LETTERA AL DIRETTORE

Non dimentichiamo i «Capannoni»

Silvia Bardella

Gentile direttore,
desidero esprimere in modo forte e sentito un ringraziamento per l’incontro di venerdì in piazzale Picelli. I relatori erano Margherita Becchetti e Paolo Giandebiaggi (tra i curatori della mostra «I Capannoni a Parma») e il giornalista Cesare Pastarini.
Nel cuore dell’Oltretorrente, davanti a strade che oggi non esistono più o che hanno cambiato nome, ho assistito alla presentazione di un volume fotografico, storico, storiografico e di memoria sociale che racconta in modo impattante il divenire della nostra città e di quanto la storia debba essere riscritta dal punto di vista dei più poveri e di chi ha vissuto il sospetto, il sopruso e la ghettizzazione. Mi piacerebbe riportare le parole del moderatore Pastarini, che chiede a pieno diritto di trovare un luogo stabile dove mostrare e raccontare il nostro Novecento e la storia dei Capannoni affinché la rabbia e la vergogna di quelle epurazioni sociali rimangano visibili, con lo scopo di lasciare un senso di speranza e di cambiamento che solo il racconto alle future generazioni può fare.
Oggi più che mai persone private delle proprie origini ci trasmettono un commosso e rabbioso senso di identità violata. Se è vero che è esistita una grave colpa di chi operò in tal senso, è altrettanto vero che abbiamo il dovere di non dimenticare il pregiudizio e la mostruosa capacità di silenziare la memoria dei più fragili. Il dialogo di «Storie di persone e di città – I Capannoni a Parma» vuole essere un’esposizione permanente di un Novecento (che partì da metà Ottocento) che non va dimenticato, ma riscritto in tutte le sue identità.
Venerdì pomeriggio in una piazza Picelli gremita ho assistito a un cambiamento, incontrovertibile, grazie alle capacità di chi ci ricorda che non si devono dimenticare, mai, le nostre origini.