Emporio solidale

La spesa per 100 famiglie di profughi ucraini

Antonio Bertoncini

Ucraina chiama, Emporio solidale risponde: sono già 100 le famiglie fuggite dalla guerra che vengono regolarmente a fare la spesa all’Emporio con la tessera a punti: «Di fronte ad un’emergenza umanitaria ci siamo attivati immediatamente – afferma il direttore Daniele D’Alto – garantendo tre mesi di aiuti alimentari. I profughi che arrivano muniti di passaporto e visto della Questura vengono ammessi alla spesa gratuita quindicinale, un’operazione che già oggi risponde ai bisogni di cibo per 400 persone».

All’Emporio vediamo arrivare Alyna, 30 anni, viene da Rivne, una città vicina al confine con la Polonia, quindi non ancora teatro di guerra. La sua è una storia come tante: accanto a sé ha la bambina di 5 anni; il marito non c’è, è rimasto in Ucraina, arruolato nelle truppe di milizia volontaria di sorveglianza: «Qui a Parma – dice – sono ospitata dalla sorella di mio marito, ma non vedo l’ora di tornare a casa, a lavorare nel mio centro estetico».

Serihi e Katarina sono zio e nipote. Sono arrivati il 10 marzo da Kiev, dopo una settimana di viaggio. Sono partiti su un pullman stracolmo, alla fine sono arrivati a Milano dopo aver attraversato Polonia e Austria. A Parma sono ospiti della sorella di Katarina, che vive qui da dieci anni, sposata con un italiano. Serihi è laureato in lingue, ma si dedica al commercio di opere d’arte, Katerina, che ha con sé la sua bambina di 6 anni che andrà presto a scuola, è una pittrice. Anche per loro l’obiettivo è uno solo: il ritorno a casa in un’Ucraina libera.

Stesso sogno per Ashu e Vira: vengono da Odessa, la città del sud che i russi considerano strategica, lui è un insegnante, che arrotonda lavorando al ristorante, lei lavora in un’azienda che produce per Max Mara. La guerra non l’hanno vista con i loro occhi, ma ne hanno sentito un’eco molto vicina: «Il 24 febbraio - racconta Ashu – abbiamo sentito le bombe esplodere a 5 chilometri da casa nostra. Abitiamo al decimo piano, abbiamo tre figli, di cui due bambini di 10 mesi che sono qui con noi. Ce ne siamo andati senza sapere dove, perché dal decimo piano non era facile neppure raggiungere i rifugi. L’altro figlio ha 21 anni ed è rimasto a Odessa per il presidio volontario della città. Siamo scappati in auto attraverso la Moldavia. In 2500 chilometri siamo arrivati qui, ospitati da un amico che ha un appartamento libero». «Scriva che noi non volgiamo diventare russi – è l’appello di Vira – vogliamo tornare in pace nella nostra terra».

«Come potremmo far finta di non vedere e non sentire in una situazione del genere? – si chiede Giacomo Vezzani, presidente dell’Emporio Solidale – abbiamo subito deciso di metterci a disposizione di chi arriva soprattutto per legami familiari o per gesti di solidarietà, ma non ha modo di procacciarsi il necessario per vivere, ed è in attesa che arrivino i 300 euro a persona promessi dallo Stato. Lo facciamo nonostante l’Emporio sia più che saturo. Eroghiamo aiuti alimentari a 1600 famiglie in difficoltà, e l’emergenza ucraina è un intervento aggiuntivo. Serve – è l’appello di Vezzani - una rete territoriale che allarghi il giro della solidarietà. L’Emporio si fa carico di un peso che da solo non può affrontare a lungo per mantenere 400 persone in più».

L’Emporio rivolge dunque un appello alle città, che finora ha sempre risposto con generosità: «Per fortuna – fa notare D’Alto – il sostegno delle aziende non è mai venuto meno, nonostante la pandemia, il caro energia, il caro trasporti e gli effetti della guerra. Noi apriamo la nostra porta, ma la strada per l’autosufficienza è lunga, in futuro avremo meno risorse: solo la generosa solidarietà le può aumentare, e può aiutarci a vincere questa nuova sfida per la città».

Antonio Bertoncini