CALUNNIA
Lo stalker lancia accuse contro l'ex e il padre, ma arriva un'altra condanna: 4 anni e 5 mesi
Si era proclamato camorrista pentito. E ora dice di essere un collaboratore di giustizia. I mille volti di quel 60enne napoletano. Tante autoproclamazioni e nessuna verità, almeno secondo la procura. Ma anche una certezza: una condanna per stalking, nel 2015, ormai diventata definitiva. Durante quel processo, però, non si era fatto scrupoli a puntare il dito contro l'ex compagna parmigiana: lei - umiliata, offesa e picchiata brutalmente - era in realtà una spacciatrice di primo livello, secondo la sua personalissima convinzione. Non solo. Lei e il padre gli avrebbero chiesto 10mila euro per ritirare la querela contro di lui per stalking. Tutto falso: sia il profilo criminale della donna che il tentativo di estorsione che avrebbe subito. Tanto che quelle dichiarazioni, su richiesta del pm, furono allora trasmesse in procura. E, ieri, il giudice Gabriella Orsi è andata oltre la richiesta del pubblico ministero Marirosa Parlangeli, condannandolo a 4 anni e 5 mesi per calunnia.
Collaboratore o no, sicuramente pregiudicato. E spregiudicato. Sette anni fa, quando era finito in carcere dopo aver perseguitato per mesi l'ex fidanzata, aveva scritto lettere di minaccia nei confronti del pm aggiungendo, già allora, che la donna era una tossicodipendente alcolizzata. Quando poi era stato sentito al processo, aveva rincarato la dose dicendo che l'ex compagna se ne andava in giro per mezza Italia a spacciare droga. Pura invenzione, perché il nome della donna, che ha sicuramente alle spalle un passato difficile, non è mai entrato in indagini per spaccio, secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori durante il dibattimento.
Vero è, invece, che, dopo una breve relazione, lei lo aveva lasciato tra marzo e aprile del 2015, e lui aveva cominciato a non darle tregua. Il solito (inquietante) copione dello stalker: messaggi a ogni ora del giorno e della notte, ingiurie, appostamenti, pedinamenti e minacce di morte. Fino a quando, poche settimane dopo, aveva indossato la maschera più truce: l'aveva attesa fuori da un bar e l'aveva massacrata di botte, lasciandola a terra con fratture nasali e alle costole.
Era finito dietro le sbarre, ma anche da lì aveva continuato a screditare l'ex compagna, oltre che ad attaccare i magistrati. La manipolazione era poi continuata anche nell'aula di tribunale.
Falsità servite con determinazione. Ma ancora una volta evaporate. E ora le condanne cominciano a sommarsi.