Lo sforzo dell'ufficio immigrazione della questura
«Già registrati e seguiti oltre 450 profughi dall'Ucraina»
Arrivano in via Chiavari da soli o in piccoli gruppi. I più fortunati hanno qualcuno che li accompagna, un amico o un volontario.
E' un modo per sentirsi meno smarriti, certo, ma anche per molti di loro, la sola strada per tradurre nella ostile lingua italiana ciò che portano scritto in faccia: «aiutatemi, ho paura, non so che fare».
Paura e tante domande
Una comprensibile reazione per persone, la quasi totalità sono donne e bambini, scappate in tutta fretta dalla follia e dalle bombe. E che ora, dal mattino alla sera, da due settimane si ritrovano qui, all'ufficio stranieri della questura. Sembra strano: ma l'inizio di una nuova vita, per quanto provvisoria, passa da qui.
Uffici aperti 6 giorni su 7
«E' così, molti sono scappati giusto con il passaporto in tasca e noi forniamo loro uno strumento per vivere nel nostro paese – spiega il commissario capo Chiara Scibetta, dirigente di questo ufficio che da quando è scoppiata l'emergenza non conosce più orari o una parvenza di routine. L'unica regola è fare di più.
«Ormai siamo aperti sei giorni su sette, dal mattino fino al tardo pomeriggio e in servizio ci sono 30 persone», prosegue il commissario aggiornando i dati: «Fino alle 13 di lunedì abbiamo trattato 450 profughi». Basta guardarsi intorno per capire che il numero è destinato a crescere in fretta.
Da qui una nuova vita
«Una volta qui noi li registriamo, annotiamo dove hanno trovato una sistemazione e compiliamo il modulo per l'Ausl. A quel punto, vengono fotosegnalati e i loro dati inseriti nel sistema».
Tradotto dal linguaggio della burocrazia: prima sono fantasmi. Dopo tornano ad essere persone con diritti. Si, perchè ai profughi viene fornito nel giro di poche ore un documento con scadenza ad un mese che verrà poi sostituito dal permesso di protezione umanitaria temporanea. La durata è di un anno: tutti quelli che si incontrano qui sperano di tornare a casa molto prima.
Un passaggio obbligato
«Questo passaggio è fondamentale – aggiunge il questore di Parma, Massimo Macera – perchè in tempo quasi reale la scheda che riguarda le persone che registriamo viene passata alla prefettura e alla Ausl: gli ucraini a questo punto vengono contattati dagli uffici della sanità pubblica per capire il quadro delle vaccinazioni effettuate, per monitorarne la situazione».
Ma anche per provare a fare certezza su chi entra e con chi. Perchè quella tempesta che è la guerra confonde ogni cosa. E della nebbia del dubbio qualcuno potrebbe approfittare.
«Ci sono persone, per esempio, che non hanno il passaporto, che viaggiano con minori che dichiarano essere i loro figli. Ma senza documenti ufficiali, in presenza soprattutto di ragazzi, è necessaria cautela».
Ma anche elasticità, buon senso, comprensione. Chi arriva spesso è stremato e frastornato e tutti si sforzano di offrire oltre ad un servizio anche un sorriso.
Regole anti-Covid
«Proprio quello che stiamo cercando di fare anche noi», aggiungono i volontari dell'Associazione nazionale della polizia di Stato che smistano chi arriva, danno una prima occhiata ai documenti, gestiscono il rispetto delle regole anti-Covid: l'avversario ora è la guerra ma chi fugge ed è debole, si sa, ha tanti nemici-
«Per non obbligare a spostamento i profughi stiamo anche pensando di coinvolgere le caserme decentrate dei carabinieri per svolgere questo lavoro con i profughi che sono sparsi in provincia, come per esempio, quelli che sono a Corniglio», conclude poi il questore. Ma per ora c'è solo questo ufficio, questi sportelli. Questa coda. In alto un foglio con la scritta «Emergenza Ucraina» indica il percorso a loro dedicato. Sotto, facce senza sorrisi. L'emergenza certo c'è. Chissà per quanto dovrà continuare.
Luca Pelagatti