terapia intensiva vuota

Covid, drastico calo dei ricoveri

Monica Tiezzi

Nella giornata, istituita l'anno scorso dal presidente Mattarella, nella quale si ricordano le vittime del Covid (1.795 a Parma e provincia dall'inizio della pandemia), arrivano segnali incoraggianti sull'andamento dei contagi. Uno su tutti, ma dall'alto valore simbolico: nessun malato Covid nella terapia intensiva dell'ospedale Maggiore. Non succedeva da luglio 2021.

Dall'altro lato però, proprio ieri abbiamo sfondato la soglia dei 100 mila contagiati (100.704 per l'esattezza) dall'inizio della pandemia.

Barbieri, numeri dimezzati

Se i nuovi casi faticano ancora a calare (anzi, ieri c'è stata una «fiammata» nella nostra provincia, 444 nuovi contagi, e tre vittime, una donna di 64 anni e due uomini, uno di 86 e uno di 87 anni), diminuiscono nettamente coloro che finiscono in ospedale.

I ricoverati al Maggiore sono scesi ieri sotto la soglia dei 100. Per l'esattezza 95, così distribuiti: 67 al Barbieri (35 in Clinica geriatrica e 32 in Medicina interna di continuità), 5 in Semintensiva, 13 in Clinica pneumologica, 9 in Malattie infettive, 1 in Pediatria. «Un aspetto ancora più importante di quello dei contagi, che misura l'impatto della pandemia sul ricoveri - dice Tiziana Meschi, responsabile del Covid hospital del Barbieri - Solo la settimana scorsa avevamo poco meno di 130 ricoverati al Barbieri, cifra ora dimezzata». Al punto che proprio ieri sera sono stati chiusi nel padiglione altri 30 letti Covid.

Ora il Barbieri ospita contagiati Covid solo nel terzo piano e in parte del primo piano, mentre gli altri due piani sono «sbiancati» (come dicono dalla direzione ospedaliera, ossia liberi dal virus): il secondo piano ospita 76 malati della medicina interna di continuità diretta da Tiziana Meschi e della geriatria diretta da Anna Nardelli, e il piano rialzato 24 pazienti della clinica geriatrica di Marcello Maggio.

Meno malati gravi

Molto contenta del rapido e drastico calo di ricoverati è anche Sandra Rossi, direttrice della Prima anestesia e rianimazione, quella dedicata ai malati Covid in condizioni molto critiche. «Nella seconda metà di febbraio siamo arrivati a 23 pazienti, non mi sembra vero non aver più contagiati oggi (ieri per chi legge, ndr). Speriamo che la tendenza si confermi e che il lieve aumento dei positivi non si traduca in un nuovo aumento dei ricoveri: ci contiamo».

Il ricordo dei «caduti»

A fronte di un bollettino Covid che dà segni di «primavera» (e si spera che con l'arrivo della primavera meteo la tendenza si consolidi), la giornata di ieri ha ricordato anche l'alto tributo di vittime che il Covid ha fatto e continua a fare: 1795 nel nostre territorio, un numero che si porta addosso, dice Rossi, «il dolore dei malati e delle loro famiglie. Uno strazio nello strazio, perché molti ci hanno lasciato senza poter rivedere i propri cari, senza un ultimo reciproco saluto. Noi anestesisti e rianimatori li ricordiamo tutti e ci stringiamo alle loro famiglie. Così come ricordiamo chi invece, dopo periodi a volte lunghi e sofferti, ce l'ha fatta».

Le nuove misure

La memoria di chi è morto è viva anche per Tiziana Meschi, che per questo giudica poco sensibili verso le vittime del virus le nuove misure anti-Covid annunciate proprio in coincidenza di questa ricorrenza.

«Sono abbastanza contraria all'abolizione dell'obbligo di mascherine al chiuso dal primo maggio, soprattutto in considerazione dell'allentamento e dell'abolizione dell'obbligo dei green pass - dice Meschi - Sarebbe stato meglio aspettare il prossimo autunno, dopo aver verificato l'andamento dei contagi in estate. Speriamo che queste misure non mettano a rischio i risultati finora faticosamente raggiunti. Personalmente, continuerò ad indossare la mascherina nei luoghi chiusi: la priorità è la protezione dei fragili».

La lezione da imparare

No quindi ad abbassare la guardia, sì invece a far tesoro della lezione della pandemia: «Indietro non si torna: dobbiamo tutelare la sanità pubblica, che è il fulcro dell'assistenza al cittadino, essere preparati all'imprevisto, a un nuovo modello di assistenza che faccia fronte a situazioni eccezionali andando avanti con il resto, con una maggiore collaborazione fra ospedale e territorio e con la valorizzazione delle cure a domicilio».