SORBOLO

«Quel bacio rubato? È inventato». Fine dell'incubo per un dentista

Roberto Longoni

Violenza sessuale aggravata. Già di per sé l'accusa pesa come una condanna, nonostante si sia innocenti (anzi, all'innocente pesa di più). Basta l'ombra. Un dentista di Sorbolo l'ha sopportata dal gennaio del 2020. «Ho vissuto le pene dell'inferno, in questi 28 mesi» commenta, uscendo dal tribunale con l'avvocato Mario Bonati. Non una parola di rabbia per i presunti responsabili del suo incubo né una di gioia per il verdetto appena ascoltato. «Eccome se sono soddisfatto: è stata fatta giustizia. Ma fatico a rendermene conto» mormora lui. Servirà tempo.

Un bacino sulla guancia, la paziente gli aveva chiesto, dopo che il dentista 60enne aveva invano provato a posare le labbra sulle sue. Era il bacino di Giuda: lei, una ventina d'anni più giovane, voleva tenere il professionista in sospeso, evitando che la lenza si spezzasse. «Ancora non mi sento pronta» aveva aggiunto. E pronta lo sarebbe stata all'appuntamento seguente nello studio odontoiatrico, quando sarebbe scattata la trappola. Con l'invenzione di un bacio sulla bocca e la conseguente denuncia del dentista per violenza sessuale aggravata, per poi costituirsi parte civile e chiedere un risarcimento. Basta un presunto bacio rubato, per farlo.

Che si trattasse di una messinscena da parte della coppia di albanesi che aveva denunciato il 60enne ne ha avuto per prima la certezza Francesca Arienti, pm nel processo davanti al collegio presieduto da Gennaro Mastroberardino. La pubblica accusa, ascoltate le testimonianze e vagliate le prove, ha chiesto l'assoluzione dell'imputato. Le prove erano innanzitutto le registrazioni prodotte dalla parte civile. Due ce n'erano. Era stata la donna a procurarsele, con un paio di cellulari, per riprendere la scena attraverso il buco in una borsetta. La prima registrazione catturò le immagini e i dialoghi dell'incontro culminato con il bacino sulla guancia.

La seconda registrò l'episodio seguente. Si sente la 40enne dire di no al dentista che le chiede il permesso di baciarla. Poi, le si sente esclamare infuriata: «Perché mi hai baciata?» Mentre lui, esterrefatto, nega: «Ma io non ti ho baciato, che cosa dici?» In questa registrazione non ci sono immagini. Facile ipotizzare il motivo: non potevano riprodurre il bacio inventato. Per un attimo, il dentista, chiuse la porta dello studio, per cercare di chiarire la situazione. Quando arrivò la moglie (dalla quale era già separato) la discussione era ancora in corso. Ma c'era poco da chiarire.

Altre prove sono state depositate dalla difesa. Bonati ieri ha prodotto le conversazioni Whattsapp tra medico e paziente. Messaggi a tutte le ore, farciti di cuoricini e baci. «Non ne posso più di mio marito. Vorrei uno come te» scriveva lei tra l'altro, giurando che il consorte era all'oscuro di quei contatti. Il marito, invece, ha ammesso in aula che erano scritti in sua presenza. Pare che i due stiano ancora insieme.

«La sentenza - sottolinea Bonati - riconosce l'insussistenza del fatto e pone fine a un calvario personale che il mio assistito ha ingiustamente subito per effetto di una denuncia del tutto priva di ogni fondamento. Superfluo rammentare la gravità del reato contestato...». In sintonia con lui, la corte ha trasmesso gli atti alla Procura, perché valuti la rilevanza penale della vicenda. Ossia, se ci siano gli estremi per il reato di calunnia. Scottato dall'incubo, intanto, il dentista fa sapere di essersi fornito di una videocamera in studio. Chiesto il permesso ai pazienti, registra ogni seduta. Audio e video.