Il caso
Finisce in tribunale la «faida» di Parola
Lupare non ne sono mai spuntate, e neanche coltelli per fortuna. Ma un bel giorno le lingue, per quanto affilate, non sono più bastate nella tenzone tra due famiglie contrapposte da sempre. Oltre alle voci, si alzarono le mani e finì con un parapiglia seguito dall'intervento dei carabinieri, visite, prognosi e denunce incrociate. Qualcuno l'ha chiamata la «buia di Parola». Faida sarebbe troppo - sangue non è davvero mai scorso -, ma i tempi ci sarebbero tutti. Stavolta, la questione è finita in tribunale, per un episodio del maggio di sette anni fa.
Unite dagli angusti spazi del mondo piccolo della frazione, ma divise da un astio che resiste allo scorrere di stagioni e generazioni, le famiglie non si sopportano. Un'inimicizia che avrebbe le fondamenta profonde come quelle di una casa la cui costruzione era stata affidata a un muratore. A un certo punto, il committente, non soddisfatto, avrebbe incaricato un altro di terminare i lavori. Cambio in corso d'opera, decurtazione del compenso e attriti a non finire.
Non potevano certo essere esenti dalla reciproca antipatia gli animali delle due famiglie, che già per natura non si amano. Furono loro a scatenare l'incidente in questione: era sera, una coppia di ottantenni rientrava dalla passeggiata con il cane. Il caso volle che il gatto degli altri, una coppia sulla quarantina (lei figlia del muratore), fosse per strada. Il cane - forse istigato dal proprietario, forse ispirato dalla solerzia - lo rincorse fino nel cortile dei vicini. E qui, secondo alcuni, fu respinto a pedate dalla proprietaria del felino. Quei calci furono benzina sul fuoco. L'ottantenne ricoprì di contumelie la donna, incassando a sua volta cortesie a raffica.
Uscì il marito della donna. Il suo ingresso in scena è descritto in modo contrapposto dalle due parti. Lui, un pezzo d'uomo, raccontò di aver solo chiesto all'altro di smetterla di insultare la moglie. Aggiunse che l'altro - più anziano e molto meno prestante - cercando di prenderlo alla gola, avrebbe perso l'equilibrio finendo a terra: lui, il 40enne, lo avrebbe solo afferrato per impedirgli di farsi del male cadendo. Ma l'ottantenne si sarebbe rialzato «con un balzo da canguro», sferrandogli una scudisciata al volto con il guinzaglio, tanto da rompergli gli occhiali.
L'anziano ha invece raccontato di essere stato assalito alle spalle e buttato sull'asfalto, ritrovandosi l'altro addosso, con le sue mani al collo e il ginocchio premuto sul torace. La versione sarebbe stata avvallata dal racconto di un vicino intervenuto per dividere i contendenti e dal referto medico che parla di costole fratturate dell'80enne. Come se non bastasse, l'anziano (che in questi anni è defunto) ha raccontato di aver ricevuto calci dalla moglie dell'altro. Anche per lei il pm Lino Vicini ha chiesto una condanna a 4 mesi, come per il marito. Ma il giudice Giuseppe Saponiero ha comminato questa pena solo all'uomo, assolvendo la donna con formula dubitativa, condannando inoltre il marito al pagamento delle spese processuali e di quattromila euro di risarcimento agli eredi dell'anziano. Ma come in ogni faida che si rispetti non finisce qui: già si annuncia il ricorso in appello. Anche se la prescrizione si profila all'orizzonte. Almeno per la legge potrebbe finire lì. Per i reciproci rancori chissà.