DELITTO DI VICOFERTILE

Il pm: «Ergastolo per Mallardo e 1 anno di isolamento diurno»

Georgia Azzali

La mano sotto il mento, lo sguardo tranquillo. Mai un lampo, un cenno di dissenso o di turbamento. Sembra che gli stiano leggendo la sceneggiatura di un protagonista che non conosce. Impenetrabile, Patrick Mallardo, anche quando il pm Fabrizio Pensa gli sta prospettando l'abisso: ergastolo, con l'aggiunta di 1 anno di isolamento diurno. La richiesta arriva davanti alla Corte d'assise poco prima di mezzogiorno, dopo quasi due ore di requisitoria dai toni pacati ma durissimi. Un ragazzino che - secondo l'accusa - ha massacrato un altro ragazzino della stessa età: 18 anni aveva il suo rivale, Daniele Tanzi, nella notte tra il 4 e il 5 maggio scorso, quando è stato accoltellato per 33 volte nella «fabbrica», la struttura abbandonata di Vicofertile. La stessa età di Patrick. Ma la giovinezza e il fatto che sia incensurato non bastano per poter beneficiare di qualche attenuante, perché «l'intensità del dolo è altissima e ha avuto un comportamento processuale offensivo - sottolinea il pubblico ministero -. Ricorda tutto di quel 4 maggio, ricorda anche il suo arrivo alla “fabbrica”, ha cancellato solo i minuti dell'omicidio. Racconta ciò che gli conviene, ed è lecito, ma di ciò bisogna tenere conto dal punto di vista sanzionatorio».

Perché in aula, durante la scorsa udienza, quando era stato sentito davanti ai giudici, aveva cancellato tutto della sequenza del delitto. Sentito qualche ora dopo l'omicidio dagli inquirenti, seppure senza la presenza di un difensore, aveva invece confessato, ma di quelle ammissioni due settimane fa non è rimasto nulla. Aveva anche detto di aver trovato svegli Daniele e Maria Teresa Dromì, quando era arrivato nella struttura abbandonata, benché la consulenza medico-legale abbia accertato che il ragazzo dormiva quando è cominciata la furia dei colpi.

Le coltellate mentre Daniele era steso su un materasso al piano superiore dell'edificio e Maria Teresa, stessa età, era al suo fianco. E' lei, la ragazza che ha cambiato il colore dei capelli, dal platino al castano, e anche la testimone chiave che non ha cambiato la sua ricostruzione, secondo l'accusa. Ma ci sono anche il dna di Daniele trovato sulla lampada che avrebbe portato Patrick quella sera, il coltello della stessa serie trovata a casa sua e la felpa ripescata nel canale accanto alla struttura. E le intercettazioni dal carcere, soprattutto quando Patrick parlava con la madre del «casino» che aveva fatto. «Non sono emersi elementi diversi e contrari in questo processo, perché non ce ne sono - spiega Pensa -. Nella sua primissima versione la Dromì dice si aver visto un soggetto incappucciato, ma quando Mallardo non è accanto a lei dice subito “andate a prenderlo, è stato lui”».

C'è il movente, secondo l'accusa: la gelosia. Perché dopo una storia di quasi quattro anni, fatta di addii, tradimenti reciproci e riconciliazioni, il 1° maggio Maria Teresa e Patrick erano stati insieme, ma poi lei aveva scelto Daniele. «E Mallardo la contatta più volte», sottolinea Pensa.

Futili motivi, dunque, dietro quel massacro. Che però sarebbe anche stato premeditato. Perché prima di andare da Fognano a Vicofertile in bici, Patrick «prepara lo zaino, mettendo dentro due bottiglie d'acqua, la lampada e il coltello». Ma, secondo il pm, reggono anche tutte le altre accuse nei confronti di Patrick: le lesioni e i maltrattamenti nei confronti di Maria Teresa, oltre che la simulazione di reato (per aver parlato inizialmente di un uomo incappucciato fuggito via), la minaccia a commettere reato (quando chiede alla ragazza di mentire e sostenere la sua versione) e il porto abusivo del coltello.

Ma la difesa di Mallardo contrattacca. All'inizio dell'udienza richiede per la terza volta la perizia psichiatrica per il ragazzo sulla base di una relazione dello psichiatra del carcere «che attesta una patologia compresa nel Manuale diagnostico dei disturbi mentali», spiega l'avvocato Raffaella Santoro. E la Corte ribadisce il suo no mettendo in evidenza come si tratterebbe di problemi sorti in carcere e comunque dopo l'omicidio.

E' la figura di Maria Teresa, però, il focus delle discussioni di Santoro e del collega Francesco Savastano. «Il processo si è basato solo sulle sue dichiarazioni. Ma perché dopo l'omicidio non è fuggita? Mi sono detta: l'avrà fatto per amore. Ma poi torna con Mallardo nella stanza in cui giace Tanzi: e non aveva paura?», sottolinea Raffaella Santoro.

Una ragazzina, eppure con una personalità dominante, tanto che Mallardo era come il suo «cagnolino», aggiunge Santoro. Lei che gli manda messaggi anche quella sera, benché li cancelli subito dopo. E, secondo i difensori, non ci sarebbe alcuna prova dei maltrattamenti di Patrick nei suoi confronti durante la relazione. Non manca poi la stoccata alle indagini: «Non è stato repertato il materasso e quindi nemmeno analizzato per capire in quale posizione si trovasse Tanzi. I reperti inviati a Roma, inoltre, non sono stati sigillati correttamente, con il rischio di contaminazione», spiega Santoro.

Un «dogma» che l'accusa ha sposato, le dichiarazioni di Maria Teresa, secondo la difesa. Così come non reggerebbero tutte le altre imputazioni messe in fila. A cominciare dalla premeditazione, che da sola porta dritto all'ergastolo. «Mallardo passa il pomeriggio con la Dromì e Tanzi al parco Ducale, poi a casa guarda un film e chatta con un'amica fino alle 21: è tutto verificato - sottolinea Savastano - . E poi si organizza per andare a fare la serata. Lui portava sempre quello zainetto con sé, perché amava andare in questi luoghi abbandonati. Pensiamo che abbia premeditato l'omicidio in quei 25-30 minuti in cui è andato da casa sua a Vicofertile? Troppo poco tempo per parlare di premeditazione».

Maria Teresa era lì quella sera. Eppure, per la difesa non ci sarebbe la prova granitica che Mallardo è l'uomo incappucciato. Assoluzione: la richiesta principale. Omicidio senza aggravanti e minimo della pena in subordine. E Patrick resta impassibile. Poi scivola via circondato dagli agenti.