale, per via della natura stessa del medium e del complesso di infrastrutture approntate per la distribuzione dei contenuti e per la gestione delle licenze, rappresenta in realtà una grande incognita. Con i gaas invece non ci sono dubbi. Prima o poi qualcuno staccherà la spina al tal titolo e rimarranno appena i ricordi. Che in effetti costituiscono il fulcro di questo tipo di esperienze, da viversi qui e adesso, una sorta di rito collettivo che ha in Bungie e nella saga di Destiny i campioni della categoria. Destiny 2 è un po’ il Woodstock degli anni Duemila, per chi c’era e per chi no, solo che sta durando ben più dello spazio di un weekend.
Quando, prima del debutto, gli autori parlavano di piani decennali per la saga sembrava impossibile. Eppure, dieci anni più tardi, eccoci ancora qua, di fronte all’ennesima stagione di un racconto fantastico in divenire che si intreccia con le storie vere dei giocatori riuniti in clan che si danno appuntamento nel mondo virtuale del videogame. Dieci anni durante i quali tanto Bungie quanto Destiny hanno vissuto diverse vite, cambiando e reinventandosi. Prima di Destiny, Bungie era lo studio degli Halo, il grande successo dell’era Microsoft su Xbox. Le strade a un certo punto si dividono e inizia la collaborazione con un’altra major, Activision, proprio per il lancio di Destiny nel 2014. Qualche anno insieme e viene il momento di separarsi anche dalla casa di Call of Duty, poco dopo l’evoluzione del progetto in Destiny 2 (2017), sorta di base ex novo più malleabile agli aggiornamenti, e in concomitanza con il passaggio a un modello di free-to-play (2019). Nel 2022 l’acquisizione di Bungie da parte di Sony, decisa ad assicurarsi per Playstation la competenza del peso massimo dei gaas.
Destiny 2 resta comunque un fenomeno multipiattaforma, disponibile per Ps5, Xbox Series e che sta registrando record su Pc, dove questa settimana domina la classica di Steam, spinto dall’uscita della nuova espansione, I Confini del Destino, con cui si apre l’Anno della Profezia, la prossima stagione di contenuti che avrà un altro momento clou in dicembre, con l’arrivo de I Ribelli, l’atteso crossover a tema Star Wars. Si tratta di una completa ripartenza per Bungie e per il videogame, che nel 2024, con La Forma Ultima, ha concluso l’ambizioso arco decennale della saga di Luce e Oscurità e ora guarda avanti, lasciandosi meglio avvicinare anche da coloro i quali non hanno seguito ogni risvolto della vicende, ludiche o no. Come la saga di Luce e Oscurità, anche la saga del Destino, che comincia adesso, prevede uno sviluppo pluriennale e accompagnerà alla scoperta di ambientazioni e personaggi inediti, invitando da subito a esplorare i paesaggi alieni di Kepler, dominato dalla materia oscura, e a incontrare la leggendaria Avanguardia degli stregoni Ikora e il nuovo alleato Lodi, mentre sul sistema solare incombe la minaccia dei Nove, potenti entità ancora più antiche del Viaggiatore, figura iconica dell’universo fantascientifico di Destiny.
Oltre alla trama, più in generale nella stessa ottica sono stati ripensati i vari sistemi di gioco, in modo da offrire divertimento sia ai fan di lunga data che ai nuovi. In particolare, accanto alle selezione rapida per le Operazioni in squadra, Operazioni di punta e Operazioni del Crogiolo di stampo cooperativo, esordiscono le Operazioni in solitaria, missioni più brevi appositamente calibrate per la fruibilità in single player (serve comunque la connessione internet attiva, essendo Destiny un gaas online). È se vogliamo la risposta di Bungie ai crucci dei giocatori vecchio stile che ancora faticano a digerire determinate trasformazioni, ma se ne sentono altresì affascinati. D’altronde c’è poco da fare: al di là della portata dell’esperimento, Destiny 2 sarebbe da provare anche semplicemente per ritrovare intatta la leggendaria raffinatezza del gunplay di Bungie, in una magistrale esecuzione del significato profondo di first-person shooter che non ha eguali nel panorama. Insomma, uno di quei titoli che, nonostante tutto, si stagliano sempre come assoluti riferimenti.